Agrivoltaico: un nuovo modello con le aziende agricole al centro. La proposta di Legambiente a governo e parlamento
Le sfide per un’Italia agricola e solare: «Accelerare la diffusione del fotovoltaico, scongiurando la sostituzione di colture con impianti ma integrandoli come fattore di supporto al reddito agricolo»
[17 Novembre 2020]
Dopo un confronto interno con le sue strutture regionali e circoli, Legambiengte a ha presentato oggi al governo e al Parlamento il documento “Agrivoltaico, le sfide per un’Italia agricola e solare” che punta a «individuare un percorso per accelerare la diffusione del fotovoltaico in Italia, con soluzioni che rendano le aziende agricole protagoniste, scongiurando la sostituzione di colture con impianti, ma integrandoli e rendendoli un fattore di supporto al reddito agricolo che deve rimanere prevalente».
Gli ambientalisti sottolineano che «Per il fotovoltaico esiste, infatti, un nuovo “delivery model” (produzione e diffusione): l’agrivoltaico, che introduce la produzione fotovoltaica nelle aziende agricole integrandola con quella delle colture e con l’allevamento. Una forma di “convivenza” particolarmente interessante per la decarbonizzazione del nostro sistema energetico, ma anche per la sostenibilità del sistema agricolo e la redditività a lungo termine di piccole e medie aziende del settore. Il punto chiave è la ricerca di equilibrio tra redditività dell’installazione fotovoltaica e produzione agricola, che deve collocarsi all’interno di un piano aziendale di coltivazione, che assicuri e vincoli l’azienda agricola a non disperdere la sua base produttiva. Al contempo, l’integrazione del reddito aziendale con quello prodotto dalle installazioni permette di prevenire l’abbandono o dismissione dell’attività produttiva, consolidandone l’assetto produttivo rispetto alla dipendenza dai sussidi della Politica Agricola Comune».
Per Legambiente, «E’ il momento di spingere il modello agrivoltaico attraverso specifiche procedure e pianificazioni agroambientali, e per questo di rivedere le Linee guida per l’autorizzazione degli impianti da fonti rinnovabili e fissare nuove regole capaci di tutelare il paesaggio, il suolo e la biodiversità. Con lo scopo di spiegare la prospettiva e le proposte di modifica della normativa in vigore per l’autorizzazione degli impianti». E nel suo documento il Cigno Verde fornisce esempi internazionali di sperimentazione dell’agrivoltaico.
Il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, evidenzia che «Siamo in una nuova fase, serve un nuovo scenario di programmazione che superi gli attuali vincoli una nuova normativi perché le leggi vigenti vietano la realizzazione di nuovi impianti in area agricola che accedono agli incentivi ma quelli senza incentivi possono essere realizzati: di fatto, si limitano le possibilità per piccoli operatori e aziende agricole, ma si deregolamenta l’impiantistica di grandi dimensioni delle grandi utility e delle compagnie internazionali, che richiede grandi investimenti di capitale ma non necessita di incentivi per essere remunerativa. Il rischio è che prenda piede un modello di business con un approccio industriale alla risorsa suolo, di cui sarebbero le superfici coltivate a fare le spese. Per evitare questo rischio, e superare il paradosso, occorre un percorso che consenta la realizzazione degli impianti attraverso regole capaci di evitare trasformazioni irreversibili e che, al contrario, assicurino la valorizzazione ecologica e produttiva dei suoli sottostanti agli impianti fotovoltaici, anche di grandi dimensioni prevenendo la dismissione di terreni produttivi con espulsione di aziende agricole».
