Azione legale avviata dalle campagne di disinvestimento a Yale, MIT, Princeton, Stanford e Vanderbilt

Gli studenti delle università Usa fanno causa agli investimenti nei combustibili fossili

Il mancato disinvestimento viola l'Uniform Prudent Management of Institutional Funds Act

[17 Febbraio 2022]

Da anni, gli studenti universitari statunitensi sostengono che gli investimenti nei combustibili fossili delle loro università sono immorali. Ora, dicono che questi investimenti sono anche illegali e, il 16 febbraio, gli studenti che partecipano alle campagne per il disinvestimento dai combustibili fossili delle università di Yale, Massachusetts Institute of Technology (MIT), Princeton, Stanford e Vanderbilt hanno presentato denunce legali ai procuratori generali di Connecticut, Massachusetts, New Jersey, California e Tennessee chiedendo loro di «Indagare sui continui investimenti nel settore dei combustibili fossili da parte degli amministratori scolastici».

Frustrati dalla promesse non mantenute e dall’insufficiente azione delle loro università di fronte alla crisi climatica, le campagne di disinvestimento degli studenti hanno preparato le denunce con l’assistenza degli avvocati del Climate Defense Project (CDP) e ha raccoltole firme di eminenti professori, membri della comunità, scienziati climatici, politici, organizzazioni studentesche, ex alunni e organizzazioni ambientaliste che sostengono la causa legale. Le campagne per il disinvestimento hanno raccolto nei loro campus oltre 10.000 firme su petizioni e risoluzioni.

Anna Liebowitz della Princeton University, spiega che «Di fronte alla natura travolgente della crisi climatica, cerchiamo di utilizzare le leve del potere e del cambiamento alle quali abbiamo accesso. Le nostre università sono tra le istituzioni di istruzione superiore più ricche e prestigiose del mondo e i loro investimenti nell’industria dei combustibili fossili, un’industria le cui azioni mettono a rischio la salute e il futuro degli studenti e dell’intero pianeta, non sono altro che complicità nella crisi climatica. Pertanto, le nostre campagne si stanno unendo e chiedono collettivamente la fine degli investimenti in combustibili fossili nell’istruzione superiore e nel mondo in generale».

Secondo le campagne per il disinvestimento degli studenti universitari statunitensi, «I continui investimenti delle università nell’industria dei combustibili fossili violano l’Uniform Prudent Management of Institutional Funds Act (UPMIFA) che afferma che le università devono investire tenendo in considerazione dei loro “scopi di beneficenza”, un dovere che distingue le istituzioni senza scopo di lucro dagli altri investitori». Sostengono anche  che «Ill degrado del clima causato dall’industria dei combustibili fossili, e il conseguente danno alla salute ecologica e umana insieme a un massiccio danno all’equità ambientale e sociale, è in palese conflitto con i loro scopi educativi e le loro singole missioni. La legge può essere un potente alleato nella lotta al cambiamento climatico, ma solo se le persone sono ritenute responsabili per non averla davvero attuata. In cambio del loro status di esenzione fiscale, le università hanno il dovere di promuovere l’interesse pubblico».

Inoltre, le campagne studentesche evidenziano sentano i rischi finanziari legati agli investimenti nei  combustibili fossili, facendo notare che «La sottoperformance e la volatilità del petrolio e del gas rispetto ad altri settori negli ultimi 10 anni è una violazione del dovere di diligenza previsto da UPMIFA. Di fronte agli obblighi fiduciari e al futuro a lungo termine di queste università, investire in un tale settore è negligente e illegale».

Avery Long dei Yale  denuncia anche potenziali conflitti di interesse tra i membri dei consigli di amministrazione universitari e l’industria dei combustibili fossili: «In tutte le nostre cinque scuole, i nostri cancellieri, membri del consiglio, amministratori fiduciari, docenti e donatori sono legati finanziariamente all’industria dei combustibili fossili. E’ inaccettabile che i nostri decisori stiano attivamente approfittando della distruzione del clima».

Le campagne universitarie studentesche  sostengono che oltre ad essere immorali, questi conflitti sono anche illegali secondo l’UPMIFA e Miguel Moravec, dottorando in ingegneria civile e ambientale alla Vanderbilt, ha spiegato: «Con la presentazione di queste denunce, gli studenti e gli ex alunni di queste istituzioni chiariscono che le nostre università non hanno solo una responsabilità morale, ma un imperativo legale di tagliare i legami finanziari con l’industria dei combustibili fossili e le sue pratiche di sfruttamento. Chiediamo ai nostri procuratori generali di costringere le nostre scuole a fare la cosa giusta e a disinvestire».

La denuncia depositata ieri fa parte di una crescente tendenza legale a ritenere responsabili i finanziatori dei combustibili fossili. Recentemente, studenti di diverse università, tra le quali Harvard, Cornell,  Johns Hopkins University,  Boston College , la Marquette e New Mexico hanno presentato analoghe denunce legali per la violazione dell’UPMIFA. Poco dopo che le campagne di disinvestimento di Cornell e Harvard hanno presentato denunce, le loro amministrazioni hanno annunciato il disinvestimento dai combustibili fossili. Dopo il disinvestimento di Harvard, altre scuole e istituzioni della regione, tra cui la Boston University, si sono impegnate a disinvestire dai combustibili fossili. In passato, dopo le proteste degli studenti, le università di Yale, MIT, Princeton, Stanford e Vanderbilt hanno rinunciato a tentativi di finanziare attività moralmente compromettenti, compresi gli investimenti in industrie che fabbricano armi d’assalto (Yale) e i finanziamenti alle imprese sudafricane che sostenevano l’apartheid (Princeton).

Le dotazioni delle 5 università scese in campo rappresentano collettivamente oltre 155 miliardi di dollari di asset in gestione. «Tuttavia – ha spiegato Ellie Rabenold del MIT  – Nell’ultimo decennio, 1.485 istituzioni si sono impegnate pubblicamente in almeno una qualche forma di disinvestimento dai combustibili fossili, rappresentando un patrimonio gestito senza precedenti di 39,2 trilioni di dollari. Le nostre istituzioni di pari livello hanno fatto questo passo ed è tempo che le nostre università si uniscano a loro».

L’avvocato del CDP Ted Hamilton conclude: «Gli standard legali che guidano la condotta fiduciaria sono in realtà abbastanza chiari, ma non sono stati applicati. Ci auguriamo che i procuratori generali accolgano queste prove e ritengano responsabili i gestori delle dotazioni quando traggono profitto da attività commerciali immorali».