Rapporto Unctad: prospettive inquietanti per l’economia globale (VIDEO)

La recessione globale indotta dalle politiche. I Paesi in via di sviluppo esposti a crisi a cascata di debito, salute e clima

[4 Ottobre 2022]

Il “Trade and Development Report 2022” pubblicato dall’United Nations conference for trade and development (Unctad) avverte che «Le decisioni di politica monetaria e fiscale nelle economie avanzate rischiano di spingere il mondo verso la recessione globale e la stagnazione prolungata, infliggendo danni peggiori della crisi finanziaria del 2008 e dello shock del Covid-19 nel 2020».

Secondo il rapporto, «I rapidi aumenti dei tassi di interesse e l’inasprimento fiscale nelle economie avanzate, combinati con le crisi a cascata derivanti dalla pandemia di Covid e dalla guerra in Ucraina, hanno già trasformato un rallentamento globale in una recessione, con l’auspicato atterraggio morbido che sembra improbabile. In un decennio di tassi di interesse ultra bassi, le banche centrali sono costantemente state al di sotto degli obiettivi di inflazione e non sono riuscite a generare una crescita economica più sana. Qualsiasi convinzione che saranno in grado di abbassare i prezzi facendo affidamento su tassi di interesse più elevati senza generare una recessione è un azzardo imprudente. In un momento di calo dei salari reali, inasprimento fiscale, turbolenze finanziarie e insufficiente sostegno e coordinamento multilaterali, un’eccessiva stretta monetaria potrebbe inaugurare un periodo di stagnazione e instabilità economica per molti Paesi in via di sviluppo e alcuni sviluppati. Gli aumenti dei tassi di interesse di quest’anno negli Stati Uniti taglieranno circa 360 miliardi di dollari di reddito futuro per i Paesi in via di sviluppo (Cina esclusa) e segnaleranno ancora più problemi per il futuro».

Un quadro fosco ma realistico, ma per la segretaria generale dell’Unctad Rebeca Grynspan  «Abbiamo gli strumenti per calmare l’inflazione e sostenere tutti i gruppi vulnerabili. Questa è una questione di scelte politiche e di volontà politica. Ma l’attuale linea d’azione sta danneggiando i più vulnerabili, specialmente nei Paesi in via di sviluppo, e rischia di far precipitare il mondo in una recessione globale».

Quello che mostra il rapporto è un rallentamento sincronizzato dell’economia globale che interessa tutte le regioni e l’Unctad prevede che nel 2022 l’economia mondiale crescerà del 2,5% ma ancvhe che «Le prospettive stanno peggiorando, con la crescita nel 2023 che dovrebbe decelerare ulteriormente al 2,2%, lasciando il PIL reale ancora al di sotto della sua tendenza pre-pandemia entro la fine del prossimo anno e un deficit cumulativo di più di 17 trilioni di dollari, quasi il 20% del reddito mondiale. Il rallentamento sincronizzato sta colpendo tutte le regioni, ma sta suonando un campanello d’allarme per i Paesi in via di sviluppo, dove il tasso medio di crescita dovrebbe scendere sotto il 3%, un ritmo insufficiente per uno sviluppo sostenibile, comprimendo ulteriormente le finanze pubbliche e private e danneggiando le prospettive occupazionali».

Quest’anno saranno i Paesi a reddito medio in America Latina e i Paesi a basso reddito in Africa a registrare i rallentamenti più marcati. Il rapporto rileva che i Paesi (Zambia, Suriname, Sri Lanka) che mostravano segni di sofferenza del debito prima del Covid stanno subendo alcuni dei colpi più gravi, con gli shock climatici che minacciano ulteriormente la stabilità economica, come in Pakistan.

Il rapporto ricorda che «I flussi netti di capitali verso i Paesi in via di sviluppo sono diventati negativi a causa del deterioramento delle condizioni finanziarie dall’ultimo trimestre del 2021. Al netto, ora i Paesi in via di sviluppo stanno finanziando quelli sviluppati». Quest’anno. circa 90 Paesi in via di sviluppo hanno visto le loro valute indebolirsi rispetto al dollaro e più di un terzo di loro di oltre il 10%; le riserve valutarie stanno diminuendo e gli spread obbligazionari si stanno allargando, con un numero crescente che registra rendimenti superiori al 10%  rispetto ai buoni del tesoro statunitensi. Il risultato è che «Attualmente, 46 Paesi in via di sviluppo sono gravemente esposti a molteplici shock economici e altri 48 gravemente esposti, aumentando la minaccia di una crisi del debito globale».

Il rapporto conclude che «La situazione nei Paesi in via di sviluppo è molto più tenue di quanto riconosciuto dal G20 e da altri forum finanziari internazionali, con i discorsi su una rete di sicurezza finanziaria globale sempre più in contrasto con la loro realtà. I Paesi in via di sviluppo hanno già speso circa 379 miliardi di dollari di riserve per difendere le loro valute quest’anno, quasi il doppio dell’importo dei nuovi diritti speciali di prelievo (DSP) recentemente assegnati loro dal Fondo monetario internazionale, e hanno anche subito un impatto significativo dalla fuga di capitali».

Per questo, l’Unctad chiede «L’aumento dell’aiuto pubblico allo sviluppo (APS), un uso più ampio, più permanente e più equo dei DSP, meccanismi di copertura per affrontare la volatilità dei tassi di cambio e una maggiore leva del capitale multilaterale per sostenere i Paesi in via di sviluppo con programmi sociali globali. Ma inoltre, dovrebbero essere considerati prioritari i progressi su un quadro giuridico multilaterale per la gestione della ristrutturazione del debito, compresi tutti i creditori pubblici e privati».

