Riuso acque reflue in agricoltura, opportunità da non perdere per proteggere la risorsa più preziosa
L’Europa ha elaborato un quadro di regole uniformi che permette di conferire credibilità e sicurezza ai progetti di riutilizzo
[3 Settembre 2020]
Il dibattito sul riuso delle acque reflue trattate non è nuovo, ma forse non tutti sanno che l’Ue ha un regolamento sulle prescrizioni minime per le acque da riuso irriguo agricolo che è stato adottato dal Parlamento e dal Consiglio europeo, e che troverà applicazione a decorrere dal 26 giugno 2023. Domai, dal punto di vista progettuale.
L’uso della acque reflue trattate, quindi depurate, per l’agricoltura è “una risposta efficace allo stress idrico a cui il Paese è esposto”. E ad intervenire sul tema stavolta è il Laboratorio servizi pubblici locali di Ref Ricerche con uno studio intitolato, non a caso, “Riuso delle acque depurate in agricoltura: una scelta indifferibile”.
Va detto subito che il potenziale effettivo di riutilizzo delle acque reflue – come spiegano gli autori della ricerca – dipende “dalla dotazione e dallo stato impiantistico depurativo (presenza, tipologia di trattamento e capacità degli impianti), dalla necessità di ulteriori trattamenti propedeutici al riutilizzo in relazione al fabbisogno delle colture irrigate, dai fabbisogni idrici industriali e agricoli nelle vicinanze degli impianti di depurazione e dalla presenza di adeguate reti di distribuzione, consorzi irrigui e distretti industriali con cui stipulare accordi per il conferimento delle acque”.
Oltre alla questione ambientale, c’è quindi quella economico. Viene spiegato infatti che “non indifferente risulta il tema dei costi medi per il riutilizzo rispetto a quelli di emungimento della risorsa, la ripartizione dei costi tra i soggetti coinvolti nei progetti di riutilizzo, la possibile necessità di prevedere incentivi a livello nazionale e l’accesso a risorse finanziarie comunitarie per sviluppare i progetti di riutilizzo”. Per questo, ai fini di stimare “l’effettivo potenziale del riutilizzo servirebbe quindi una base dati di partenza aggiornata e completa e valutazioni specifiche regione per regione”. Ad oggi però due esempi li abbiamo, e riguardano la regione Sardegna e Sicilia, “identificando un potenziale di copertura dei fabbisogni irrigui e industriali del 31% nel primo caso e del 19% nel secondo”. Risultati nel complesso piuttosto interessanti.
Ma dal punto di vista ambientale? La suddetta nuova disciplina Ue “è stata introdotta per rimuovere alcuni ostacoli ad un riuso diffuso, garantendo la sicurezza delle acque trattate, un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana e animale. In quest’ambito il riutilizzo delle acque reflue affinate è stato riconosciuto come soluzione promettente, con un impatto ambientale spesso inferiore a quello di misure alternative di approvvigionamento idrico, quali i trasferimenti d’acqua o la dissalazione”.
Secondo il Ref, quindi, “la crescente pressione antropica e le conseguenze dei cambiamenti climatici stanno incidendo in misura significativa sulla disponibilità di riserve di acqua dolce. Gli indici di pressione sulla risorsa idrica restituiscono un quadro di moderato stress in tutti i Paesi dell’area mediterranea. Tra le priorità dei prossimi anni vi è dunque quella di soluzioni in grado di ridurre la vulnerabilità e aumentare la resilienza dei sistemi di approvvigionamento. Il riuso delle acque reflue opportunamente trattate può essere una risposta a queste questioni”.
A parere dei ricercatori, si tratta di “una fonte di approvvigionamento non semplicemente alternativa, ma integrativa, coerente con i principi dell’economia circolare applicati alla gestione delle risorse idriche”. Inoltre “permette di ridurre la pressione dei prelievi sulla risorsa superficiale e sotterranea, consente di disporre di quantitativi d’acqua meno legati alle variazioni climatiche garantendo una fornitura più continuativa, contribuisce a mitigare i conflitti tra i diversi usi, e ad attenuare effetti avversi dell’inquinamento dei corpi idrici e dei suoli”.
Per il Ref i benefici si distribuiscono “su fronti ambientali, sociali ed economici e maturano non solo a favore degli utilizzatori finali, ma anche della collettività e degli ecosistemi naturali”. Ma c’è un rovescio della medaglia, o almeno, una grossa criticità che riguarda (non solo) il nostro Paese: “Al momento barriere di ordine tecnologico, culturale ed economico hanno scoraggiato la diffusione di questa pratica. Il 13 maggio 2020 il Parlamento e il Consiglio europeo hanno adottato un Regolamento recante le prescrizioni minime per il riutilizzo dell’acqua a fini irrigui in agricoltura, che troverà applicazione a decorrere dal 26 giugno 2023. Tale disciplina è stata introdotta per promuovere il riutilizzo, garantendo la sicurezza delle acque trattate e un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana e animale. Lo scopo è quello di favorire il riutilizzo delle acque reflue in agricoltura laddove opportuno ed efficiente in termini di costi. Un quadro di regole uniformi che permette di conferire credibilità e sicurezza ai progetti di riutilizzo”.
Infine, tornando al profilo economico, l’articolo termine con questa riflessione, che contiene anche una possibile strada da percorrere: “un pieno sviluppo del riuso passa anche dall’implementazione di schemi di prezzo incentivanti che veicolino adeguati segnali agli utilizzatori, agricoltori e industria. Laddove i costi delle infrastrutture da realizzare dovessero essere posti integralmente a carico degli utilizzatori si porrebbero questioni di sostenibilità della tariffa per questi ultimi, scoraggiando di fatto il riuso. Al contempo, anche l’opzione di coprire gli investimenti tramite la tariffa del SII non è esente da profili di iniquità e insostenibilità della stessa. La disponibilità di contributi pubblici rinvenienti dai programmi comunitari recentemente approvati, quali il Recovery fund europeo, può fungere da innesco, sostenendo i costi per la realizzazione degli impianti necessari”.
Ci sono tre anni davanti, una scelta nella giusta direzione, potrebbe dare un beneficio non indifferente alla tutela della risorsa più importante che abbiamo: l’acqua.