Il G7 Energia paralizzato da Trump. Legambiente: la risposta non è il gas. Il Wwf apprezza la fermezza
M5S: «Governo fermo sul fossile e dimentica le rinnovabili». Realacci: «Gli Usa non possono fermare il mondo»
[11 Aprile 2017]
Il ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda era probabilmente deluso quasi quanto i volontari di Greenpeace, che ha incontrato dopo il blitz che avevano realizzato al G7 Energia di Roma, quando ieri ha chiuso con una conferenza stampa i lavori di un summit deludente nel quale gli Usa di Trump (probabilmente spalleggiato dal Giappone) ha imposto agli altri 5 Paesi (Italia, Gran Bretagna, Francia, Germania e Canada), la loro visione negazionista climatica e il nulla di fatto per le energie rinnovabili perché gli Stati Uniti stanno rivedendo le loro posizioni rispetto alla lotta ai cambiamenti climatici.
E’ vero che, come scrive la presidenza italiana del G7 energia in un comunicato che sostituisce la dichiarazione finale che «In mattinata le sessioni dedicate a sicurezza energetica, gas naturale, efficienza energetica e tecnologie come driver per la competitività» e che Il G7 Energia del 9 e 10 aprile, «ha portato avanti il percorso avviato a Roma nel 2014 e successivamente sviluppato nelle riunioni ministeriali tenutesi negli ultimi due anni, durante le quali la sicurezza energetica è stata analizzata in relazione alla sostenibilità e alla crescita economica globale». Ma è purtroppo pur vero che non si è potuti andare oltre l’elencazione dei principali temi in discussione: Sicurezza energetica; Gas naturale; Cybersicurezza; Ucraina; Reti elettriche e integrazione delle rinnovabili; Nuovi driver energetici; Le dinamiche dell’occupazione nella transizione energetica; Ricerca e innovazione; Transizione energetica; Efficienza energetica; Eliminazione progressiva dei sussidi inefficienti alle fonti fossili; Trasporti “low carbon” e carburanti alternativi» e che su molti di questi temi le differenze tra Usa, europei e canadesi sono sempre più grandi, anche se in molti sono rimasti sorpresi dalla dichiarazione di Calenda che «Nnon ci sono state frizioni» con l’amministrazione americana (e allora di cosa hanno parlato al G7 Energia?) praticamente smentite dalla dichiarazione del primo ministro italiano Paolo Gentiloni al vertice di Madrid dei Paesi dell’Europa del sud: Gentiloni: «L’Europa non accetta passi indietro sugli impegni assunti a Parigi nella lotta al cambio climatico», significa che gli americani, il Paese più potente e inquinante del mondo, quei passi indietro li hanno proposti.
In questo quadro, è equilibristica la dichiarazione del ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti: «E’ positivo che, di fronte ai dubbi degli Stati Uniti, l’Italia e l’Europa al G7 Energia non abbiano ceduto di un millimetro rispetto agli impegni presi a Parigi. Senza l’America, responsabile della maggior parte delle emissioni dei Paesi G7, non può esserci una politica efficace contro il surriscaldamento globale: ora misureremo a Taormina e poi al G7 Ambiente di giugno a Bologna la volontà dell’amministrazione Trump di essere protagonista di un impegno morale e insieme del cambiamento di modello economico nella direzione della sostenibilità ambientale».
Se erano delusi, i nostri ministri dello sviluppo economico e dell’ambiente lo hanno comunque nascosto bene, ma secondo Edoardo Zanchini, vice presidente di Legambiente, «Di fronte all’assenza di una dichiarazione congiunta in chiusura del G7 energia, stupisce che nelle sue dichiarazioni il ministro Calenda si soffermi unicamente su accordi in materia di gas, Gnl e gestione e ammodernamento della rete gas dell’Ucraina. La risposta al negazionismo di Trump non è il gas. “Dopo giorni in cui non si è fatto che parlare di TAP1 e di TAP2, un secondo gasdotto proveniente da Israele e Cipro, quella del gas pare un’autentica ossessione del ministro. Le sue dichiarazioni odierne preoccupano anche perché deve essere presentata tra pochi giorni la nostra nuova Strategia energetica nazionale, una strategia di cui l’Italia ha fortemente bisogno per sviluppare un nuovo modello energetico pulito fatto di rinnovabili ed efficienza energetica».
Il Wwf Italia vede il bicchiere mezzo pieno ed «esprime apprezzamento per l’atteggiamento assunto dalla Presidenza italiana del G7 Energia e dagli altri 5 paesi che, non potendo citare l’Accordo di Parigi e la decarbonizzazione nella dichiarazione finale, hanno mantenuto fermo il loro impegno per il clima, non sottoscrivendo un comunicato congiunto purchessia. Certo, la revisione delle politiche energetiche da parte dell’Amministrazione Usa rischia di rendere più difficili gli impegni comuni, ma l’atteggiamento degli altri sei Paesi del G7 e della Commissione UE conferma che i ministri dell’Energia comprendono bene che l’energia del futuro non può non tener conto del cambiamento climatico e della necessità di tagliare le emissioni di CO2 e degli altri gas serra, assumendoli come assi portanti».