Il rapporto raccomanda «Un programma di riforme nelle economie in via di sviluppo per stimolare gli investimenti produttivi e limitare lo spostamento di capitali per sfruttare le scappatoie fiscali, insieme a nuove disposizioni per sostenere scambi regionali, investimenti e legami finanziari più stretti».

L’Unctad chiede un’urgente di correzione di rotta: «Rispetto alla crisi finanziaria globale, la ripresa dal Covid-19 è stata più inflazionistica per le economie avanzate che per i Paesi in via di sviluppo, dove i tassi di inflazione sono strutturalmente più elevati. Nei Paesi sviluppati, l’inflazione è stata trainata principalmente dai prezzi delle materie prime, in particolare dell’energia, e dai persistenti colli di bottiglia nelle catene di approvvigionamento, con le sue radici negli investimenti insufficienti dalla crisi finanziaria globale. Le misure di inflazione che escludono l’energia sono notevolmente inferiori all’inflazione dei prezzi al consumo. In molti Paesi in via di sviluppo, l’inflazione è stata in gran parte trainata dai prezzi dell’energia e dal deprezzamento del tasso di cambio, che ha reso le importazioni più costose. Le grandi multinazionali con un notevole potere di mercato sembrano aver approfittato indebitamente del contesto attuale, aumentando i markup per aumentare i profitti. In queste circostanze, tornare agli anni ’70 o ai decenni successivi segnati da politiche di austerità in risposta alle sfide odierne è una scommessa pericolosa».

Richard Kozul-Wright, capo del team incaricato di redigere il rapporto. evidenzia che «Il vero problema che devono affrontare i responsabili politici non è una crisi inflazionistica causata da troppi soldi che inseguono troppo pochi beni, ma una crisi distributiva con troppe imprese che pagano dividendi troppo alti, troppe persone che lottano tra busta paga e l’altra e  troppi governi che sopravvivono tra un pagamento di bond e l’altro».

Con l’inflazione che già inizia ad allentarsi nelle economie avanzate, l’Unctad chiede «Una correzione di rotta a favore di misure politiche mirate direttamente ai picchi dei prezzi nell’energia, nel cibo e in altre aree vitali».

La Black Sea Grain Initiative guidata dall’Onu ha avuto un impatto significativo nell’abbassamento dei prezzi alimentari: l’Indice Fao dei prezzi alimentari è sceso per il quinto mese consecutivo, fino a 138 nell’agosto 2022, raggiungendo il livello più basso in sette mesi, grazie a un ampio calo basato sul costo del cibo. I prezzi dei cereali sono scesi dell’1,4%, trainati da un calo del 5,1% dei prezzi internazionali del grano legato alla ripresa delle esportazioni dai porti del Mar Nero in Ucraina per la prima volta in oltre cinque mesi di interruzione.

Tuttavia, il rapporto sottolinea «La necessità di un maggiore sostegno ai gruppi vulnerabili, compresi i lavoratori a basso salario e le famiglie in difficoltà finanziarie, avvertendo del danno che la stretta monetaria sta causando agli obiettivi economici, sociali e climatici, colpendo più duramente i più poveri». L’Unctad sollecita «Una strategia più pragmatica che dispieghi controlli strategici dei prezzi, tasse straordinarie, misure antitrust e normative più severe sulla speculazione delle materie prime».

E proprio porre alla speculazione sui prezzi delle materie prime è diventata una priorità: «I prezzi delle materie prime sono aumentati per gran parte degli ultimi due anni, con cibo ed energia più costosi che rappresentano sfide significative per le famiglie di tutto il mondo – dice il rapporto –  L’aggiunta di una pressione al rialzo sui prezzi dei fertilizzanti significa che il danno potrebbe essere duraturo. La guerra in Ucraina ha contribuito a questa situazione, ma i mercati delle materie prime sono in uno stato turbolento da un decennio. E’ stata prestata un’attenzione insufficiente al ruolo degli speculatori e alle frenesia delle scommesse innescata dalla loro footprint nei contratti  futures contracts, commodity swaps ed exchange traded funds».

Il  rapporto delinea una migliore regolamentazione – una delle promesse non mantenute dopo la crisi finanziaria globale – e chiede che «Le tasse straordinarie facciano parte del mix di politiche che i governi implementano per frenare i picchi dei prezzi che colpiscono duramente i consumatori nei Paesi in via di sviluppo, spingendo centinaia di milioni di persone verso la povertà estrema, mentre le companies raccolgono profitti record».

Il rapporto si conclude ribadendo che «Le molteplici crisi che l’economia globale sta attualmente affrontando sono collegate da un’agenda politica che ha fallito nelle sue principali promesse di fornire stabilità economica e stimolare gli investimenti produttivi, sia pubblici che privati. Con i segnali di allarme che lampeggiano su una serie di indicatori economici e ambientali, rivendicare il futuro con politiche innovative e ambiziose, volontà politica e sostegno pubblico e privato è un prerequisito per raggiungere obiettivi di sviluppo ambiziosi» e per questo  rapporto delinea «Una strategia di maggiore cooperazione tra i Paesi in via di sviluppo che, insieme alle riforme dell’architettura multilaterale, potrebbe aiutare a spostare l’economia globale nella giusta direzione».

 

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  • UNCTAD’s Trade and Development Report 2022