Solo la vera uguaglianza può porre fine al circolo vizioso della povertà
De Schutter: «Quando feticizziamo il merito, stigmatizziamo coloro che sono in povertà o con un reddito basso e li incolpiamo per la loro stessa condizione»
[21 Ottobre 2021]
«Povertà e privilegi continuano a riprodursi in circoli viziosi, guidati da livelli inaccettabili di disuguaglianza. Ma con la volontà politica, possiamo spezzare questi cicli e passare dal destino all’opportunità». E’ questo il messaggio principale del rapporto “Extreme poverty and human rights” che il relatore speciale sulla povertà estrema e i diritti umani dell’United Nations Human Rights Council, Olivier De Schutter, ha presentato all’Assemblea generale dell’Onu. L’incarico di De Schutter è onorario, non è retribuito e gli esperti come lui nonfanno parte del personale delle Nazioni Unite.
De Schutter ha ricordato che la povertà non è un problema solo dei Paesi poveri: «Molti Paesi sono orgogliosi di garantire alti livelli di mobilità sociale. La verità, tuttavia, è che la persistenza del privilegio in alto e della privazione in basso, sono fin troppo comuni. Nei paesi dell’OCSE, occorrono dalle quattro alle cinque generazioni perché i bambini delle famiglie a basso reddito raggiungano il reddito medio nel loro Paese. Nei paesi emergenti come il Brasile, la Colombia o il Sudafrica lo stesso richiederebbe fino a nove o anche più generazioni».
Dal rapporto emerge che «Dal 1980, nella maggior parte dei Paesi il reddito dei ricchi è cresciuto più velocemente di quello dei poveri, esacerbando le disparità di ricchezza. Il 10% più ricco delle persone che vivono nei Paesi OCSE controlla il 52% della ricchezza netta totale, mentre il 60% più in basso possiede poco più del 12%, condannando i poveri a una vita di povertà».
De Schutter ha fatto notare che «I bambini nati in famiglie povere hanno meno accesso all’assistenza sanitaria, a un alloggio dignitoso, a un’istruzione di qualità e a un lavoro rispetto a quelli delle famiglie più agiate. Questo riduce drasticamente le loro possibilità di liberarsi dalla trappola della povertà. Il risultato è spaventoso: i bambini nati in famiglie in condizioni di povertà hanno una probabilità tre volte maggiore di essere poveri a 30 anni rispetto a quelli che non lo sono mai stati. La povertà infantile non è solo moralmente irragionevole e una violazione dei diritti umani, ma è anche costosa. Negli Stati Uniti, la povertà infantile costa oltre 1 trilione di dollari all’anno, o il 5,4% del loro PIL, ma per ogni dollaro investito per ridurla, si risparmierebbero 7 dollari».
E il relatore speciale dell’Onu è sembrato riecheggiare le polemiche italiane di questi giorni sul reddito di cittadinanza (delle quali probabilmente sa ben poco) quando ha detto che «E’ tempo di sfatare il mito secondo cui la disuguaglianza è un incentivo che incoraggia le persone a lavorare di più. I fatti indicano l’esatto contrario. La disuguaglianza riduce la mobilità sociale e rafforza vantaggi e svantaggi per decenni. Quando feticizziamo il merito, stigmatizziamo coloro che sono in povertà o con un reddito basso e li incolpiamo per la loro stessa condizione. La povertà, infatti, è un fallimento non dell’individuo, ma della società».
De Schutter ha concluso: «Il mio nuovo rapporto mostra come terminare questi cicli. Investire nella prima infanzia, promuovere un’istruzione inclusiva, fornire ai giovani adulti un reddito di base finanziato attraverso le tasse di successione e combattere la discriminazione contro i poveri sono gli ingredienti chiave necessari per spezzare i cicli di vantaggio e svantaggio. I governi devono agire ora prima che un’altra generazione sia condannata alla stessa sorte dei loro genitori».