Il Wwf ricorda che «Il G7 non è una sede multilaterale di decisione e quindi investe l’autorevolezza di governi nel condividere le indicazioni sulle prospettive: per questa ragione accettare un compromesso al ribasso avrebbe avuto implicazioni molto pesanti nel percorso per affrontare l’emergenza climatica. Lascia ben sperare il fatto che, dopo che l’amministrazione Trump ha firmato ordini esecutivi per ritirare la regolamentazione in materia di gas serra, ben 17 Stati USA (guidati da quello di New York) hanno formato una coalizione per ribadire l’obbligo di applicare la legislazione per far fronte al cambiamento climatico. Il Wwf si augura che ben presto tutti i Paesi riconoscano la gravità della minaccia climatica e le opportunità offerte dall’energia e dall’economia a carbonio zero».
Non nasconde invece la sua delusione il presidente della Commissione ambiente della Camera Errmete Realacci (PD): « Anche se dalla Cina arrivano segnali positivi non è una buona notizia la mancanza di una dichiarazione comune dal G7 sull’energia. Il governo degli Stati Uniti sta cambiando direzione di marcia nel contrasto ai mutamenti climatici, ma la dichiarata spinta su carbone e petrolio non può frenare il mondo, né tantomeno l’Europa. L’impegno per il clima non è solo un dovere verso l’ambiente e le nuove generazioni, ma anche una importante opportunità di crescita e sviluppo sostenibile, basato su energie rinnovabili, innovazione, greeneconomy. Ora l’Europa deve accelerare e mantenere la leadership che l’ha vista, da Kyoto a Parigi, protagonista della principale sfida del futuro».
Il Movimento 5 Stelle non ha dubbi: «Energia decentrata e autoprodotta: è questo il futuro energetico che ci aspetta in un mondo sempre più complesso e messo a rischio dallo sfruttamento delle risorse naturali. Uso delle fonti rinnovabili, risparmio di energia attraverso l’efficienza energetica e uso razionale di quell’energia. Ma non è di questo che il nostro governo ha parlato al G7 dell’Energia che si è tenuto a Roma il 9 e il 10 aprile, e il presidente di turno del G7 Energia, il ministro Calenda, continua invece a insistere sulla necessità per l’Italia di proseguire con il gasdotto TAP. Nei piani per il nostro paese c’è molto gas e poche fonti rinnovabili. E questo nonostante in un quadro di decarbonizzazione dell’economia in linea con i principi del vertice di Parigi sul clima, la domanda di combustibili fossili dell’Unione europea continuerà a scendere».
Scondo i pentastellati, «All’Italia manca una vera Strategia energetica nazionale (Sen). Quella presentata dal governo non è chiara e si presenta inadeguata per far fronte agli obblighi internazionali ed europei. E anziché aprire una seria discussione parlamentare, che coinvolga anche le Regioni, su come affrontare quegli obiettivi, il governo italiano gioca a scrivere una strategia energetica (Sen) e una climatica (Sec) senza alcun valore di legge. Addirittura si pone in netto contrasto con il “Clean Energy for all Europeans” proposto dalla Commissione Europea per puntare verso una vera transizione energetica. Manca anche una cabina di regia in grado di far funzionare l’intera macchina, senza disperdere risorse e competenze in azioni del tutto scoordinate».
I 5 stelle espongono poi nuovamente la loro opinione sul gasdotto Tap: «I maggiori studi internazionali sull’energia, a partire da quello redatto dall’Oxford Institute for Energy Studies, ci dicono ad esempio che la costruzione del TAP che parte dall’Azerbajian e arriva in Puglia, a Melendugno, è pressoché inutile, se non addirittura dannosa per l’economia e l’ambiente. Ci sono almeno tre fattori per cui non conviene investire così tanto sulle infrastrutture legate all’estrazione del gas: 1. Lo sviluppo dell’efficienza energetica, l’aumento delle fonti rinnovabili in Europa e la crisi economica che ha fatto calare la produzione; 2. non c’è bisogno di aumentare le importazioni perché i consumi scendono più velocemente del calo delle estrazioni; 3. l’Europa è preparata ad ogni evenienza anche se la Russia di Gazprom dovesse decidere di chiudere i rubinetti del gas verso il nostro continente. Ecco perché non c’è bisogno di altre infrastrutture gasiere. Mentre invece avremmo bisogno di regolamenti per facilitare lo sviluppo delle fonti rinnovabili e di leggi per orientare il nostro sistema energetico verso modalità efficienti e di risparmio».