Al via Stati generali della green economy
La crisi climatica è più grave della pandemia, e l’Italia è particolarmente vulnerabile
Oggi viviamo in un Paese più caldo di circa 1,7°C rispetto all’inizio degli anni ’80, contro una media globale di +0,7°C. E gli eventi meteo estremi sono cresciuti del 60% in un anno
[3 Novembre 2020]
Gli Stati generali della green economy, un appuntamento ormai tradizionale che si rinnova nell’ambito della kermesse Ecomondo-Keyenergy – in corso quest’anno in versione digitale, a causa della crisi sanitaria –, hanno sempre rappresentato una boccata d’ossigeno: la concreta possibilità di un futuro prossimo più pulito, verde e sostenibile. Quest’anno però non possono che partire da un dato di fatto: la pandemia non ci ha reso migliori, sta anzi picconando gli scarni risultati finora raggiunti in termini di sviluppo sostenibile a livello globale e anche la green economy nazionale è in sofferenza. Mostrando però una capacità di resilienza che indica la strada per uscire dalla doppia crisi che stiamo attraversando: quella pandemica e, ancor più grave, quella climatica.
Per capirlo basta dare un’occhiata a due numeri: quest’anno per l’Italia si stima una recessione economica intorno al 10% del Pil a causa della pandemia, cui – si spera – seguirà un importante rimbalzo il prossimo anno. Se non metteremo un freno alla crisi climatica, tra 30 anni questa potrebbe costare all’Italia l’8% del Pil. Ogni anno però. E non si tratta solo di scenari futuribili.
«Secondo il rapporto 2020 dell’Ispra “Gli indicatori del clima in Italia”, il 2019 – sottolineano dagli Stati generali – è stato il terzo anno più caldo, a chiudere la decade più calda di sempre. Oggi viviamo in un Paese più caldo di circa 1,7°C rispetto all’inizio degli anni ’80, contro una media globale di +0,7°C. Il trend in Italia è di circa +0,4°C per decade, oltre il doppio di quanto rilevato a scala globale, confermato anche nel 2019».
Un trend che a sua volta si collega con quello degli eventi meteorologici estremi: «Secondo i dati dello European severe weather database, nel 2019 gli eventi estremi connessi ai cambiamenti climatici in Italia sono stati oltre 1.600, in aumento del 60% sull’anno precedente (mentre nello stesso anno le altre grandi economie europee hanno registrato tutte una riduzione) e oltre 10 volte rispetto al 2008 quando furono registrati solo 142 accadimenti».
È evidente che la crisi climatica rappresenti un problema globale, che necessita dunque di risposte globali, ma come possiamo chiedere al mondo di ridurre le emissioni di gas serra se per primi non ci impegniamo ad un livello adeguato?
Quest’anno le emissioni giornaliere di anidride carbonica sono diminuite in media di circa il 17% in tutto il mondo all’inizio di aprile. Man mano che i blocchi anti Covid-19 vengono allentati, tuttavia, è probabile che il calo delle emissioni per l’intero anno sia infine tra il 4 e il 7% rispetto al 2019. Questa riduzione sostanziale delle emissioni di gas serra non ha prodotto un abbattimento delle concentrazioni atmosferiche della CO2 perché le emissioni, nonostante i cali, restano superiori agli assorbimenti (del suolo, delle foreste e degli oceani). Una realtà che vale anche per l’Italia, dove si stima che rispetto ai primi sei mesi dell’anno precedente, le emissioni energetiche di CO2 siano diminuite di oltre 28 milioni di tonnellate: un calo del 17%, solo temporaneo, dopo anni di stasi.
La buona notizia è che le rinnovabili sono state le uniche fonti energetiche che hanno continuato a crescere, con un più 3% nel primo semestre di quest’anno sull’anno precedente. Ma dopo anni di crescita abbastanza sostenuta – l’Italia sei anni fa aveva la quota di Fer più alta tra i principali Paesi europei – tra il 2014 e il 2018 la crescita media annua della quota di rinnovabili sul consumo finale di energia è stata di appena lo 0,2%, il valore più basso tra i grandi Paesi europei con l’eccezione della Polonia, e circa la metà della media Ue27.
E proprio guardando alle emissioni di gas serra lo scenario si fa più chiaro. I dati preliminari elaborati da Ispra indicano per il 2019 una riduzione di oltre il 2% delle emissioni rispetto all’anno precedente: questo trend sembrerebbe essere influenzato da diversi fattori, fra cui la rilevante contrazione del carbone nella generazione elettrica che ha caratterizzato gli ultimi anni. Per il 2018 disponiamo del dato ufficiale oramai consolidato, secondo cui le emissioni di gas serra si sarebbero attestate a 427,5 MtCO2 eq. Si tratta di un valore ancora superiore a quello registrato nel 2014 (sebbene in leggera contrazione rispetto all’anno precedente -0,9%): altro che lotta alla crisi climatica. Occorre fare molto di più, a partire dalle risorse messe a disposizione dall’Europa con il Next Generation EU per la ripresa post-Covid: una ripresa verde, l’unica possibile.