Al 2030 servono +85 GW e accumuli per +80 GWh

Rinnovabili, per raggiungere gli obiettivi Ue l’Italia deve decuplicare il ritmo delle installazioni

Elettricità futura stima «470.000 nuovi posti di lavoro nella filiera e nell’indotto elettrico nel 2030, che si aggiungeranno ai circa 120.000 di oggi»

[22 Giugno 2022]

Mentre il Piano nazionale clima ed energia (Pniec) inviato dall’Italia all’Ue resta ancora quello di un’era geologica fa – ancora non c’erano la peggiore siccità degli ultimi 70 anni, la guerra in Ucraina e neanche la pandemia –, l’Europa ha presentato il piano RePowerEu per accelerare la dipartita dei combustibili fossili: entro il 2030 il 45% di tutta la nostra energia dovrà arrivare dalle rinnovabili, il che significa installare moltissimi nuovi impianti sul territorio dato che oggi siamo attorno al 20%.

Dove? A che ritmo? Con quali tecnologie? In mancanza di una vera politica industriale, le imprese del comparto elettrico – riunite nell’associazione confindustriale Elettricità futura – hanno presentato ieri in assemblea pubblica una roadmap al 2030, cui ha presenziato anche il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani.

«Per il settore elettrico italiano, il RePowerEu si traduce nell’obiettivo +85 GW di rinnovabili al 2030, che ci permetterà di raggiungere l’84% di elettricità rinnovabile nel mix elettrico», spiega il presidente di Elettricità futura, Agostino Re Rebaudengo.

Questo significa installare circa 10 GW di nuovi impianti all’anno, come già anticipato dal think tank Ecco. Un’ambizione del tutto concretizzabile, con le imprese di Elettricità futura che assicurano da tempo la loro capacità di realizzare fino a 20 GW all’anno, se le autorizzazioni pubbliche riuscissero a reggere il ritmo (oggi marciano a circa 1 GW l’anno). Ma per “limitarsi” a raggiungere gli obiettivi europei non è necessario tenere questo ritmo, ma occorre comunque decuplicare l’andamento attuale.

In quest’ottica, la roadmap delineata da Elettricità futura prevede di installare almeno 5 GW di rinnovabili nell’anno in corso (ma nei primi 4 mesi dell’anno il computo si ferma a +0,64 GW), +6 nel 2023, +8 nel 2024, +10 nel 2025 e nel 2026, poi a salire tra i +11 e i +12 GW l’anno fino al 2030. Al contempo, a partire dal 2024 – fino ad allora basterebbero le disponibilità attuali – dovrà crescere anche la potenza di accumulo: +3 GWh nel 2024, +9 nel 2025, +12 nel 2026 e poi +14 ogni anno fino al 2030.

Un progresso che porterà non solo a un deciso miglioramento delle performance ambientali del Paese (-55% emissioni di CO2eq complessive al 2030 rispetto al 1990), ma anche di quelle socioeconomiche: «Per l’Italia, l’accelerazione delle rinnovabili coerente con il RePowerEu comporta benefici davvero importanti per l’economia, la società e l’ambiente – argomenta il presidente dei Elettricità futura – 309 miliardi di euro di investimenti cumulati al 2030 del settore elettrico e della sua filiera industriale, 345 miliardi di benefici economici cumulati al 2030 in termini di valore aggiunto per filiera e indotto, e crescita dei consumi nazionali, 470.000 nuovi posti di lavoro nella filiera e nell’indotto elettrico nel 2030 (che si aggiungeranno ai circa 120.000 di oggi) e una riduzione del 75% delle emissioni di CO2 del settore elettrico nel 2030 rispetto al 1990».

Contestualmente ci sarà una maggiore elettrificazione dei consumi (derivante anche dall’incremento di pompe di calore e auto elettriche) con un fabbisogno complessivo di energia elettrica fino a 360 TWh nel 2030. Per raggiungere questo traguardo, al contempo l’Italia dovrà installare circa 80 GWh di nuova capacità di accumulo al 2030 per integrare efficientemente gli 85 GW di nuova potenza rinnovabile nel sistema elettrico.

«Più acceleriamo sulle rinnovabili, più saremo liberi di ridurre l’utilizzo dei combustibili fossili – osserva nel merito il ministro Cingolani – Si tratta di un’equazione: la decarbonizzazione deve procedere secondo i programmi europei e bisogna tenere in piedi anche la filiera industriale del Paese. La transizione deve essere giusta, non si può fare una transizione a spese dei lavoratori. Queste due necessità devono andare di pari passo: è il momento della coesione tecnica per trovare le roadmap più sostenibili».

Sotto questo profilo anche il ruolo delle Regioni è di fondamentale importanza per accelerare la transizione alle rinnovabili e permettere al Paese di raggiungere l’obiettivo rinnovabili. Ma anche qui c’è molto da migliorare, e alla svelta, altrimenti il lunghissimo iter del permitting per i nuovi impianti – unito alle sindromi Nimby&Nimto che trovano terreno fertile nell’incertezza della politica – ci escluderà di fatto dalla corsa europea alla transizione ecologica.