Con i condizionatori più 42% sulla bolletta energetica, aumenta il rischio di povertà energetica

Studio su 8 Paesi scopre un’incidenza del raffrescamento sulle spese familiari superiore a quanto previsto in precedenza

[3 Giugno 2020]

Secondo lo studio “Air conditioning and electricity expenditure: The role of climate in temperate countries”, pubblicato su Economic Modeling da Teresa Randazzo Enrica De Cian e Malcolm Mistry del dipartimento di economia  dell’università Ca’ Foscari di Venezia e del Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc), «L’uso del condizionatore gonfia notevolmente le bollette elettriche delle famiglie, con importanti conseguenze sulla loro “povertà energetica”».

Studi precedenti realizzati negli Usa avevano stimato intorno all’11% l’incremento della spesa familiare per l’energia elettrica legata ai condizionatori ma, analizzando i dati socio-economici di famiglie residenti in altri paesi Ocse (Australia, Canada, Francia, Giappone, Olanda, Spagna, Svezia e Svizzera) e dati climatici della Nasa, gli autori italiani del nuovo studio hanno calcolato che «In media, l’uso del condizionatore porta a spendere fino al 42% in più per l’energia elettrica, rispetto a chi non ha il condizionatore».

Il team di ricercatori Ca’ Foscari Cmcc spiega che «Gli aumenti effettivi dipenderanno da quanti gradi centigradi in più le famiglie dovranno affrontare per via del cambiamento climatico. I consumi elettrici per raffrescamento saranno quindi un nuovo fattore destinato ad aumentare la povertà energetica legata all’elettricità, condizione in cui si trovano le famiglie che spendono più del 5% del loro reddito annuale in bollette elettriche».

Secondo il Buildings Performance Institute Europe, nel 2014 la povertà energetica toccava già il 10-15% delle famiglie europee. Il nuovo studio delinea invece una situazione ancor più preoccupante.

La De Cian, professoressa di Economia ambientale a Ca’ Foscari e responsabile del team di ricerca del progetto ERC Energya che ha svolto lo studio, evidenzia che «Il concetto di povertà energetica, già oggetto di attenzione in Europa, è di norma legato alla possibilità di assicurarsi un livello adeguato di riscaldamento durante i mesi più freddi. I nostri dati, tuttavia, suggeriscono di allargare il concetto includendo il ruolo sempre più determinante del raffrescamento estivo. I nuclei familiari più poveri spendono già di norma una porzione ampia del loro budget in beni essenziali, come il cibo e l’elettricità. Quest’ultima voce dovrà aumentare per proteggere i più vulnerabili dal rischio di mortalità o da altri gravi problemi di salute durante le ondate di calore».

L’utilizzo dell’aria condizionata comporta importanti conseguenze sia per la spesa energetica delle famiglie che dei Paesi, anche se permangono grandi differenze: negli Usa rappresenta l’11% del consumo energetico negli edifici mentre in Europa è solo l’1,2%.

La De Cian  ggiunge che «I dati che abbiamo analizzato rivelano che in Spagna il 18.5% delle famiglie spende più del 5% del proprio budget in elettricità. Queste percentuali sono generalmente più alte nei paesi freddi, arrivando al 24.2% in Svezia. In Francia e Svizzera troviamo numeri più bassi: 8% e 5% rispettivamente. L’Italia non è stata analizzata perché non compresa nel dataset Ocse considerato in questo studio, ma ci aspettiamo un andamento simile a Francia e Spagna, e lo stiamo verificando negli studi che stiamo svolgendo».

La Randazzo sottolinea che «L’elemento innovativo di questo lavoro è che la nostra analisi empirica permette di tenere conto di fattori di scelta che sono di norma difficili da osservare e misurare, come la percezione personale del comfort termico, l’avversione al rischio o la consapevolezza ambientale».

In effetti, lo studio evidenzia  come varie caratteristiche degli individui e dei nuclei familiari portino – o meno – all’adozione dell’aria condizionata nelle case. Ad esempio, la presenza di minori in casa induce ad adottare e ad usare di più i condizionatori, mentre le persone più istruite tendono a usare meno i condizionatori, «suggerendo – dicono al Cmcc – che sono più consapevoli dell’impatto dei loro consumi sull’ambiente. Allo stesso modo, le famiglie che sono più inclini al risparmio energetico tendono ad usare meno l’aria condizionata. Viceversa, le famiglie che posseggono numerosi elettrodomestici tendono ad usare di più i condizionatori».

Mistry, responsabile dei dati climatici per il progetto Energy-a, fa notare un altro aspetto dello studio: «Vivere in aree urbane aumenta la probabilità che si adotti un condizionatore di 9 punti percentuali, un contributo importante, se paragonato al ruolo del clima o del reddito familiare, probabilmente dovuto al fenomeno delle isole di calore urbane».

Per capire meglio le dinamiche che portano a utilizzare l’aria condizionata nei Paesi industrializzati e il suo impatto sul bilancio delle famiglie, anche alla luce dei cambiamenti climatici, i ricercatori di Energy-a hanno messo insieme le informazioni su 3.615 famiglie provenienti da dati Ocse raccolti nel 2011, con dati storici sul clima e  Mistry spiega ancora che «La nostra rielaborazione dei dati climatici NASA-GLDAS calcola i cosiddetti Cooling Degree Days per gli ultimi 49 anni, un indicatore comunemente usato in letteratura per catturare l’intensità e la durata dei periodi particolarmente caldi e i corrispondenti bisogni di raffreddamento».

Secondo gli ultimi dati dell’International energy agency a livello mondiale, dal 1990 al 2016, le vendite annuali dei condizionatori d’aria  sono più che triplicate, , spinte in gran parte dal settore residenziale,  raggiungendo 135 milioni unità. La Cina è in testa, con 41 milioni di condizionatori nelle case private, seguita da 16 milioni negli Usa e circa 9 milioni sia in Giappone che in Europa.

La De Cian. conclude: «Secondo il nostro studio, oltre al ruolo determinante del miglioramento del tenore di vita, i cambiamenti climatici aumenteranno i tassi di adozione dell’aria condizionata anche in Europa, con incrementi fino al 21% in Spagna e al 35% in Francia tra soli 20 anni».