La presidente Meloni in prima fila alla Cop28, ma in Italia resta in silenzio sulla crisi climatica

Greenpeace: «Tema assente nelle sue dichiarazioni pubbliche, persino nei mesi in cui le alluvioni in Romagna e le temperature record lo hanno portato tristemente alla ribalta»

[1 Dicembre 2023]

La cerimonia d’apertura della 28esima Conferenza Onu sui cambiamenti climatici (Cop28), in corso a Dubai, ha visto la presidente Giorgia Meloni in prima fila tra gli altri capi di Stato e di Governo.

L’occasione rischia però di tradursi in poco più di una photo opportunity, perché all’interno dei patri confini la premier non parla praticamente mai della crisi climatica, come documenta una nuova analisi realizzata dall’Osservatorio di Pavia per conto di Greenpeace Italia.

Il rapporto ha preso in considerazione, nel periodo tra maggio e agosto 2023, tutte le dichiarazioni sulla crisi climatica e sulla decarbonizzazione di tredici leader politici ed esponenti di governo postate su Facebook, raccolte dai cinque quotidiani nazionali più diffusi (Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire e La Stampa) e dai telegiornali serali delle reti Rai, Mediaset e La7.

L’elenco delle figure politiche comprende: Bonelli, Calenda, Conte, Fratoianni, Giorgetti, Lollobrigida, Magi, Meloni, Pichetto Fratin, Renzi, Salvini, Schlein e Tajani.

Nel quadrimestre oggetto del monitoraggio sono state registrate solamente 2 dichiarazioni da parte di Meloni in materia di clima, entrambe riportate dalla carta stampata, il tema non è stato neanche rilevato nei suoi post su Facebook o nelle sue dichiarazioni riportate dai telegiornali.

«La lotta alla crisi climatica non è certo al centro delle sue attenzioni – sottolinea Federico Spadini, campagna clima di Greenpeace Italia – come conferma l’assenza del tema nelle sue dichiarazioni pubbliche persino nei mesi in cui le alluvioni in Romagna e le temperature record di luglio lo hanno portato tristemente alla ribalta mediatica nazionale. Continuare a ignorare la crisi climatica rischia innanzitutto di ritardare ulteriormente la transizione energetica di cui abbiamo urgente bisogno, e di perpetuare lo status quo profondamente condizionato dagli interessi delle aziende fossili, come Eni, che continuano a fare profitti bruciando gas e petrolio, a discapito del Pianeta».

Soprattutto, oltre a non parlare della crisi climatica, il Governo Meloni sta facendo pochissimo per contrastarne l’avanzata: la Relazione sullo stato della green economy 2023 mostra una performance nazionale in retromarcia, come conferma anche il Rapporto 2023 dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS).

Il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) proposto dal Governo Meloni è stato bocciato all’unanimità da tutte le principali forze ambientaliste del Paese, presenta target di riduzione alle emissioni inferiori a quelli medi richiesti dall’Ue, e gli obiettivi di penetrazione delle energie rinnovabili sono più bassi rispetto a quelli avanzati non solo dagli ambientalisti ma anche da Elettricità futura (Confindustria).

Ad oggi l’Italia si presenta in grande ritardo rispetto a queste deadline: nel periodo 1990-2021 il taglio delle emissioni si è limitato a un -19,9%, quando l’Ue impone di arrivare ad almeno -55% tra soli 7 anni. Lo stesso vale per la penetrazione delle rinnovabili nel mix energetico nazionale: l’obiettivo al 2030 è almeno 42,5% mentre siamo fermi al 19%, eppure anche nei primi nove mesi di quest’anno sono entrati in esercizio solo 3,9 GW di nuovi impianti rinnovabili, quando dovrebbero essere circa +12 GW l’anno.

Il problema, ovviamente, non riguarda solo la presidente Meloni. Come dettagliano Greenpeace e Osservatorio di Pavia, la frequenza delle dichiarazioni sulla crisi climatica dei leader politici italiani è in generale molto bassa: sono infatti appena lo 1,2% sul totale delle dichiarazioni rilasciate ai TG e salgono al 3,8% sul totale dei post pubblicati su Facebook.

«Si registrano comunque differenze tra i leader politici – evidenzia l’associazione ambientalista – con i leader della sinistra come Bonelli, Fratoianni e Schlein che ne parlano più degli altri. Unica eccezione nel fronte di governo, il ministro Pichetto Fratin, i cui discorsi però contengono spesso posizioni definibili come ambigue rispetto alle azioni da intraprendere per contrastare i cambiamenti climatici».