Al via il primo Ipcei sull’idrogeno, accordo tra 23 ministri europei

Coordinamento FREE: l’Italia così pianifica il ritardo. Ambientalisti e 5 Paesi Ue: solo idrogeno davvero verde

[22 Dicembre 2020]

Il ministro dello sviluppo economico (Mise), Stefano Patuanelli, ha partecipato in videoconferenza all’evento di lancio dell’Importante progetto di comune interesse europeo (IPCEI) sull’idrogeno, organizzato dalla Germania, nel corso della quale i ministri di 22 Stati Ue (Italia, Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania , Grecia, Lussemburgo, Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo, Spagna, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Svezia, Ungheria) e la Norvegia hanno sottoscritto, il “Manifesto per lo sviluppo di una catena del valore europea sulle Tecnologie e sistemi dell’idrogeno” che punta a garantire all’Unione europea la leadership nello sviluppo della tecnologia sull’idrogeno, favorendo al contempo sia la creazione di nuove opportunità occupazionali sia una riduzione delle emissioni in linea con gli obiettivi previsti dall’Accordo di Parigi e le politiche adottate dalla Commissione europea.

Il Mise  sottolinea che «A testimonianza del ruolo trainante dell’Italia in Europa nello sviluppo della tecnologia sull’idrogeno, il Ministro Patuanelli è stato il primo ad intervenire all’evento subito dopo il discorso introduttivo del Ministro dell’Economia tedesco Peter Altmaier nel suo ruolo di Presidente di turno della Ue».
Patuanelli ha evidenziato «L’importanza della recente decisione del Consiglio Europeo in termini di decarbonizzazione, che ha fissato ad almeno il 55% l’obiettivo della riduzione delle emissioni comunitarie entro il 2030 per poi raggiungere il totale abbattimento nel 2050. L’idrogeno verde appare come lo strumento più utile ad assicurare il raggiungimento di questi obiettivi entro i termini stabiliti. Sono pertanto profondamente convinto che le imprese italiane sapranno farsi trovare pronte a cogliere le opportunità offerte nel quadro dei cosiddetti IPCEI e a lavorare in sinergia con le imprese degli altri paesi europei, in modo da far raggiungere alla Ue un ruolo di leadership in questa importante energia del futuro, in particolare nei sistemi produttivi e nel trasporto».

La Commissione europea vede l’idrogeno come «un fondamentale pezzo mancante del puzzle» della decarbonizzazione delle industrie siderurgica e chimica, che non possono essere elettrificata completamente. Thierry Breton, commissario Ue per il mercato interno dell’Ue, ha detto che «L’idrogeno pulito aiuterà le nostre industrie europee a decarbonizzarsi, ad essere resilienti e a rimanere competitive a livello globale».

Margrethe Vestager, commissaria Ue per la concorrenza dell’Ue, ha spiegato che «Lo sviluppo di tecnologie per l’idrogeno low carbon e, in particolare, per l’idrogeno verde, e la costruzione delle infrastrutture necessarie per la sua diffusione, ci porterà un passo più vicini a fare dell’Europa il primo continente climate neutral entro il 2050. Nessuno Stato membro o impresa può farlo da solo. Ecco perché ha senso che i governi europei si riuniscano per sostenere progetti così importanti di comune interesse europeo, se il mercato da solo non si assume il rischio. Ed è per questo che abbiamo messo in atto regole speciali sugli aiuti di Stato per spianare la strada».

Con l’accordo, i governi dei 22 Paesi Ue e la Norvegia si impegnano a collaborare fra loro a progetti di larga scala attraverso IPCEI sull’idrogeno. Il primo di questi sarà incentrato su “Tecnologie e sistemi dell’idrogeno” e riguarderà tutta la catena del valore, dalla R&S all’implementazione delle installazioni. Il Mise spiega che «Attraverso questo IPCEI si punterà a produrre idrogeno sostenibile, in particolare da fonti rinnovabili; produrre elettrolizzatori e mezzi pesanti di trasporto alimentati idrogeno, come navi, aerei, veicoli commerciali; sviluppare soluzioni per lo stoccaggio, la trasmissione e la distribuzione dell’idrogeno; implementare applicazioni industriali dell’idrogeno, per favorire la decarbonizzazione degli impianti industriali specie in quei settori di difficile elettrificazione».

