Biometano, la nuova frontiera per l’economia circolare e la lotta ai cambiamenti climatici
Ciafani: «Completare il quadro normativo per produrre gli 8,5 miliardi di m3 e 12.000 posti di lavoro»
[6 Febbraio 2017]
Per approfondire le prospettive e le opportunità dello sviluppo di quello che l’articolo 2 del decreto legislativo 28/2011 definisce come quel “gas ottenuto a partire da fonti rinnovabili avente caratteristiche e condizioni di utilizzo corrispondenti a quelle del gas metano e idoneo all’immissione nella rete del gas naturale”, Legambiente ha organizzato oggi a Bologna, con il patrocinio della Regione Emilia Romagna, una giornata di lavori dalla quale è emersa la conferma che «il biometano “fatto bene”, prodotto nel rispetto della biodiversità e dell’uso dei suoli agricoli, può rivestire un ruolo fondamentale nella strategia energetica del nostro Paese e sul fronte della lotta al mutamento climatico. È una grande opportunità per rendere più sostenibile il consumo di energia domestica e industriale ma anche la mobilità, per ridurre l’inquinamento atmosferico e migliorare la gestione dei rifiuti».
L’iniziativa è stata l’occasione l’occasione per fare il punto con stakeholders e addetti ai lavori sullo stato dell’arte e il ruolo delle bioenergie nel nuovo sistema energetico italiano e nell’ambito della bioeconomia europea, a partire dal quadro normativo sul biometano e i suoi sottoprodotti, al funzionamento degli impianti di produzione di biogas e biometano.
Legambiente è tra i sostenitori e sottoscrittori della Piattaforma Biometano, promossa dal Consorzio Italiano Biogas per «sottolineare non solo l’importanza energetica di questa risorsa, ma anche il suo importante contributo in diversi settori apparentemente lontani tra loro, con benefici ambientali e socio economici. Stando alle stime del CIB, per esempio, lo sblocco del biometano porterebbe alla nascita di 12mila nuovi posti di lavoro solo nel settore del trattamento rifiuti, gestione discariche e il ciclo degli impianti agro industriali». Oggi gli impianti a biometano nel nostro Paese sono soltanto 7, di cui 6 a scopo dimostrativo. Eppure il potenziale producibile al 2030 potrebbe raggiungere gli 8,5 miliardi di metri cubi (di cui 0,5 da rifiuti – escluso il potenziale da discarica difficile da stimare – e il resto da agricoltura).
Secondo gli ambientalisti del Cigno Verde, «la produzione del biometano può avvenire nel rispetto della biodiversità e della funzione di stoccaggio del carbonio svolta da foreste e dai terreni coltivati; si ottiene sia dagli scarti di biomasse di origine agricola che si rinnovano nel tempo e che nel loro ciclo di vita hanno incorporato il carbonio presente nell’atmosfera, sia dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani derivante da raccolta differenziata. Il suo consumo avviene quasi senza ulteriori emissioni climalteranti. Chimicamente uguale al metano fossile (o gas naturale) è utilizzabile in miscela o in sostituzione del gas e può quindi essere distribuito nei metanodotti e in città.
Per Agostino Re Rebaudengo, presidente di assoRinnovabili, «lo sviluppo del biometano avrà forti sinergie con due asset fondamentali del nostro Paese in tema di politiche energetiche: la rete nazionale del gas naturale, una delle più capillari ed estese d’Europa, in cui potrebbe essere immesso; e il parco auto a metano, di gran lunga il più importante d’Europa (poco meno di un milione di veicoli tra autobus, autocarri per trasporto merci, autoveicoli e autovetture, trattori stradali e motrici, ndr) che, grazie al biometano, potrebbe svilupparsi ulteriormente. Evidenti sono anche i vantaggi per la nostra salute: secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente, è dell’Italia il triste primato di morti premature per l’inquinamento dell’aria. assoRinnovabili accoglie pertanto con favore l’ormai imminente pubblicazione del provvedimento che pone fine ad anni di ritardi e a un vuoto normativo che ha reso impossibile la realizzazione di iniziative imprenditoriali».
Il direttore generale di Legambiente, Stefano Ciafani, ha concluso: «La produzione di biometano è un anello fondamentale per il corretto trattamento dei rifiuti biodegradabili nell’ambito del nuovo scenario dell’economia circolare europea. A tal proposito, è fondamentale costruire impianti di digestione anaerobica, in particolare nel centro-sud Italia che ne è ancora sprovvisto. Questi impianti sono, purtroppo, ancora poco noti e molto osteggiati ed è fondamentale attivare adeguate campagne d’informazione. Anche il settore agricolo può dare il suo contributo, tenendo conto però dell’efficienza dell’uso del suolo, dando priorità agli scarti agricoli e alle biomasse di integrazione rispetto alle colture dedicate, e senza entrare in conflitto con la produzione di cibo. Migliorando la propria competitività sul mercato, il biometano può contribuire a ridurre significativamente le emissioni del settore agricolo che in Italia rappresentano oltre il 7% delle emissioni complessive di gas climalteranti. La possibilità di sfruttare le infrastrutture esistenti per la distribuzione del biometano, come la rete gas che attraversa il nostro Paese, è un aspetto particolarmente interessante di questo biocombustibile in quanto dà la possibilità di utilizzarlo facilmente e subito nella copertura dei fabbisogni domestici. È necessario, però, completare definitivamente il quadro normativo che ancora oggi vieta l’immissione del biometano in rete, pratica utilizzata invece da molti anni in diversi paesi europei. Anche l’autotrazione ne beneficerebbe, perché il biometano potrebbe essere utilizzato nei camion per trasporto merci di lunga percorrenza, in sostituzione del gasolio, ben più inquinante».