Energia pulita: in Cina 361 miliardi di dollari e 13 milioni di posti di lavoro entro il 2020 (VIDEO)
Piano anche per il risparmio energetico. Greenpeace: inquinamento atmosferico di nuovo in aumento
[9 Gennaio 2017]
L’Amministrazione nazionale dell’energia della Cina (Nea) ha annunciato che, entro il 2020, il Paese più popoloso del mondo investirà 2,5 trilioni di yuan (361 miliardi di dollari) per produrre energia da fonti rinnovabili. Così il più grande mercato mondiale dell’energia continua ad abbandonar progressivamente il carbone per utilizzare una quota più consistente di combustibili più puliti, tra i quali Peschino annovera anche il nucleare.
Secondo il piano quinquennale della Nea 2016-2020, questo colossale investimento creerà più di 13 milioni di posti di lavoro nel settore delle energia pulite. Entro il 2020, eolico, idroelettrico, solare, altre rinnovabili e il nucleare rappresenteranno circa la metà della nuova produzione di energia elettrica.
L’agenzia energetica cinese non ha rivelato ulteriori dettagli su dove saranno spesi questi investimenti, che equivalgono a circa 72 miliardi di dollari all’anno. Il piano quinquennale per le energie pulite riflette l’impegno di Pechino a frenare l’utilizzo dei combustibili fossili, che hanno favorito la rapidissima crescita economica del Pese ma che ora lo stanno avvelenando con un inquinamento insostenibile.
Nel dicembre 2016, la potente Commissione per lo sviluppo e la riforma, che pianifica lo sviluppo economico della Cina, aveva annunciato che nel Piano quinquennale l’energia solare avrebbe ricevuto 1 trilione di yuan di spesa per aumentare di 5 volte la produzione di energia fotovoltaica. Un impegno che, secondo gli esperti, equivale alla realizzazione di circa 1.000 grandi impianti solari. Dal 2010, il costo per la costruzione di impianti solari su vasta scala è diminuito del 40% e nel 2016 la Cina è diventata il maggior produttore di energia fotovoltaica del mondo.
Steven Han, analista che si occupa di rinnovabili per la società di intermediazione immobiliare Shenyin Wanguo, ha detto alla Reuters che .«Il governo può superare questi obiettivi, perché ci sono maggiori opportunità di investimento nel settore, dato che i prezzi scendono».
La Commissione per lo sviluppo e la riforma aveva spiegato che circa 700 miliardi di yuan andranno ai parchi eolici, 500 miliardi all’energia idroelettrica, mentre l’energia delle maree e geotermica che riceveranno il resto.
Le previsioni sulla creazione di nuova occupazione della Nea coincidono con quelle fatte a dicembre dalla Commissione per lo sviluppo e la riforma, che aveva detto di attendersi altri 3 milioni di posti di lavoro nel sttore delle energie pulite entro il 2020, portando il totale del settore a 13 milioni.
La Cina è sempre più preoccupata per i costi sociali ed economici dell’inquinamento atmosferico che colpisce soprattutto il cuore politico e industriale del Paese: Pechino e l’infinita megalopoli che la circonda e che blocca intere metropoli per intere settimane. Il ministero della protezione dell’ambiente ha detto che il 4 gennaio ben il 62% delle 338 città che tiene sotto controllo stavano sperimentando alti livelli di inquinamento dell’aria. Greenpeace East Asia ha detto che «Anche se questa è una chiara sterzata verso la leadership climatica e allontana della forte dipendenza dal carbone, ma la questione della riduzione getta ancora un’ombra lunga sulle ambizioni del Paese per le rinnovabili. L’inquinamento atmosferico della Cina sta peggiorando di nuovo, dopo due anni di miglioramento quasi ininterrotto. Il colpevole: un incremento della produzione interna di acciaio cinese».
