Rinnovabili, i comitati sardi confermano la richiesta di moratoria

«È necessaria soprattutto in un'ottica di snellimento dei tempi della transizione energetica, che a nostro avviso si possono dimezzare»

[12 Ottobre 2023]

In risposta alla posizione espressa da Marco Grimaldi, responsabile della Transizione ecologica nella segreteria nazionale di Sinistra italiana, il Coordinamento dei comitati sardi contro la speculazione energetica ha inviato una lunga lettera (integralmente disponibile in allegato, ndr) in cui confermano la richiesta di moratoria ai nuovi impianti necessari per mettere a frutto le fonti rinnovabili presenti sull’isola.

«Al 30 giugno 2023 le richieste di connessione alla rete elettrica sarda per la realizzazione di nuovi impianti, hanno raggiunto il numero di 718 per una potenza complessiva pari 56,08 GW – afferma Marco Pau per il coordinamento – Non si sta parlando di transizione energetica-ecologica, ma di una vera e propria speculazione energetica».

Uno stato dell’arte che non è però affatto peculiare della sola Sardegna: in tutta Italia le richieste avanzate in tutta Italia a Terna superano quota 340 GW. È evidente che non tutte queste proposte impiantistiche potranno essere realizzate – per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 serviranno almeno 85 GW –, com’è altrettanto evidente che in realtà pochissimi investimenti vengono messi a terra: da inizio anno in tutto il Paese sono entrati in esercizio 3,4 GW di nuovi impianti rinnovabili, quando dovrebbero essere almeno 12 l’anno per centrare gli obiettivi di decarbonizzazione.

Quanti di questi in Sardegna? L’isola è particolarmente ricca di fonti rinnovabili come sole e vento, e gli impianti si fanno dove le fonti sono disponibili. Per questo la bozza di decreto sulle Aree idonee – pur con tutte le sue enormi criticità – indica per l’isola la necessità di installare almeno 6,2 GW di nuovi impianti al 2030.

Avanzando al ritmo attuale gli obiettivi di decarbonizzazione non verranno raggiunti, eppure per il coordinamento «la richiesta di una moratoria», che bloccherebbe la realizzazione di nuovi impianti, è «necessaria […] soprattutto in un’ottica di snellimento dei tempi della transizione energetica, che a nostro avviso si possono dimezzare».

Per il coordinamento dei comitati «la transizione ecologica ed energetica rappresenta una preziosa e unica occasione per giungere alla democratizzazione della produzione e distribuzione elettrica», eppure chiede la «sospensione di tutte le autorizzazioni in corso affinché si possa mettere a punto un piano energetico e ambientale con la cura e l’attenzione necessaria. Le emissioni – afferma il coordinamento – si contrastano in primo luogo con l’incremento dell’efficienza energetica, del risparmio energetico incentivando l’autoproduzione e l’autoconsumo (prosumers)».

Efficienza, risparmio e autoproduzione – come nel caso delle Comunità energetiche rinnovabili – sono necessariamente dei capisaldi della transizione energetica, ma non si può negare lo stesso ruolo anche ai grandi impianti cosiddetti utility scale.

Nello scenario Fit for 55 elaborato da Terna e Snam, più del 70% della capacità (75 GW) è rappresentato dal solare, di cui 53 GW sono da ricondursi ad impianti di tipo utility scale (prevalentemente al sud e nelle isole) e 21,5 GW derivano da impianti fotovoltaici distribuiti (ovvero di piccola taglia, concentrati al nord).

Anche Elettricità futura, ovvero l’associazione confindustriale che rappresenta il 70% del mercato elettrico nazionale, ha ribadito solo pochi giorni fa che per installare 12 GW all’anno «portando al 2030 le rinnovabili a oltre l’80% del mix elettrico, non basta la generazione distribuita e i piccoli impianti, servono anche i grandi impianti per minimizzare i costi generali del sistema (cioè, affinché il costo dell’energia possa calare) e garantire la sicurezza del sistema. Quindi, non solo dobbiamo raddoppiare il ritmo delle installazioni, ma dobbiamo anche essere in grado di permettere – e accelerare – la diffusione dei grandi impianti».

Tutto questo riconoscendo, al contempo, che è «necessario razionalizzare le richieste di connessione alla rete di trasmissione definendo soluzioni per eliminare le richieste non realizzabili e criteri maggiormente selettivi per le nuove richieste».

 

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