Perteghella (Ecco): «Non dobbiamo illuderci che la sola diversificazione dei fornitori fossili sia una soluzione vincente sul lungo periodo»
RePowerEu, Legambiente: bene su rinnovabili ed efficienza, no a nuovi investimenti fossili
Ciafani: «Fonti pulite oggi in parte frenate dalla burocrazia, dal no delle amministrazioni locali, dai pareri negativi delle Sovrintendenze, dalle moratorie delle Regioni e dalle proteste dei comitati locali e di alcune associazioni ambientaliste»
[19 Maggio 2022]
Sul pacchetto di misure RePowerEu, presentato ieri dalla Commissione europea per sganciare l’Ue dalla dipendenza dai combustibili fossili russi, Legambiente avanza un giudizio in chiaroscuro.
Per il Cigno verde il piano va in parte nella giusta direzione per superare la dipendenza energetica da Mosca, investendo davvero sulle fonti rinnovabili. In particolare vengono giudicati positivamente gli interventi previsti per le fonti pulite e il loro sviluppo, per l’efficientamento energetico e le comunità energetiche; da bocciare, invece, la previsione di nuovi investimenti, soprattutto per rigassificatori e gasdotti, di cui per l’associazione ambientalista non c’è bisogno.
«Il RePowerEu rappresenta una buona notizia sul fronte delle energie pulite – commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente –, dato che contiene misure e interventi che potranno portare benefici all’ambiente, all’economia ma anche a quelle imprese e cittadini che scelgono e sceglieranno di investire su queste fonti. Ben venga, infatti, l’innalzamento dei target delle rinnovabili al 2030, dal 40 al 45%, la proposta di revisione della direttiva per semplificare il processo autorizzativo e quella di installare pannelli solari per tutti gli edifici insieme ad una maggiore diffusione delle comunità energetiche. Bene anche le misure previste per l’efficientamento energetico con l’obiettivo al 2030 che passa dal 9 al 13%. In questa partita è importante che ogni Paese dia il suo contributo con misure concrete», a partire dall’Italia dove il think tank Ecco stima che dovremo installare almeno 10 GW di nuovi impianti rinnovabili l’anno, per rispettare la rotta indicata dal RePowerEu.
«Per superare l’attuale crisi energetica e il ricatto del gas russo in corso serve un cambio di passo decisivo che porti alla messa al bando delle fonti fossili e al completo sblocco delle rinnovabili e degli impianti da fonti pulite, oggi in parte frenate dalla burocrazia, dal no delle amministrazioni locali, dai pareri negativi delle Sovrintendenze, dalle moratorie delle Regioni e dalle proteste dei comitati locali e di alcune associazioni ambientaliste», sottolinea Ciafani.
Come evidenziano anche da Ecco, infatti, se l’aumento delle forniture gas attraverso lo sfruttamento delle infrastrutture esistenti e la riorganizzazione dei flussi commerciali è necessario nel breve periodo, la criticità principale dei pacchetti è legata al supporto di nuove infrastrutture, come rigassificatori e gasdotti, nuova produzione e nuovi contratti di lungo periodo. Questi, infatti, risultano incompatibili con l’obiettivo di 1,5°C e rischiano di diventare rapidamente obsoleti e permanentemente costosi man mano che l’Europa avanza nella decarbonizzazione.
«Nuove infrastrutture gas, legate a profitti regolati e garanzie pubbliche, con lunghi periodi di ammortamento contrastano con il rapido calo della domanda gas, stimata in meno 40% al 2030 rispetto al 2021 – argomenta Luca Bergamaschi, co-fondatore e direttore esecutivo di Ecco – Così, insieme a contratti di lungo periodo fortemente esposti al rischio di prezzi elevati, rimarranno a carico di cittadini e imprese ben oltre i tempi della crisi, imprigionando l’Italia in una costosa dipendenza da fonti fossili e non facendo nulla per abbassare l’altissimo costo del gas in modo strutturale. Tutte le scelte gas devono essere attentamente valutate rispetto al loro impatto sui costi, alla compatibilità con l’obiettivo climatico dell’1,5°C e messe a confronto diretto con le alternative pulite disponibili da subito e meno costose».
Anche le valutazioni di tipo geopolitico non incoraggiano scelte di questo tipo, rischiando di replicare l’errore compiuto con la Russia.
Per questo secondo Annalisa Perteghella, senior policy advisor di Ecco, «non dobbiamo illuderci che la sola diversificazione dei fornitori sia una soluzione vincente sul lungo periodo. Considerando che la maggior parte dei paesi esportatori è collocata in regioni dalla stabilità solo apparente, come il Mediterraneo o l’Africa subsahariana, non sono da escludere nuovi rischi di interruzione delle forniture in futuro. Prendiamo il caso dell’Algeria, che in seguito ai nuovi accordi diventerà la nostra principale fonte di approvvigionamento gas. Siamo pronti a legarci a lungo termine a questo paese dalle diverse fragilità economiche, sociali e politiche che ribollono sotto l’apparente stabilità della longevità della sua classe politica? Soprattutto, siamo pronti ad allineare la nostra politica estera alle richieste dello stato algerino, come è stata chiamata a fare la Spagna, sotto il ricatto dell’interruzione delle forniture?».
Anche per questo il gas, insieme al nucleare, dovrebbero essere esclusi dalla tassonomia verde che la Commissione europea sta per finalizzare.
«Dall’Europa ci aspettiamo un passo indietro sulla proposta di tassonomia verde che prevede l’inserimento di nucleare e gas come investimenti sostenibili equiparandoli alle energie rinnovabili. Si tratta di una scelta insensata e non giusta, che allontana dalla giusta transizione ecologica verso le fonti rinnovabili», spiega il responsabile ufficio europeo di Legambiente, Mauro Albrizio.
Per questo sabato 21 maggio Legambiente insieme ad oltre 20 associazioni, comitati e movimenti ecologisti sarà in piazza a Roma e Milano, alle ore 17.00, per partecipare alla mobilitazione europea contro la proposta di tassonomia verde. #NotMyTaxonomy.