L’Emilia-Romagna potrebbe presto avere un impianto innovativo per la gestione dell’amianto
Unirecuperi ha avviato la procedura autorizzativa per realizzare a Valsamoggia un impianto sperimentale per l’inertizzazione dei rifiuti contenenti amianto e una discarica annessa
[27 Ottobre 2020]
È a Valsamoggia (BO), in località Rio Vulpazzalungo, che la tecnologia per l’inertizzazione di amianto mediante applicazione di microonde messa a punto dall’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia potrebbe concretizzarsi grazie a un’iniziativa di Unirecuperi. L’azienda, entrata da pochi mesi all’interno della galassia Iren, prima della pausa estiva ha infatti presentato alla Regione Emilia Romagna l’istanza di avvio del procedimento di Via per un innovativo impianto di smaltimento rifiuti non pericolosi e rifiuti contenenti amianto.
La realizzazione del progetto è proposta in una zona lontana dai centri abitati, e prevede la costruzione di un impianto sperimentale per l’inertizzazione dei rifiuti contenenti amianto, con annessa una discarica per smaltire correttamente e in sicurezza le notevoli quantità di amianto ancora presenti anche sul territorio regionale, in edifici pubblici e privati.
Si tratta di un problema che, purtroppo, riguarda ancora oggi tutto il Paese. Nonostante la messa al bando dell’amianto nel 1992, questo materiale è ancora diffusamente presente sul territorio nazionale, dove si stima siano rimaste – dalle case private agli ospedali, dalle scuole ai traghetti – almeno 40 milioni di tonnellate di amianto da bonificare e (dunque) smaltire.
Le bonifiche però di fatto sono al palo, anche perché sul territorio nazionale non ci sono sufficienti impianti per smaltire i conseguenti rifiuti contenenti amianto, che non a caso prendono sovente la via dell’estero: nel solo 2018 l’Italia ha esportato, dietro lauto pagamento, ben 69mila tonnellate di rifiuti contenenti amianto (quasi tutte dirette in Germania).
La carenza di impianti e nella fattispecie discariche per l’amianto (dove il materiale, una volta adeguatamente conferito sotto terra, torna ad essere un minerale pressoché innocuo) rappresenta una criticità messa in evidenza nel corso degli anni dal ministero dell’Ambiente come da Legambiente. Eppure lo stallo è palpabile, perché le discariche di questo tipo vengono troppo spesso avvertite come una minaccia, quando invece il pericolo sta nell’amianto che è già liberamente presente sul territorio.
«La volontà di proporre oggi la realizzazione dell’impianto nasce – sottolineano non a caso da Unirecuperi – dalla necessità sempre più pressante di smaltire in sicurezza i rifiuti contenenti amianto, ancora molto diffusi anche sul territorio regionale, dall’urgenza di bonificare gli oltre 800 edifici pubblici e le oltre 150 strutture industriali censite dalla Regione, cui si aggiungono numerose strutture private».
Ecco dunque perché l’azienda ravvisa «la necessità di costruire questo nuovo presidio ambientale, che è compatibile con il Piano amianto delle Regione Emilia Romagna del 2015 (DGR 771/2015), anche per scongiurare la concreta ipotesi che l’amianto venga smaltito in condizioni di diffusa insicurezza o che la sua gestione finisca nelle mani della criminalità organizzata, con ripercussioni molto gravi per l’ambiente e la salute pubblica».
Con l’avvio dell’iter autorizzativo, saranno naturalmente le autorità preposte – in questo caso la Regione – a decidere sulla bontà del progetto. Da parte sua, Unirecuperi annuncia piena disponibilità al confronto ma la volontà di non piegarsi alla disinformazione che spesso monta in questi casi: «Unirecuperi si confronta e dialoga sul piano tecnico e ambientale con le Pubbliche Amministrazioni coinvolte e con le comunità locali, per discutere della proposta e per valorizzarne le ricadute positive sul sistema regionale di gestione e smaltimento dell’amianto, non sottraendosi al dialogo, ma allo stesso tempo con la ferma intenzione di non prestarsi a polemiche e strumentalizzazioni».