Case fredde e profitti caldi. Il caso di studio Italia
Come le multinazionali fossili convincono i politici a mettere i profitti prima delle persone
[30 Ottobre 2023]
Secondo il rapporto “Cold homes, hot profits”, pubblicato recentemente dalla coalizione Fossil Free Politics (Corporate Europe Observatory, Friends of the Earth Europe, Food & Water Action! Europe, Greenpeace, Global Witness, in collaborazione ReCommon), «Nelle capitali europee, le aziende di combustibili fossili e i gruppi di lobby hanno fatto di tutto per influenzare le risposte dei governi alla crisi energetica, sabotando politiche che potrebbero aiutare milioni di persone che faticano a pagare le bollette. Tutto questo per poter proteggere i loro incredibili profitti inaspettati (i profitti delle 5 grandi major petrolifere sono più che raddoppiati fino a raggiungere i 200 miliardi di dollari nel 2022) e prolungare la durata del loro modello di business distruttivo per il clima, mentre le persone, e il pianeta, pagano il prezzo più alto. Da Roma a Praga, da Bruxelles a Londra, i politici accolgono le aziende di combustibili fossili come consulenti invece che come piromani, non riconoscendo i loro interessi acquisiti e il loro ruolo nel creare, prolungare e trarre profitto dalla crisi energetica».
Per mostrare come gli interessi delle compagnie dei combustibili fossili stanno convincendo i politici di tutta Europa ad ascoltare gli inquinatori invece che le persone, il rapporto riassume 5 nuovi casi di studio e denuncia che «A livello europeo, il gruppo di pressione sui combustibili fossili, l’International Association of Oil and Gas Producers (IOGP), ha esercitato pressioni – ed è stato invitato a consigliare – sulla Commissione Europea, spingendo per più gas fossile e le false soluzioni che lo giustificano; consigli che mantengono le bollette alte (con i prezzi del gas ancora più del 50% superiori ai livelli pre-guerra in Ucraina) e l’Europa dipendente dai combustibili fossili».
Nella Repubblica Ceca, il colosso dell’energia fossile EPH ha utilizzato minacce pubbliche, un potente impero mediatico e legami con il Partito al potere per ritardare e indebolire l’imposta sugli extra-profitti. Nel Regno Unito, il gruppo di lobby dei combustibili fossili Offshore Energies UK (OEUK) ha utilizzato un accesso privilegiato, ricevimenti parlamentari e gruppi consultivi speciali per garantire che nell’imposta sulle perdite inaspettateci fossero molte scappatoie e potesse essere limitata. In Spagna, le compagnie energetiche Endesa, Naturgy e Iberdrola hanno utilizzato una complessa rete di manovre politiche, legali e di pubbliche relazioni per contrastare le misure che limitano i loro profitti e per far sì che le famiglie vulnerabili si facciano carico del peso dell’aumento del costo dell’energia.
Dal rapporto emerge che «Decenni trascorsi a fare pressioni per ottenere più gas in Europa invece che per il passaggio alle energie rinnovabili hanno mantenuto piene le tasche delle imprese produttrici di combustibili fossili, ma hanno lasciato il continente vulnerabile ai prezzi elevati. Abbiamo urgentemente bisogno che i decisori lavorino per il bene pubblico piuttosto che per gli interessi privati, eliminando chi inquina e coinvolgendo le persone».
E per la coalizione Fossil Free Politics il caso di studio italiano riassume bene tutto questo: «La più grande compagnia italiana di petrolio e gas, l’ENI, ha visto i suoi profitti netti più che raddoppiare raggiungendo i 13,3 miliardi di euro nel 2022, grazie all’effetto dell’invasione dell’Ucraina sui prezzi dei combustibili fossili. Eppure, non contenta dei guadagni inattesi della guerra, una nuova ricerca mostra come l’ENI abbia anche ottenuto importanti concessioni dallo Stato italiano durante la crisi – e rivela che il governo ha nominato un lobbista dei combustibili fossili come consigliere. Questi successi per l’energia sporca – tra cui maggiori trivellazioni di petrolio e gas e nuovi terminali GNL – ignorano gli impatti climatici reali, mentre la debole tassa sulle entrate straordinarie dell’Italia mette il benessere delle persone saldamente dietro i profitti delle grandi aziende».
Il rapporto evidenzia che la crisi dovuta ai combustibili fossili ha portato paradossalmente a nuove trivellazioni: «ENI è sempre stata favorevole all’aumento della produzione nazionale di petrolio e gas, e aveva un alleato nel precedente Primo Ministro Mario Draghi, il cui governo ha approvato la legge “PiTesai” nel dicembre 2021 che consente l’esplorazione e la produzione di petrolio e gas su circa il 50 per cento del territorio italiano, e sbloccando alcune concessioni che erano state congelate. Eppure l’Eni voleva di più. In un incontro del marzo 2022 a Roma tra ENI, l’operatore italiano della rete del gas Snam, e il direttore generale per l’Energia della Commissione europea Ditte Juul Jørgensen, sono stati descritti i “2,5 miliardi di metri cubi di volume aggiuntivo in un piano di 10-15 anni” previsti da PiTesai in quanto “troppo lenti per la situazione di emergenza in cui ci troviamo”. Meno di un anno dopo, i giganti italiani dei combustibili fossili hanno ottenuto ciò che volevano. Nel gennaio 2023, il nuovo Primo Ministro italiano di estrema destra Giorgia Meloni ha introdotto una legge che consente lo sfruttamento di petrolio e gas in aree precedentemente vietate da PiTesai, comprese le trivellazioni offshore tra 9 e 12 miglia dal mare, e nell’Alto Adriatico».
