Anticipare lo stop di auto a benzina diesel al 2028 farebbe risparmiare più di 600 miliardi di euro
Greenpeace: smentito che nel governo Draghi solleva lo spauracchio della perdita di posti di lavoro e di competitività per l’industria italiana
[20 Giugno 2022]
Secondo il nuovo studio “Drive change” pubblicato da Greenpeace Detschland e che esamina la differenza rispetto allo scenario di phase-out dei motori termici al 2035,proposto dalla Commissione Europea, recentemente approvato dal Parlamento europeo, «Anticipando lo stop alle vendite dei veicoli a diesel e benzina al 2028 si ridurrebbe il consumo europeo di petrolio di 540 milioni di tonnellate e le emissioni di CO2 di 1,7 miliardi di tonnellate». E inoltre questo anticipo porterebbe a un risparmio di 635 miliardi di euro per i consumatori europei.
Greenpeace Italia sottolinea che «Anche in Italia, fermare la vendita delle auto fossili nel 2028 – come richiede Greenpeace – farebbe risparmiare 51 milioni di tonnellate di petrolio, 162 milioni di tonnellate di CO2 e 66 miliardi di euro. Un phase-out nel 2030, come proposto dai Paesi europei più progressisti, comporterebbe risparmi inferiori, ma comunque significativi rispetto alla proposta della Commissione».
Il 28 giugno, in occasione della riunione del Consiglio ambiente, gli Stati Membri dell’Ue dovranno concordare una posizione comune sugli obiettivi di CO₂ a partire dal 2025 e sul divieto di vendita di nuove auto alimentate da combustibili fossili. Greenpeace ricorda che «La posizione dell’Italia è ancora incerta: il Comitato interministeriale per la transizione ecologica (CITE), con una posizione già di per sé problematica, si è dichiarato in favore del 2035 per le auto e del 2040 per i furgoni, ma il ministro Cingolani continua a mettere in dubbio la transizione del settore automotive all’elettrico e spinge per posizioni ancora più di retroguardia, mettendo in serio pericolo gli obiettivi climatici dell’Italia e la tenuta di un settore produttivo già in estremo ritardo su una transizione che non può più essere rimandata».
Federico Spadini, campagna trasporti di Greenpeace Italia, conclude: «I prezzi dell’energia sono alle stelle, in Europa è in corso una guerra finanziata dalle importazioni europee di combustibili fossili, e la comunità scientifica avverte che con l’attuale livello di emissioni non rispetteremo gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima. L’industria automobilistica, con la sua dipendenza dal petrolio, è al centro di queste molteplici crisi, perciò non possiamo continuare a rimandare la sua riconversione, che avrebbe enormi benefici ambientali, sociali ed economici», «Il governo italiano si è dimostrato troppo timido rispetto alla data di stop delle auto inquinanti. Ma rinviare la transizione non farà altro che aumentarne i costi sociali e ambientali: è ora che i governi europei si impegnino per una data molto più ambiziosa di quella in discussione, per il bene del Pianeta e di cittadine e cittadini europei. Le voci meno progressiste all’interno del governo Draghi e le lobby dell’auto continuano a sollevare lo spauracchio della perdita di posti di lavoro e di competitività per l’industria italiana, ma vengono puntualmente smentite da studi che dimostrano come questo rischio sia pressoché inesistente. Il vero danno economico e occupazionale sarà invece causato proprio dal ritardo che si tenta ancora di imporre alla transizione all’elettrico, allo sviluppo delle fonti rinnovabili e delle relative infrastrutture e a forme di mobilità alternativa. È il momento che il governo italiano smetta di farsi influenzare dall’industria dei combustibili fossili e scelga ciò che è davvero giusto per l’ambiente e l’economia del Paese».