La via maestra della transizione ecologica, per un clima di pace
Ciafani (Legambiente): «Non dobbiamo preoccuparci dei negazionisti climatici ma dei “rallentatori”, i quali trovano ancora più ascolto e sensibilità nell’attuale Governo»
[28 Settembre 2023]
Legambiente è tra i promotori della manifestazione nazionale La via maestra, insieme per la Costituzione che si terrà il 7 ottobre a Roma.
La nostra via maestra è la giusta transizione ecologica ed energetica, da realizzare velocemente e bene, per combattere l’acuirsi della crisi climatica, rendere più indipendente il nostro Paese dalle fonti fossili, innovare il nostro sistema produttivo, aumentare la qualità della vita delle persone.
Non è un libro dei sogni ma il risultato che può essere perseguito e raggiunto ponendosi subito obiettivi ambiziosi, perché i prossimi anni saranno decisivi. Lavorare in tal senso ci aiuta anche a prevenire conflitti armati e dare speranza ai giovani e alle future generazioni.
La strada dell’innovazione è tracciata e sono tante in Italia le proposte e le esperienze di riconversione industriale, capaci di abbattere inquinamento ed emissioni e di avviare filiere produttive innovative per creare lavoro con la circolarità delle risorse materiali e la riconversione del sistema energetico. Rischiano però di rimanere episodi isolati in mancanza di chiare scelte e investimenti industriali che aiutino a governare la transizione, con il concreto rischio di non riuscire a cogliere le opportunità di consolidare, e creare nuove, filiere produttive.
Non dobbiamo preoccuparci dei negazionisti climatici ma dei “rallentatori”, i quali trovano ancora più ascolto e sensibilità nell’attuale Governo. Ritardare la transizione verso un’economia a basse emissioni fa male non solo all’ambiente e al clima ma anche al nostro sistema produttivo.
E fa male anche al mondo del lavoro. La scelta conservatrice non produce nessun posto di lavoro ma solo una costosa e frustrante assistenza, come dimostrano le aree industriali siciliane o il Sulcis. La questione centrale è se fare dell’Italia un paese ad alto sviluppo tecnologico, che vende in tutto il mondo innovazioni di processo e prodotto, oppure condannarla a gestire la coda dell’innovazione e ad usare tecnologia straniera.
È pura strumentalizzazione capovolgere la realtà, come fa il Governo, addebitando alla transizione ecologica la perdita di posti di lavoro e danni ai cittadini meno abbienti, evocando “il bagno di sangue” da un punto di vista sociale.
Sono gli effetti dei cambiamenti climatici che faranno aumentare, oltre ai danni economici e alle vittime, le disuguaglianze non solo tra paesi ma anche all’interno del nostro stesso Paese, a scapito delle fasce più deboli. Lo vediamo già, non solo con gli eventi meteorologici estremi ma anche nella vita quotidiana, a partire dai luoghi di lavoro. Si parla orami di emergenza per chi lavora in fabbrica, in edilizia, in agricoltura a causa dell’aumento della temperatura.
A fronte di queste sfide si vagheggia di progetti velleitari e dispendiosi come il Ponte sullo Stretto e la costruzione di centrali nucleari, bocciate dagli italiani da ben due referendum del 1987 e 2011. Accanto a ciò, si vuole imporre un progetto di Autonomia regionale differenziata con pesanti conseguenze sull’unità del Paese e sui divari territoriali e sociali. Altro che patriottismo.