Ma Livio de Santoli, presidente del Coordinamento FREE, presentando le osservazioni fatte dal Coordinamento stesso sulle Linee Guida Preliminari della strategia nazionale sull’Idrogeno, mette in guardia: «La strategia italiana per l’idrogeno non deve essere un secondo PNIEC ma deve puntare a essere il primo atto di una vera politica industriale completamente orientata al Green. – ha detto . – L’occasione per imprimere una svolta alla politica energetica italiana verso la sostenibilità attraverso l’idrogeno verde è un’occasione unica che non può essere mancata perché si vogliono difendere asset fossili precostituiti. E su questo fronte le Linee Guida della strategia messa in consultazione vanno profondamente reindirizzate. Prima di tutto la quantità d’idrogeno aggiuntiva (0,2 Mton/anno) e quasi la metà (0,2 Mton/a) di quella esistente devono essere assolutamente verdi e per fare ciò occorrono 6,5 GWe di elettrolizzatori al 2030 e non i 5 GWe previsti. Oltre a ciò è necessario definire esattamente quale tipo d’idrogeno si vuole sviluppare. Per noi è quello verde, prodotto solo ed esclusivamente da fonti rinnovabili quali il fotovoltaico, l’eolico, l’idroelettrico e il biogas. E la quantità aggiuntiva d’idrogeno rispetto alle produzioni attuali deve assolutamente essere verde, con un controllo attento sulla quantità, sulla provenienza e sulla qualità produttiva per quello blu (prodotto da idrocarburi fossili con sequestro del carbonio). E oltre a tutto ciò è necessario che la destinazione dell’idrogeno verde sia chiara e indirizzata alla decarbonizzazione dei settori più complicati da rendere sostenibili, come l’industria pesante, la mobilità pesante, le linee ferroviarie non elettrificate e il trasporto navale, rivedendo la quota del 66% dell’idrogeno aggiuntivo che secondo le Linee Guida del Governo dovrebbe essere destinata alla miscelazione con il metano».

De santoli sottolinea che «Poi c’è il capitolo delle rinnovabili e della Ricerca e Sviluppo. -Nei 10 miliardi di Euro previsti, infatti, non troviamo gli impianti di produzione rinnovabile destinati all’idrogeno e un solo miliardo è destinato alla Ricerca e Sviluppo. Tradotto: non si sta facendo politica industriale. Gli investimenti in R&S devono salire almeno a tre miliardi se non si vogliono consegnare le forniture impiantistiche per l’idrogeno alle aziende estere, mentre sono necessari almeno 20 miliardi per incrementare di 15 GWe la produzione elettrica da fotovoltaico e solare e rafforzare la rete di trasmissione per portare l’elettricità ai luoghi di elettrolizzazione. L’idrogeno può e deve essere un’occasione di sviluppo sostenibile basato sulle rinnovabili, ma è necessario che sia trattato come una vera occasione di politica industriale green in connessione alle dinamiche tracciate dall’Europa. E anche su ciò non ci siamo. Nel documento, infatti, non c’è traccia del target al 2024, nonostante ciò sia richiesto con precisione dall’Europa e non vi è una quantificazione degli obiettivi aggiuntivi delle rinnovabili rimandando alla prossima versione del PNIEC, che sarà pubblicata nel 2022 che è troppo tardi. L’Europa sembra aver capito che sul fronte del clima e delle rinnovabili tutto si gioca nei prossimi dieci anni, ma il Governo italiano, stando a queste Linee Guida Preliminari messe in consultazione si direbbe abbia almeno raddoppiato i tempi. La scadenza è al 2030, non al 2040».

Austria, Danimarca, Lussemburgo, Portogallo e Spagna sembrano condividere a livello europeo le preoccupazioni del Coordinamento Free e per questo hanno inviato una lettera congiunta all’Ue perché dia chiaramente la priorità alle energie rinnovabili nell’ambito di un progetto a guida Ue per accelerare la diffusione dell’idrogeno, la ricerca e le infrastrutture.

Come ha riferito una fonte a Ue a EURACTIV, «La Spagna scommette esclusivamente sull’idrogeno rinnovabile, e ritiene che i fondi europei e il sostegno normativo all’idrogeno rinnovabile dovrebbero essere prioritari rispetto all’idrogeno a bassa emissione di carbonio, che viene invece prodotto con gas naturale (idrogeno blu) o nucleare». I  cinque Paesi dell’Ue sono preoccupati che il nuovo IPCEI a idrogeno venga utilizzato per sostenere l’idrogeno “low carbon” prodotto dal gas naturale o dall’energia nucleare e diconmo di aver firmato il manifesto solo «con l’intesa che questa iniziativa dovrebbe riferirsi esclusivamente all’idrogeno proveniente da fonti di energia rinnovabili, poiché consideriamo questa tecnologia come l’unica soluzione sostenibile a lungo termine per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. I progetti all’interno di un IPCEI devono rispettare il principio della graduale eliminazione delle sovvenzioni dannose per l’ambiente».

Una posizione che coincide con quella delle associazioni ambientaliste che hanno espresso dubbi sul manifesto dell’idrogeno dell’Ue. Rita Tedesco di Ecos ha concluso: «Questa iniziativa non deve diventare una copertura per gettare denaro pubblico nei combustibili fossili Qualsiasi sostegno pubblico deve essere diretto solo all’idrogeno prodotto al 100% da fonti rinnovabili. La Commissione deve vigilare attentamente su questo aspetto, facendo in modo che l’origine rinnovabile dell’idrogeno che riceve finanziamenti pubblici sia certificata attraverso un sistema di certificazione credibile. Tutti gli altri tipi di idrogeno devono essere esclusi dal sostegno pubblico, compreso il cosiddetto “idrogeno a basso contenuto di carbonio”, che aumenta il rischio di greenwashing e rischia di fare rientrare dalla porta di servizio i combustibili fossili».