Il crollo dei prezzi petroliferi apre una finestra unica, spiega l’Università di Princeton
La crisi da Covid-19 offre l’occasione per cambiare l’economia con la carbon tax
Resta di grande importanza salvaguardare le fasce più deboli della popolazione, tramite una redistribuzione del gettito o una riduzione delle tasse sul lavoro
[19 Novembre 2020]
Può la crisi mondiale da Covid-19 essere la migliore delle occasioni per introdurre una carbon tax, o altri strumenti di carbon pricing? Spoiler: Sì. La ricerca che lo afferma è dell’Università di Princeton, che pone la questione come modo per affrontare la crisi climatica in corso.
“Quando pensiamo a problemi a lungo termine come la pandemia o il cambiamento climatico, è facile presumere che le soluzioni potrebbero entrare in conflitto poiché richiedono tutte risorse enormi – spiega l’autore principale dello studio Kian Mintz-Woo – Ma ciò che descriviamo in questo articolo è come il contesto della crisi da coronavirus offra effettivamente un’opportunità unica per il rafforzamento reciproco di soluzioni lungimiranti per migliorare la sostenibilità e il benessere man mano che i paesi si riprendono”.
L’idea di imporre nuove tasse sic et simpliciter o di aumentare il prezzo di qualunque cosa, di questi tempi, può generare più di una perplessità. Ma vista l’autorevolezza dello studio, vale la pena ascoltarla: con i mercati che si stanno già riorientando per adeguarsi agli shock della domanda e dell’offerta causati dalla pandemia, l’introduzione di un carbon pricing – ovvero mettere un prezzo sui gas serra, come ad esempio tramite una carbon tax – ora “potrebbe effettivamente contribuire a guidare un’attività economica più verde e spingere le industrie ad abbandonare le pratiche più costose ad alta intensità di combustibili fossili, virando verso la sostenibilità economica e ambientale a lungo termine”.
“Dal momento che l’inquinamento da carbonio aumenta già i costi sanitari e ambientali sostenuti dalla società, costringere coloro che generano i costi a pagarli porterebbe a una produzione e a un consumo più equi”, sottolinea Mintz-Woo. L’idea è tutt’altro che peregrina, anche perché in un momento storico in cui i prezzi petroliferi sono crollati, i margini per rendere meno conveniente l’impiego dei combustibili fossili si sono notevolmente ampliati.
Ma per evitare di trasformare la carbon tax in un peso eccessivo sui bilanci aziendali già provati dalla crisi, o ancor più in un fardello sociale percepito come iniquo e insopportabile dalle fasce di popolazione più colpite – il caso dei gilet gialli insegna – occorre procedere con grande equità. Prevedendo strumenti di carbon pricing a gettito invariato per lo Stato (ad esempio accompagnando la carbon tax con un equivalente sgravio in termini di tasse sul lavoro) e/o mettendo in campo azioni risarcitorie mirate: ad esempio resta di grande interessante la proposta avanzata dal Kyoto club, che prevede una tassazione del carbonio nei settori non Ets secondo la formula dei “carbon dividends” prevedendo una redistribuzione delle entrate verso le fasce sociali meno abbienti: una sorta di “reddito di cittadinanza ambientale”.
Tornando alla ricerca, anche da Princeton ritengono che “nel contesto di bassi prezzi del carburante per un periodo prolungato, come si è visto negli ultimi mesi, una tassa sul carbonio potrebbe aiutare a stabilizzare i prezzi e garantire che le fonti energetiche rinnovabili – i cui prezzi stavano diventando competitivi in termini di costi anche prima del Covid-19 crisi – possano rimanere competitive”.
Gli stessi ricercatori riconoscono “che i governi sono sotto pressione per dare priorità alla ripresa economica dalla crisi del Covid-19, e quindi qualsiasi cambiamento di politica con il potenziale per smorzare un effetto di stimolo potrebbe essere impopolare. Tuttavia, sostengono che i prezzi elevati non siano l’ostacolo principale all’acquisto dei consumatori; la causa del rallentamento economico – sostengono – ha più a che fare con l’attività di mercato limitata durante la pandemia”.
“Prevenire l’impegno per le emissioni future è la chiave – sottolinea Mintz-Woo – Ma ciò non può avvenire a scapito di coloro che potrebbero essere a rischio di perdita di posti di lavoro in questa transizione. I governi dovrebbero utilizzare le entrate sia per ridurre gli effetti regressivi della tassazione sia per riqualificare coloro che provengono da industrie che potrebbero essere influenzate negativamente”.
Le entrate generate da un carbon price – è non a caso anche la proposta dei ricercatori – potrebbero contribuire alla spesa pubblica per gli ammortizzatori sociali, finanziare altre priorità verdi per guidare l’innovazione e nuovi posti di lavoro o essere restituite come crediti ai contribuenti.
“In questo momento, i governi stanno prendendo in considerazione salvataggi per i settori ad alta intensità di carbonio, come l’industria aerea. Anche se in questo momento è davvero difficile per i dipendenti di quel settore – conclude ha detto Mintz-Woo –, i soldi dei governi sarebbero spesi molto meglio in investimenti puliti in ricerca e sviluppo e altre strategie per aiutare le aziende a prepararsi per il futuro. E questo significa prepararsi per le transizioni occupazionali da lavori ad alta intensità di carbonio e verso aree che saranno più vantaggiose per l’ambiente. Il prezzo del carbonio può aiutarci a fare proprio questo”.