Greenpeace East Asia, che nei giorni scorsi ha postato l’impressionante video che pubblichiamo sull’ennesiomo episodio di g inquinamento atmosferico grave nella Cina settentrionale, sottolinea che «I nuovi dati provenienti dall’Ufficio per la protezione ambientale di Pechino hanno mostrato che nel 2016 i livelli di PM2,5 a Pechino sono stati quasi il 10% in meno rispetto al 2015. Tuttavia questo potrebbe non essere motivo di celebrazione: come abbiamo visto prima, il PM2.5 è in costante aumento da aprile mentre dicembre è stata il secondo mese peggiore mai registrato».
Attualmente il carbone costituisce la principale fonte di energia della Cina: nel 2015 forniva il 64% del totale del consumo energetico del Paese. Illustrando il Piano quinquennale, la Nea ha però avvertito che, nonostante questo colossale investimento, le rinnovabili nel 2020 rappresenteranno ancora solo il 15% del consumo totale di energia della Cina, pari a 580 milioni di tonnellate di carbone. Più della metà dell’energia elettrica cinese sarà ancora fornita dal carbone.
Intanto, anche il Consiglio degli affari di Stato, il governo centrale cinese, ha pubblicato il suo Piano quinquennale per il risparmio energetico e la riduzione delle emissioni. Il Piano contiene 11 misure che includono la riduzione del consumo di carbone, la promozione del consumo di energia in settori chiave, l’intensificazione del controllo delle emissioni di inquinanti, lo sviluppo dell’economia circolare, l’aumento del sostegno tecnologico e finanziario e il rafforzamento della gestione.
L’agenzia ufficiale Xinhua spiega che «Secondo il Piano, entro il 2020 il consumo totale di energia in Cina raggiungerà l’equivalente di 5 miliardi di tonnellate di carbone, che rappresenta una riduzione del 15% di energia per unità di Pil. Il Pil della Cina ha progredito del 6,7% nel corso dei tre primi trimestri del 2016, sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo fissato dal governo- Però, il Paese si confronta con delle sfide, compreso il degrado ambientale».
Secondo il responsabile clima e della campagna energia di Greenpeace East Asia, Yuan Ying, «Questo piano presenta il quadro per portare avanti la transizione dal carbone e verso le energie rinnovabili. Però, per far diventare questo realtà, la Cina deve spingere per installare più eolico e solare e fare sul serio nell’affrontare l’enorme spreco di energia pulita, il che aiuterà anche a portare a una riduzione più veloce del consumo di carbone».
Nei primi tre trimestri del 2016 la Cina ha sperimentato in media una riduzione del 19% degli incentivi all’ energia eolica, con ben il 46% in meno nella provincia del Gansu. La Nea dice che nel primo trimestre del 2016, le province del Gansu e dello Xinjiang hanno visto tassi di decurtazione del solare rispettivamente del 39% e 52%. Il nuovo Piano quinquennale prevede che nelle province centrali e orientali l’energia solare cresca i del 56% e l’eolico del 58%, anche grazie ad una maggiore efficienza, portando la produzione di energia rinnovabile più vicina ai valori di mercato e che questo sarà un modo per affrontare il problema della decurtazione.
Il piano cinese 2015-2020 fissa un obiettivo annuale di crescita medio del 3,1% del consumo totale di energia, con un decremento di circa il 4,5% rispetto al periodo 2001-2015, ma che sarà l’incremento più veloce dal 2013. Il consumo di carbone della Cina è in calo dal 2013, con i nuovi dati che mostrano un calo del 1,6% nei primi 11 mesi del 2016.
Greenpeace East Asia conclude: «Lo sviluppo 13esimo piano quinquennale del settore energetico pone la Cina sulla strada giusta per la sua transizione energetica. Tuttavia, Greenpeace East Asia chiede una espansione più ambiziosa delle energie rinnovabili e di affrontare con maggiore durezza il problema della decurtazione che sta rallentando la vera transizione all’energia pulita».