La blue economy è vitale per le piccole isole e le popolazioni costiere

Gli ecosistemi marini e costieri sani e resilienti sono fondamentali per lo sviluppo sostenibile

[30 Giugno 2022]

Le popolazioni costiere del mondo contribuiscono in modo significativo all’economia globale – circa 1,5 trilioni di dollari all’anno – con aspettative che puntano a circa 3 trilioni di dollari entro il 2030, cifre enormi che rappresentano i mezzi di sussistenza per circa il 40% della popolazione mondiale che vive sulle coste e o nelle loro vicinanze. Ed è proprio del rafforzamento delle economie oceaniche sostenibili e della gestione degli ecosistemi costieri che si è occupata la seconda giornata dell’United Nation Ocean Conference in corso a Lisbona.

Ne è emerso che «Garantire la salute dell’ecosistema oceanico, sostenere i mezzi di sussistenza e guidare la crescita economica richiede un sostegno mirato per settori chiave, tra cui pesca e acquacoltura, turismo, energia, attività marittime e portuali e estrazione mineraria dei fondali marini, nonché aree innovative come le energie rinnovabili e la biotecnologia marina».

Questo è particolarmente importante per i piccoli Stati insulari in via di sviluppo (small island developing states – SIDS) , per i quali le risorse marine sono fondamentali per la loro sicurezza alimentare, nutrizione, occupazione, valuta estera e attività ricreative. Inoltre, l’Onu fa notare che «Attraverso interventi politici basati sull’evidenza, queste risorse possono anche apportare contributi rafforzati e sostenuti alla crescita economica e alla prosperità dei SIDS e dei Paesi meno sviluppati (least developed countries LDC).

Dopo il suo intervento all’Ocean Conference, l’ex presidente delle Seychelles, Danny Faure, ha spiegato a UN News che «E’ estremamente importante che i piccoli Stati abbiano un posto al tavolo, per garantire che possano proporre le loro aspirazioni e si muovano nella giusta direzion. Il cambiamento climatico continua a colpire il mio Paese e diversi SIDS, invito la comunità internazionale a continuare a sostenere Paesi come le Seychelles. La blue economy è essenziale per il sostentamento della nostra gente e delle nostre nazioni. Vedo che gli investimenti stanno arrivando molto lentamente e credo che sia molto importante che, a livello internazionale, continuiamo a mantenere l’attenzione, in modo da poter costruire partenariati tra la società civile e il settore privato».

Nonostante non esiste una definizione accettata universalmente del termine blue economy, la Banca Mondiale la definisce come «L’uso sostenibile delle risorse oceaniche per la crescita economica, il miglioramento dei mezzi di sussistenza e l’occupazione preservando la salute dell’ecosistema oceanico».

La blue economy dà la priorità a tutti e tre i pilastri della sostenibilità: ambientale, economico e sociale. Quando si parla di sviluppo sostenibile, è importante capire la differenza tra la blue economy e la ocean economy: «Il termine blue economy implica che l’iniziativa sia ambientalmente sostenibile, inclusiva e resiliente al clima», sottolinea l’Onu e fa alcuni esempi: «Oltre a fornire beni e servizi misurabili in termini monetari, le barriere coralline, le mangrovie, le praterie di fanerogame e le zone umide forniscono servizi ecosistemici essenziali come la protezione delle coste e il sequestro del carbonio».

Il piccoli Stati insulari in via di sviluppo controllano il 30% di tutti gli oceani e mari del mondo, ma come possono i SIDS e il settore privato costruire partnership eque e responsabili per un oceano sostenibile? Sollecitando l’attuazione delle promesse fatte con l’adozione delle SIDS Accelerated Modalities of Action (SAMOA Pathway) e i target  dell’Obiettivo di sviluppo sostenibile 14 (SDG14) per la conservazione e l’uso sostenibile degli oceani, gli esperti ha ribadito alla conferenza di Lisbona «L’importanza di sfruttare la collaborazione del settore privato per renderli possibili».

Il Secretary to Government di Tuvalu, Tapugao Falefou, ha detto a UN News che «Il mio Paese non sta solo iniziando a capire cos’è il cambiamento climatico e in che modo ha un impatto sul mondo, ma ha anche compreso fisicamente come abbia un impatto su di noi con una grave erosione costiera, la siccità e l’entroterra inondato dall’acqua di mare, questo non accadeva 20 anni fa. Questi sono gli impatti dei cambiamenti climatici che posso testimoniare, che i Paesi più grandi potrebbero non subire».

Con milioni di persone che in tutto il mondo lavorano nella pesca e nell’allevamento ittico, la maggior parte delle quali nei Paesi in via di sviluppo, gli ecosistemi marini e costieri sani e resilienti sono fondamentali per lo sviluppo sostenibile. L’Onu ricorda che «Altri settori critici per la resilienza dei paesi in via di sviluppo includono il settore del turismo costiero,  che contribuisce fino al 40% o più del prodotto interno lordo (PIL) globale in alcuni SIDS, e il settore della pesca marittima, che fornisce quasi il 20% dell’assunzione media di proteine ​​animali consumate da 3,2 miliardi di persone e oltre il 50% cento dell’assunzione media in alcuni Paesi meno sviluppati».

La direttrice  generale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), Ngozi Okonjo-Iweala ha aggiunto che «Senza il multilateralismo nessuno può risolvere il problema dell’Oceano. I SIDS hanno il potenziale per essere grandi economie oceaniche (…) se lo facciamo in modo sostenibile, possiamo sbloccare prospettive di sviluppo».

L’Ocean Conference si è anche concentrata sull’interconnessione tra l’SDG14 e l’SDG 5 (uguaglianza di genere ed emancipazione di donne e ragazze), e un gruppo di esperti ha chiesto «L’aumento della partecipazione e della leadership delle donne a tutti i livelli».

Le donne sono molto sottorappresentate nel campo delle azioni oceaniche, in particolare nei ruoli decisionali nella scienza oceanica, nel processo decisionale e nella blue economy e il panel di esperti ha chiesto «Maggiore azione e un cambiamento radicale nella società».

Cleopatra Doumbia-Henry, presidente della World Maritime University, ha evidenziato che «Abbiamo l’enorme responsabilità di fare tutto il possibile per garantire la sostenibilità del nostro pianeta e un evento come questo è probabilmente uno dei più importanti in termini di futuro della vita. E’ importante esaminare le condizioni di lavoro delle donne e il gap retributivo nella pesca. Dobbiamo concentrarci su alcune di queste domande e quel di cui sono stanca è il “servizio a parole”, dobbiamo fare modifiche e implementarle per portarle  avanti».

Maria Damanaki, fondatrice di Leading Women for the Ocean, ha concluso: «E’ necessario un piano d’azione concreto, insieme a una legislazione. Dobbiamo vedere le donne come parte della blue economy, dobbiamo vederle ovunque, per rendere più ampia la loro partecipazione, perché senza la loro leadership, l’umanità nel suo insieme perderà molto».