Secondo l’associazione ambientalista, «Per per realizzare la diffusione dell’agrivoltaico, e farlo diventare un fattore di sviluppo e di creazione di valore, occorre affrontare da un lato il tema delle regole per semplificare le installazioni, a partire da quelle in copertura, ovunque da privilegiare, e dall’altro trovare quadri di riferimento certi e adattabili agli investimenti fotovoltaici di aziende agricole singole o associate, anche guardando all’imminente avvio della pianificazione strategica nazionale della PAC. Il fotovoltaico ha raggiunto un grado di maturità tecnologica e di economicità che consente oggi di affrontare il decollo definitivo di questa fonte come sostituto delle fonti fossili nella generazione elettrica. Un fattore limitante delle installazioni è la disponibilità di superfici, ma l’agrivoltaico è un modello in cui la produzione elettrica, la manutenzione del suolo e della vegetazione risultano integrate e concorrenti al raggiungimento degli obiettivi produttivi, economici e ambientali dei terreni».
Legambiente ricorda che «Le rinnovabili soddisfano oggi quasi il 40% del fabbisogno elettrico. Il fotovoltaico rappresenta poco più dell’8% della generazione elettrica e, nella transizione energetica che Legambiente auspica, deve arrivare entro il 2030 a soppiantare almeno il 60% dell’attuale generazione da fonti termiche fossili, arrivando a una produzione di 100 TWh. Ciò è ottenibile solo moltiplicando per 5 l’attuale potenza installata e realizzando nuove superfici di pannelli per una potenza di oltre 75 GWp, che corrisponde a una superficie di pannelli di oltre 50.000 ettari (500 milioni di metri quadri) da collocare il più possibile su coperture. Tuttavia è evidente che, in Italia come negli altri Paesi europei, il raggiungimento di un obiettivo così sfidante di produzione fotovoltaica richieda il reperimento di superfici a terra che possano accogliere una quota significativa dello stock produttivo fotovoltaico. La riappropriazione di un ruolo di produttore energetico per il settore agricolo passa attraverso una parte da protagonista nella transizione energetica solare».
Per quanto riguarda il paesaggio, Legambiente dice che «La revisione delle Linee Guida, a dieci anni dalla loro emanazione, deve portare a individuare con maggiore efficacia le aree escluse dalla possibilità di installazione, superando le contraddizioni tra le diverse Linee guida regionali e le regole per garantire progetti compatibili sotto il profilo paesaggistico, ecologico e colturale, introducendo tetti massimi di concentrazione nei territori e all’interno della superficie aziendale, ma anche strumenti convenzionali a garanzia del rispetto degli impegni assunti dal gestore nell’arco di vita dell’impianto. Inoltre, a prescindere dai requisiti più stringenti che derivino da considerazioni di natura paesaggistica e territoriale, occorre definire condizioni minime di compatibilità ecologica per qualunque impianto si candidi a collocarsi al suolo».
Per gli ambientalisti la Politica Agricola Comune – pur criticata nella versione approvata dal Parlamento europeo – può rappresentare una spinta a integrazioni virtuose di produzione agrivoltaiche: «Con l’agrivoltaico, infatti, il fotovoltaico diventa un alleato ecologico non solo delle colture ma anche della tenuta reddituale e dell’osservanza delle regole e degli strumenti dei programmi agricoli sostenuti dalla PAC. Il suolo occupato dalle installazioni cessa di essere una voce di costo, acquisto e manutenzione; differenti modelli consentono di integrare il reddito aziendale e di comporre un mix produttivo entro cui confluiscano anche le misure di sostegno (opportunamente orientate a valorizzare le sinergie produttive e le prestazioni ecologiche) al fine di permettere di assorbire gli impatti degli investimenti iniziali e di stabilizzare gli investimenti in capitale naturale delle aziende, liberandole, nel lungo termine, dalla loro stretta dipendenza dal regime di aiuti. Nel caso di installazioni in grado di convivere con le infrastrutture verdi aziendali (vegetazioni a prato e per le specie impollinatrici, fasce tampone, pascolo, ecc.) il vincolo di mantenimento dell’impiantistica fotovoltaica al termine delle annualità di sostegno dovrebbe essere automaticamente garantito dalla redditività propria dell’impianto e non decadere, come avviene ora, con la scadenza degli incentivi dei Programmi di Sviluppo Rurali, mentre deve essere formalizzato il vincolo che associa l’installazione impiantistica a una o più buone pratiche agricole».