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Utilitalia, recuperando energia dai rifiuti è possibile ridurre l’import di gas del 4,5%

Per i soli rifiuti urbani e di derivazione urbana stimato un deficit impiantistico pari a 2,7 mln di ton per la frazione secca e 3,2 mln di ton per l’organico
 |  Green economy

Secondo le stime di Utilitalia – la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche –, per traguardare gli obiettivi al 2035 del pacchetto normativo Ue sull’economia circolare l’Italia dovrà installare molti nuovi impianti: quanto basta per gestire almeno 2,7 mln di ton/anno di frazione secca non riciclabile meccanicamente (puntando dunque sulla termovalorizzazione o sulle più innovative tecnologie di riciclo chimico) e altre 3,2 mln di ton/anno per l’organico, e questo limitandoci ad osservare il deficit impiantistico che grava sui soli rifiuti urbani e di derivazione urbana.

Si tratta non solo di un’opportunità per chiudere in modo più efficace il ciclo dell’economia circolare, ma anche per contribuire a ridurre l’import di combustibili fossili.

«Senza impianti – dichiara Filippo Brandolini, vicepresidente vicario di Utilitalia – non è possibile chiudere il ciclo dei rifiuti in un’ottica di economia circolare, ma non solo: l’aumento dei prezzi delle materie prime e la crisi legata anche alla guerra in Ucraina ci impongono di mettere in campo interventi strutturali, avvalendoci di un ampio portfolio di tecnologie sostenibili che comprenda anche il teleriscaldamento e il biometano»

Come documentano da Utilitalia, attualmente i 37 termovalorizzatori attivi in Italia producono ogni anno circa 6,7 milioni di MWh (tra energia elettrica e termica) che corrispondono a circa il 2,2% del fabbisogno nazionale. Costruendone di nuovi per gestire 2,7 mln ton/anno aggiuntive di rifiuti, i nuovi impianti potrebbero produrre ulteriori 2,5 milioni di MWh/anno: stimando in 10,69 KWh/Sm3 il potere calorifico del metano, ciò equivale a circa 2,34 miliardi di metri cubi, che sui 76,1 miliardi di metri cubi annui (2021) di consumo in Italia valgono circa il 3% sul totale delle importazioni di gas dall’estero.

Il Piano nazionale integrato per l’energia e clima, nato già vecchio e in attesa ormai oltre due anni, stima invece che il potenziale di produzione di biometano da rifiuti a matrice organica (Forsu e scarti agricoli) sia di quasi 1,1 miliardi di metri cubi l’anno (pari a circa un terzo del metano estratto nel 2021 da giacimenti nazionali): si tratta di un dato che pesa più dell’1,5% rispetto al totale delle importazioni di gas dall’estero.

Di conseguenza, realizzando gli impianti di incenerimento con recupero di energia dai rifiuti e quelli per la produzione di biometano, si otterrebbe un risparmio nelle importazioni di gas dall’estero di quasi il 5%.

«Con la copertura del deficit impiantistico al 2035, stimato da Utilitalia per 3,2 milioni di tonnellate per il trattamento dell’organico e 2,7 milioni di tonnellate per il recupero eneregetico, il contributo aggiuntivo del biometano dal trattamento della frazione organica da rifiuti e dell'energia elettrica rinnovabile degli inceneritori potrebbe soddisfare rispettivamente le necessità energetiche di circa 230.000 e 460.000 fa­miglie, pari a circa, rispettivamente, 700.000 e 1,4 milioni di abitanti ogni anno», concludono dalla Federazione.

Redazione Greenreport

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