Un altro dossier di ReCommon iassume quanr to è successo: «Il 30 settembre 2022, il Consiglio dell’Unione Europea ha deciso di imporre un’imposta Ue sugli extra-utili alle società di combustibili fossili, denominata contributo di solidarietà, per finanziare gli aiuti alle famiglie e alle imprese che devono far fronte agli elevati prezzi dell’energia (dovuti principalmente alla guerra di Putin contro l’Ucraina). “Gli Stati membri dovrebbero restare liberi di applicare un tasso superiore al 33% per il loro contributo di solidarietà”, afferma il Consiglio dell’Ue. Essendo la più grande impresa di combustibili fossili in Italia, l’ENI temeva di vedere fino a che punto sarebbe stata implementata la misura. L’Italia, pur anticipando la regolamentazione introdotta dall’Ue, non ha mai raggiunto un tasso del 33%. Un contributo di solidarietà al 10% è stato introdotto per la prima volta nel maggio 2022, poi aumentato nel luglio 2022 al 25%. Quando Draghi fu sostituito da Meloni, il nuovo governo annunciò un altro aumento. “Possiamo andare un po’ oltre, il regolamento Ue prevede che l’aliquota non dovrebbe essere inferiore al 33%”, ha detto il 15 novembre 2022 il vice ministro dell’Economia Maurizio Leo. Tuttavia, il 30 marzo 2023, il governo Meloni ha varato una legge che offre alle imprese produttrici di combustibili fossili un vantaggio fiscale sul contributo di solidarietà. Secondo l’Ufficio studi del Senato italiano, questo comporterà una diminuzione delle entrate per lo Stato italiano di 404 milioni di euro nel 2023.
Poi ci sono i nuovi terminal del gas naturale liquefatto (GNL): «Da anni le aziende petrolifere e del gas chiedono al governo italiano di costruire più terminali GNL, con Snam che fa pressioni per trasformare l’Italia in un hub europeo del gas. Le aziende produttrici di combustibili fossili hanno sfruttato la crisi energetica per raggiungere questo obiettivo. L’amministratore delegato dell’ENI Claudio Descalzi – la cui società produce grandi quantità di gas nell’Africa subsahariana, che non ha collegamenti di gasdotti con l’Europa – ha annunciato nel novembre 2022 che l’Italia “avrebbe bisogno di quattro terminali aggiuntivi”. Entro maggio 2023 il governo Meloni aveva approvato una legge che invitava tutte le regioni italiane a presentare domanda per ospitare terminal GNL sul proprio territorio, senza fissare alcun limite al numero che potrebbe essere costruito. Da allora sono stati approvati in Italia due nuovi terminali GNL galleggianti, entrambi di proprietà di Snam».
Da allora sono stati approvati due nuovi terminal GNL galleggianti, entrambi di proprietà di Snam. Uno a Ravenna. L’altro resterà a Piombino fino al 2026, per poi essere spostato a Vado Ligure.
Poi c’è il caso del lobbista dei combustibili fossili consigliere di un importante ministro. «A un anno dallo scoppio della crisi energetica, Gilberto Pichetto-Fratin, ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica nel nuovo governo italiano di estrema destra, ha scelto di nominare come consigliere un lobbista esperto la cui impresa lavora per alcuni dei le più grandi compagnie petrolifere e del gas del mondo. Maurizio Ravidà è stato nominato “esperto di comunicazione strategica” nel febbraio 2023, dichiarando l’assenza di conflitti di interessi. Dal 2004 Ravidà è inoltre amministratore delegato di SEC & Associati, società controllata da SEC Newgate Italia, società di consulenza in comunicazione e lobby. In Italia, petrolio e gas naturale sono entrambi tra i campi di interesse della SEC, e tra i suoi clienti figurano Adriatic LNG (che gestisce un impianto di rigassificazione al largo delle coste venete ed è di proprietà di ExxonMobil, Qatar Energy e Snam), TotalEnergies (che gestisce Tempa Rossa, il secondo giacimento petrolifero più grande d’Italia e detiene diverse licenze di esplorazione nell’Appennino meridionale), e la joint venture IGI Poseidon per il gasdotto del Mediterraneo orientale. Gli interessi di ENI sono promossi anche da un’altra controllata della SEC Newgate, la SEC Newgate EU con sede a Bruxelles, che tra il 2019 e il 2022 è stata pagata fino a 760.000 euro dall’industria dei combustibili fossili per esercitare pressioni sull’Ue. Tra i clienti di SEC Newgate EU figurano diverse associazioni di categoria delle quali ENI è membro, come l’International Association of Oil & Gas Producers (IOGP) e FuelsEurope, gruppi di lobby dei combustibili fossili che hanno esercitato con successo pressioni sulla Commissione Europea affinché includesse il gas nella sua tassonomia della finanza sostenibile».
Ravidà è un co-fondatore dell’associazione Cultura Italiae, che ha l’obiettivo è quello di «Sviluppare e diffondere un modello culturale, sostenibile e competitivo». Ogni anno Cultura Italiae organizza un prestigioso ed esclusivo convegno che riunisce personaggi famosi del mondo della politica, del cinema e dell’industria italiana. Nell’edizione 2022, ENI è stata uno dei principali sponsor della conferenza e tra i relatori è intervenuto l’amministratore delegato Claudio Descalzi.