Nonostante la pandemia, nel 2020 l’Italia ha consumato 459 milioni di tonnellate di materia

Il crollo del Pil (-8,9%) e delle emissioni di gas serra (-9,8%) è stato maggiore di quello che ha riguardato i flussi di materia che attraversano la nostra economia (-8%), in crescita da anni

[22 Aprile 2022]

Il rallentamento dell’attività economica causato dalla pandemia ha avuto un effetto contenuto sulle attività estrattive: secondo le stime provvisorie dei flussi di materia, nel 2020 l’estrazione interna di minerali non energetici è diminuita del 5,9% in Italia e ancora meno nell’insieme dell’Ue (-1,5%).

Nell’anno precedente, la rilevazione sull’attività di cave e miniere registra un aumento dei volumi estratti, che raggiungono la proporzione di 287 m3 per km2 (+7,6% sul 2018, che aveva segnato un’inversione di tendenza rispetto alla crescita negativa del periodo 2013-2017).

La Lombardia è la regione con la più alta intensità di estrazione (559 m3 /km2 ), seguita da Umbria (491) e Molise (428), ma valori superiori di oltre un terzo alla media nazionale si rilevano anche in Veneto e Puglia. In linea di massima, l’intensità di estrazione tende a diminuire lungo la direttrice Nord-Sud (dai 398 m3 per km2 del Nord-ovest ai 191 delle Isole), ma l’aumento dei volumi estratti si riscontra in tutte le ripartizioni, tranne il Centro. Altri incrementi consistenti (tra il 20 e il 25% rispetto al 2018) si osservano in Sardegna, Campania e Sicilia, mentre il Friuli-Venezia Giulia è l’unica regione che registra una forte riduzione dei volumi estratti (-26,1%).

L’attività estrattiva ha un rilevante impatto sul paesaggio anche in conseguenza della diffusione dei siti, in larghissima maggioranza cave (3.475, a fronte di 93 miniere). In media si contano, in tutta Italia, 1,2 siti attivi di estrazione (cave e miniere) ogni 100 km2 , ma più di 1,5 in Trentino-Alto Adige, Marche, Puglia e Lombardia, e quasi due in Veneto.

Il Consumo di materiale interno (Cmi) offre una rappresentazione delle pressioni che il sistema ambientale subisce a fronte delle dinamiche socioeconomiche del Paese. In generale, l’uso di risorse materiali caratterizza il modo in cui il metabolismo del sistema socioeconomico si inserisce nei cicli naturali: storicamente, per lo più interrompendoli e squilibrandoli; in prospettiva, auspicabilmente, in maniera sempre più ecologicamente sostenibile.

Nel 2020 sono stati consumati 459 milioni di tonnellate di materia, circa l’8% in meno rispetto all’anno precedente e in controtendenza rispetto alla graduale crescita registrata nel periodo 2017-2019.

Nel 2018 il Cmi è geograficamente distribuito con il massimo nel Nord-ovest (28%) e il minimo nelle Isole (11,4%). A livello regionale si registrano significative differenze legate ai principali indicatori socioeconomici regionali. La Lombardia registra il valore massimo pari a 87 milioni di tonnellate; seguono l’Emilia-Romagna (46 milioni di tonnellate), la Puglia (42 milioni di tonnellate) e il Piemonte (37 milioni di tonnellate). Il Cmi pro capite registra una valore minimo in Campania, pari a 3,8 tonnellate per abitante e massimo in Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, con 13,9 e 14,7 tonnellate pro capite (Figura 12). Considerando il consumo per ettaro, in Valle d’Aosta e Basilicata, le regioni meno densamente popolate si riscontrano i valori minimi (rispettivamente 1,5 e 5,8 tonnellate per ettaro), in Liguria e Lombardia (a più alta densità di popolazione) i valori massimi (23,5 e 36,5 tonnellate per ettaro).

di Istat – rapporto Bes 2021