Dalla ‘depressione’ si può uscire con un nuovo progetto di vita, sostenibile

Ipsos, la recessione spaventa più del Covid ma una prospettiva di rinascita c’è già

Cosa serve per il futuro? Gli italiani rispondono “dare più certezza ai lavoratori, distribuire maggiormente la ricchezza, aumentare il livello civico delle persone e investire sull’ambiente”

[21 Dicembre 2020]

La paura della recessione supera per gli italiani quella per il Covid-19? Pare proprio di sì, almeno leggendo i risultati dell’ultimo sondaggio Ipsos “Una società in fibrillazione. Effetti, cambiamenti, dinamiche e futuro”: l’82% degli italiani intervistati ritiene che la qualità della vita è in peggioramento, ma non si parla di salute, bensì di economia. Infatti, il 57% del campione è preoccupato dalla recessione economica, a fronte del 43% che teme invece maggiormente l’emergenza sanitaria. Inoltre, oltre la metà degli intervistati (il 65%) pensa che tra sei mesi la crisi porterà a una grave perdita di posti di lavoro; mentre il 22% prevede che al più “vivacchieremo senza grandi miglioramenti né peggioramenti” e solo l’8% si aspetta una ripresa (il 5% non risponde).

Impera quasi un pessimismo cosmico di leopardiana memoria. Tant’è che la stragrande maggioranza degli italiani non si aspetta nulla di buono nel post pandemia: per l’89% ci saranno meno lavoro e più rabbia sociale; l’87% prevede minori possibilità economiche e il Paese sarà destinato a peggiorare. L’84% degli intervistati ritiene che ci saranno più violenza e meno sicurezza e molti problemi sociali in più, perché le persone si sentiranno meno unite (79%) e prevarrà l’individualismo (78%). Crescerà il fastidio per gli immigrati (75%) mentre ci sarà meno fiducia nei medici e negli scienziati (65%).

Che fare dunque? Se questa è la fotografia realistica – e non stupisce nemmeno più di tanto – del contesto nazionale, la domanda da porsi è dunque come venirne fuori nel modo migliore possibile. E qui ci aiuta la psicologia. L’effetto collaterale peggiore del Covid-19 è, infatti, l’aver cancellato la progettualità. Non i cenoni o i pranzi di Natale – che peraltro alcuni hanno odiato per anni e ora sembra non ne possano invece fare a meno – ma la possibilità di farli o di non farli. Che genera la consapevolezza di non essere affatto padroni del proprio futuro. Molti esperti di medicina e di psicologia sostengono –  non a caso – che “il tramonto della vita abbia inizio con la fine della progettualità, quando per eventi legati a processi biologici, mentali o psicopatologici, il cuore e la mente cessano di formulare possibilità future, di concepire disegni da realizzare e ponti che non toccheranno mai alcuna riva al di là del fiume”. Da qui la depressione. Che si combatte però con un nuovo progetto di vita. Che nel nostro caso, spoileriamo le conclusioni, è un progetto sostenibile, ambientalmente e socialmente, di ridistribuzione di ricchezza, di lavoro e di riduzione degli impatti.

Cosa c’è di meglio di costruire un nuovo progetto di vita, il sole, dopo la tempesta della pandemia? Certo bisogna crederci, ed è qui che bisogna essere bravi, perché tutto il pessimismo nasce dal fatto di non poter tornare al passato recente. Quel passato – neanche un anno fa – che però ci ha portato esattamente dove siamo ora. Sull’orlo del precipizio.

Il momento peraltro appare propizio perché nel mondo, udite udite, cominciano a mettere in dubbio i benefici del trickle-down, il gocciolio degli avanzi dei ricchi che avrebbero dovuto dissetare i poveri, mentre è apparso ancora una volta chiaro che pure nella pandemia i ricchi si sono arricchiti più che mai e per i poveri sono serviti i buoni spesa. Ma, appunto, sul Guardian Robert Reich scrive: “L’alternativa pratica all’economia del trickle down potrebbe essere chiamata economia build-up. Non solo i ricchi dovrebbero pagare per la crisi devastante di oggi, ma dovrebbero anche investire nel benessere del pubblico a lungo termine. I ricchi stessi trarrebbero vantaggio da ciò, come tutti gli altri”.

Attacchiamoci quindi, tornando al sondaggio Ipsos, alle uniche note liete: tra paura e incertezze emergono le necessità di “dare più certezza ai lavoratori, distribuire maggiormente la ricchezza, aumentare il livello civico delle persone e investire sull’ambiente”..E al fatto che, come fanno notare dall’ASviS, “pur nella paura e nell’indeterminatezza del post-pandemia, gli italiani sembrano chiedere al Paese la capacità di progettare il futuro proprio e quello delle generazioni più giovani, se è vero che quasi un terzo degli intervistati (il 27%) individua negli investimenti a favore della tutela ambientale la strada maestra per assicurare all’Italia un futuro migliore”. Insomma, una strada in fondo al tunnel c’è.