Senza transizione ecologica non c’è futuro (neanche) per gli agricoltori
Già oggi il 60-70% dei terreni europei non gode di buona salute, fare finta di niente significa condannare il settore
[29 Gennaio 2024]
Da Alessandria ad Avellino, dal Metapontino a Torino – dove è stata data alle fiamme la bandiera dell’Unione europea – si stanno moltiplicando anche in Italia le proteste degli agricoltori, emulando le manifestazioni che hanno scosso Germania, Francia e altri Paesi del nord.
Gli agricoltori scendono in strada sui trattori, contro un Green deal di fatto già ampiamente indebolito e – paradossalmente – contro l’istituzione che più di ogni altra ne tutela i redditi: l’Ue.
La nuova Politica agricola comune (Pac) prevede lo stanziamento di 386,6 miliardi di euro a favore degli agricoltori europei, per il periodo 2023-27.
In cambio si chiedono investimenti in grado di rendere più sostenibile l’agricoltura stessa, ovvero per metterla in grado di affrontare le sfide contemporanee – a partire dalla crisi climatica, che solo nel 2023 ha provocato danni per 6 miliardi di euro nei campi italiani.
Nel periodo 2014-2020 l’Ue ha speso oltre 100 miliardi di euro per aiutare gli agricoltori a mitigare i cambiamenti climatici, ma i fondi sono stati sprecati: come certifica la Corte dei conti Ue, le emissioni del comparto agricolo sono cresciute anziché diminuite.
Nel frattempo sempre la Corte informa che il 60-70% dei terreni europei non gode di buona salute, in primis per l’abuso di concimi. Senza suoli sani, com’è evidente, non può esserci futuro per l’agricoltura europea. Che deve dunque diventare più sostenibile per poter continuare a sopravvivere.
Questo ovviamente vale non solo sotto il profilo ambientale, ma anche socioeconomico. Non c’è sostenibilità se gli agricoltori non vengono adeguatamente remunerati per il loro lavoro e per i loro prodotti.
Questo comporta difenderli dalla concorrenza di prodotti esteri a basso prezzo – il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (Cbam) in una prima fase transitoria guarda ai fertilizzanti, ma in futuro potrebbe essere applicato anche per equiparare il prezzo del carbonio dei prodotti agricoli europei e di quelli importati – e al contempo praticare prezzi più alti ai consumatori.
Quest’ultimo punto è socialmente praticabile e politicamente proponibile solo aumentando il potere d’acquisto della classe media e delle famiglie meno abbienti, redistribuendo l’abbondante ricchezza presente in Italia come nel resto d’Europa, adesso concentrata in poche, sfarzosissime mani.
Qualche esempio? Il taglio alle agevolazioni sul gasolio, che ha innescato le proteste degli agricoltori in Germania, è il taglio di un sussidio ambientalmente dannoso. Significa rendere più caro un carburante dannoso per il clima. Il maggiore gettito può essere indirizzato a sostenere gli investimenti sostenibili degli agricoltori e/o a sostenere il potere d’acquisto delle famiglie. Al contempo, politiche di progressività fiscale restano necessarie per redistribuire redditi e ricchezza dall’alto verso il basso.
In campo agricolo, invece, ad oggi sta succedendo il contrario. L’80% delle risorse Pac viene assorbito dalle grandi aziende agricole, a discapito delle piccole.
Non a caso le associazioni ambientaliste, agricole (a partire da quelle biologiche) e di consumatori riunite nella coalizione #CambiamoAgricoltura chiedono una più equa ripartizione delle risorse, mantenendo al contempo il piede sull’acceleratore dello sviluppo sostenibile.
Gli agricoltori che invece protestano contro la transizione ecologica incarnata dall’Ue per poter continuare a inquinare il clima e i suoli, pur caricati di oggettive difficoltà economiche, rischiano di darsi la proverbiale zappa sui piedi, minando alla base la possibilità di continuare a coltivare e allevare.
In un simile marasma, nel frattempo a guadagnarci sono solo le forze populiste e anti-sistema – dai novax ai neofascisti – che mirano a picconare l’Ue dall’interno in vista delle elezioni in agenda a giugno. Non a caso la presidente Ursula von der Leyen ha avviato nei giorni scorsi il Dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura Ue. Ma senza mettere in campo una puntuale azione di contrasto alla crescente disinformazione sul tema, la partita rischia di essere persa in partenza.