Italia 23esima sui 34 Paesi europei presi in esame. Finlandia prima, Turchia ultima
Lo sviluppo sostenibile in Europa, le emissioni di CO2 importate, gli Sdg e la ripresa post-Covid
Il consumo di beni e servizi nell'Ue produce significative ricadute ambientali e sociali globali che ostacolano il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile
[15 Dicembre 2021]
Il nuovo “Europe Sustainable Development Report 2021” pubblicato da Sustainable Development Solutions Network (SDSN), in collaborazione con SDSN Europe e Institute for a European Environmental Policy (IEEP) analizza per la terza volta i progressi dell’Unione Europea, dei suoi Stati Membri e dgli altri paesi europei exstra-Ue verso il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGSS) approvati dall’Onu nel 2015.
L’SDSN evidenzia che «Il rapporto esce in un momento in cui i casi di Covid-19 stanno di nuovo aumentando rapidamente in Europa e l’emergere di nuove varianti rende incerta la situazione sanitaria e la ripresa economica. Porre fine alla pandemia di Covid-19 è un prerequisito per ripristinare e accelerare i progressi verso il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile in Europa e nel mondo. Come sottolineato nell’SDG 17 (Partnerships per gli Obiettivi), l’Europa dovrebbe continuare a collaborare con le Nazioni Unite, il G20, il G7 e altri partner chiave per accelerare il lancio dei vaccini in tutto il mondo, mobilitare le risorse finanziarie e affrontare la mancanza di spazio fiscale per finanziare le spese di emergenza e i piani di risanamento nei paesi a basso e medio reddito».
Il vice Presidente dell’SDSN Guillaume Lafortune, principale autore del rapporto, sottolinea che «La pandemia di Covid-19 rappresenta una battuta d’arresto per lo sviluppo sostenibile nell’Ue e nel resto del mondo. Tuttavia, forti stabilizzatori automatici e politiche deliberate per proteggere l’economia e le persone hanno contribuito a mitigare gli impatti del Covid-19 sugli SDG nell’Ue rispetto alla maggior parte delle altre regioni del mondo. Porre fine alla pandemia di Covid-19 in tutto il mondo è la priorità numero uno per ripristinare i progressi verso gli SDG nell’Ue e nel mondo. Gli SDG e l’Accordo di Parigi riflettono i valori dell’Europa e dovrebbero rimanere il punto di riferimento per le politiche nazionali dell’Ue e l’azione internazionale».
Infatti, per la prima volta dall’adozione degli SDG nel 2015, il punteggio medio dell’SDG Index dell’Ue non è aumentato nel 2020, ma è leggermente diminuito in media nell’Ue27, soprattutto a causa dell’impatto negativo del Covid-19 sull’aspettativa di vita, la povertà e la disoccupazione. Il rapporto v avverte che «Nonostante le richieste di contenere le ambizioni sugli OSS e le tensioni geopolitiche, gli SDG rimangono l’unico quadro integrato per lo sviluppo economico, sociale e ambientale adottato da tutti gli Stati Membri delle Nazioni Unite.
Le più grandi sfide che affronta l’Europa per rispettare gli SDG riguardano le diete e dell’agricoltura sostenibili, il clima e la biodiversità (SDG 2, 12 e 15) e il rafforzamento della convergenza degli standard di vita nei suoi Paesi e nelle sue regioni. Il rapporto dice che «L’Europa deve inoltre accelerare i progressi su molti obiettivi».
La Finlandia è in testa all’SDG Index 2021 mondiale perché è stata meno colpita dalla pandemia di Covid-19 rispetto alla maggior parte degli altri paesi dell’Ue. Seguono altri due Paesi scandinavi: Svezia e Danimarca. Mentre i Paesi candidati ad entrare nell’Ue hanno perfomance ben al di sotto della media dUe, anche se prima della pandemia stavano facendo progressi.
L’Italia con 68.5 punti è 23esima sui 34 Paesi europei presi in esame, lontanissima dagli 80.8 punti della Finlandia. La classifica europea è chiusa dalla Turchia con 55,7 punti, preceduta da Bulgaria (57,6), Cipro (58,6) e Serbia (59,3). Gli SDG potrebbero fornire un quadro utile per un dialogo e degli scambi costruttivi tra l’Ue e i Paesi candidati nei Balcani Occidentali.
Secondo il copresidente dell’SDSN Europe e coautore del rapporto, Adolf Kloke-Lesch, «In vista del Vertice sugli SDG delle Nazioni Unite nel 2023, l’Ue deve promuovere obiettivi di sviluppo a lungo termine e svolgere un ruolo di leadership a livello internazionale nel ripristinare i progressi verso gli SDG. L’Ue dispone di strumenti legislativi e politici in atto, o in preparazione, per affrontare la maggior parte delle sfide relative agli SDG, ma manca ancora di chiarezza su come intende raggiungere gli SDG. Un approccio integrato agli SDG deve concentrarsi su tre grandi aree: priorità interne (compresa l’attuazione dell’European Green Deal), diplomazia e cooperazione allo sviluppo, e infine ricadute internazionali che possono minare la capacità di altri paesi di raggiungere gli SDG. L’Ue deve guidare il Green Deal multilaterale e la diplomazia SDG, anche con la Cina e l’Africa».
Ma questo ruolo guida internazionali viene offuscato dalle ricadute negative a livello globale dei consumi europei. Il rapporto denuncia che «Il consumo di beni e servizi nell’Ue porta alla deforestazione e ad impatti ambientali all’estero. La tolleranza verso standard di lavoro scadenti nelle catene di approvvigionamento internazionali può danneggiare i poveri, in particolare le donne, in molti Paesi in via di sviluppo. Stimiamo, ad esempio, che ogni anno nel mondo le importazioni di prodotti tessili nell’Ue siano legate a 375 incidenti mortali sul lavoro (e a 21,000 incidenti non mortali)».
Poi ci sono gli effetti climatici: «Attraverso le importazioni, ad esempio di cemento e acciaio, l’Europa genera emissioni di CO2 in altre parti del mondo, tra cui Africa, Asia-Pacifico e America Latina. Mentre le emissioni interne di CO2 sono diminuite da molti anni nell’Ue, le emissioni di CO2 emesse all’estero per soddisfare il consumo dell’Ue (le cosiddette emissioni di CO2 importate) sono aumentate nel 2018 ad un ritmo più rapido del Prodotto Interno Lordo (PIL)».
A differenza di altri, SDNsN e IEEP sono convinti che «La proposta di un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM), di altri meccanismi di adeguamento e di clausole specchio, e il nuovo regolamento sulla Due Diligence possono aiutare ad affrontare e a monitorare le rilocalizzazioni delle emissioni di carbonio e gli altri impatti negativi causati da catene di approvvigionamento non sostenibili». Ma avvertono che «Per evitare la trappola “protezionista”, questi meccanismi dovrebbero essere accompagnati da una maggiore cooperazione tecnica e da un maggiore supporto finanziario per accelerare i progressi verso gli OSS nei paesi produttori, compresi i Paesi in via di sviluppo. L’Ue deve inoltre monitorare sistematicamente tali ricadute a livello dell’Unione, degli Stati membri e dell’industria, e valutare l’impatto delle politiche europee su altri paesi e sui beni comuni globali».
Il Leave No One Behind Index per i Paesi europei monitora le disuguaglianze all’interno dei Paesi in termini di reddito, accesso ai servizi e opportunità e i Paesi che sono in testa all’SDG Index lo sono anche nel Leave No One Behind Index, indicando che «Lo sviluppo sostenibile e la riduzione delle disuguaglianze sono obiettivi che si rafforzano reciprocamente».
Sono necessari ulteriori sforzi per rafforzare la convergenza degli standard di vita nei Paesi europei. L’SDG 9 (Industria, Innovazione e Infrastrutture) è l’obiettivo con il maggiore spread di performance in Europa, con molti Paesi europei che ottengono risultati molto buoni, ma anche molti che hanno risultati molto scarsi. L’MFF, NextGenEU e la Recovery and Resilience Facility sono una notevole forza finanziaria per accelerare la trasformazione dell’Ue nel 2021 – 2027. Ma per il rapporto «Le linee guida fornite agli Stati Membri per preparare i loro piani nazionali di recupero e resilienza non includono alcun riferimento agli SDG. Una sfida importante sarà garantire che l’insieme dei piani nazionali di rilancio si aggiunga a trasformazioni coerenti e ambiziose degli SDG a livello dell’Ue, compresa la trasformazione dei sistemi energetici e alimentari/del territorio».
Facendo proprie le perplessità delle associazioni ambientaliste europee e italiane, l rapporto esprime anche un’altra preoccupazione: «In un contesto in cui gli Stati Membri avranno una maggiore autonomia nel decidere sulle attività ammissibili nell’ambito della nuova Politica Agricola Comune senza avere obiettivi obbligatori e in assenza di chiari criteri di valutazione della performance, c’è un alto rischio che gli sforzi nazionali non siano abbastanza ambiziosi per realizzare congiuntamente gli obiettivi climatici e di biodiversità dell’Ue. Sebbene Farm-to-Fork sia la prima strategia olistica del sistema alimentare, mancano chiari obiettivi quantitativi per monitorare i progressi dal lato della produzione e del consumo».
Il rapporto propone 4 azioni per rafforzare la leadership dell’Ue in vista del vertice SDG Onu del 2023: 1. Pubblicare una dichiarazione politica congiunta emessa dai tre pilastri della governance dell’Ue – Consiglio Europeo, Parlamento Europeo e Commissione Europea – riaffermando il loro forte impegno per l’Agenda 2030 in risposta alla pandemia di Covid 19 e alle sue conseguenze, e l’impegno per un rinnovato slancio verso il raggiungimento degli OSS. 2. Preparare un comunicato rilasciato dalla Commissione europea che chiarisca come l’Ue miri a raggiungere gli SDG, inclusi obiettivi, scadenze e tabelle di marcia. Il comunicato potrebbe essere aggiornato regolarmente. Potrebbe anche mostrare dove le politiche esistenti devono diventare più ambiziose e dove sono necessarie politiche aggiuntive. 3. Istituire un nuovo meccanismo o rinnovare il mandato della Piattaforma Multi-Stakeholder per un impegno strutturato con la società civile e gli scienziati sulle politiche e sul monitoraggio degli SDG. 4. Preparare una Revisione Nazionale Volontaria a livello dell’Ue in vista del Vertice sugli SDG di settembre 2023 alle Nazioni Unite che copra le priorità interne, la diplomazia e le azioni internazionali per ripristinare e proteggere i beni comuni globali e affrontare le ricadute internazionali.