Goletta Verde: la Puglia deve essere un hub delle rinnovabili e non più delle fossili

In Puglia 19 progetti di eolico offshore in attesa di valutazione, non possiamo aspettare 14 anni come per Taranto

[25 Luglio 2023]

Arrivata a Brindisi, F Goletta Verde ha organizzato l’incontro “Il Futuro è rinnovabile”  e ha denunciato che «La Regione Puglia è legata a doppio filo alle fonti fossili, che sono la principale fonte energetica sia per il fabbisogno della regione, sia per l’esportazione nel resto del Paese. Le politiche energetiche messe in campo da questo Governo candidano l’Italia a diventare l’hub del gas per tutta l’Europa, e in quest’ottica la Puglia rischia di avere un ruolo ancora più centrale, mettendo a rischio investimenti sullo sviluppo delle fonti rinnovabili, reti, accumuli e politiche di efficienza. Guardando solo alla parte elettrica, infatti, nel 2021, a fronte di una produzione complessiva di 34.398 GWh, in Puglia il 68,5% viene da fonti fossili, pari a 23.547 GWh, con un ruolo predominate del gas fossile in grado di produrre 14.631,6 GWh pari al 48% dell’energia elettrica prodotta, seguito dal carbone con 3.977,3 GWh».

Obiettivo dell’incontro era quello di  ricordare che «La strada da percorrere in Puglia è un’altra: occorre puntare sulle fonti rinnovabili, passando oltre le fossili, per assicurare un futuro di energia pulita. Un futuro sostenibile che, attraverso la rivoluzione energetica, diventerebbe per la Puglia un’occasione di innovazione e sviluppo del territorio. Ad oggi è la Regione con il numero più alto di impianti da fonti rinnovabili in attesa di valutazione, ben 462. Di questi 19 sono progetti di eolico offshore in attesa di valutazione».

Al contrario, in Puglia la dipendenza dal gas e dalle fossili è destinata a diventare sempre più forte: «Se guardiamo ai progetti presentati al MASE dice il Cigno Verde – sono infatti 5 le centrali che potrebbero vedere opere di ammodernamento nei prossimi mesi ed anni: la conversione da carbone a gas a Brindisi della Centrale Termoelettrica gestita da A2A; la Centrale di Molfetta con una conversione da oli combustibili a gas; e quella della Centrale a biomasse di Monopoli e, infine, due progetti di revamping sulla centrale EN Plus di San Severo. A questi 5 progetti in attesa di valutazione si aggiunge la Centrale Termoelettrica a Carbone ENEL Federico II di Brindisi, approvata ad inizio 2023 e che, nonostante Terna abbia dichiarato la non necessità ad oggi è in attesa di sapere se verrà riconvertita da carbone a gas con una potenza da 1.680 MW. La realizzazione di questi cinque progetti porterebbe ad un’installazione di 2 GW di nuova potenza a gas fossile».

Numeri ai quali i aggiungono i massicci investimenti e le mega infrastrutture legate al trasporto del gas fossile: «Da un lato è tornato in auge di recente il progetto di Deposito di GNL nel porto di Brindisi, dall’altro ci sono i gasdotti con un progetto che mira al raddoppio del TAP (Il Gasdotto Trans-Adriatico), che già nel 2022 ha lavorato a pieno regime importando più di 10 miliardi di metri cubi di gas dall’ Azerbaijan – ricorda Legambiente – . Parte di questo gasdotto è già stato raddoppiato e ora si sta vagliando l’ipotesi di aumentare la capacità del tratto finale portandola da 10 a 20 miliardi di metri cubi di gas l’anno. Questo rischia di condannare definitivamente l’Italia all’utilizzo di gas fossile per i prossimi 30-40 anni. L’enorme flusso di gas che attraverserebbe la Puglia, pari circa a 1/3 del gas consumato nel 2022 in Italia, dovrebbe essere poi trasportato verso Nord, passando anche attraverso la Dorsale Adriatica: una mega infrastruttura già approvata ma mai realizzata, che collegherebbe la Puglia con l’Emilia-Romagna. Senza dimenticare l’EastMed, il progetto di gasdotto, abbandonato oltre 10 anni fa, che dovrebbe collegare Israele, Cipro e l’Italia e porterebbe a far transitare per la Puglia una quantità di gas pari alla metà di quello consumato a livello nazionale».

A chiudere il quadro, seppur con livelli contenuti rispetto alla produzione nazionale, è l’estrazione e la ricerca di idrocarburi onshore: «Nel foggiano e sul confine con la Basilicata dove viene estratto circa l’1,5% del gas prodotto a livello nazionale, e a largo delle coste del Mar Adriatico dove si trovano una concessione di coltivazione di idrocarburi, due permessi di ricerca e su cui sono state presentate quattro istanze per permessi di ricerca di idrocarburi. Istanze che, se approvate, aumenterebbero la superficie di ricerca di circa 2.000 kmq. Infine, più a sud a largo del Mar Ionio, altri due permessi di ricerca portano la superficie totale legata alla ricerca ed estrazione di idrocarburi in Puglia su terra e su mare a circa 3.500 kmq», sottolineano gli ambientalisti.

Secondo Daniela Salzedo, direttrice Legambiente Puglia, «Per contrastare il ruolo predominate del gas fossile è necessario che la Puglia continui a giocare un ruolo da protagonista nella realizzazione degli impianti  Nella nostra regione le rinnovabili nel 2022 hanno coperto solo il 31,5% della domanda di energia elettrica, comprese le esportazioni verso le altre Regioni. Sono almeno 158 i Comuni, pari al 61,5% del totale, che possiamo definire 100% rinnovabili elettrici, ma siamo la Regione con il numero più alto di impianti da fonti rinnovabili in attesa di valutazione, ben 462. Dobbiamo sfruttare l’opportunità che le rinnovabili e l’eolico offshore ci danno per investire in innovazione e sviluppo del nostro territorio».

Legambiente fa però notare che «Non tutti i progetti verranno realizzati, in molti casi per sovrapposizione di area geografica, ma ciò non toglie che questa tecnologia rappresenti un pezzo di futuro energetico per la Puglia, in grado di portare oltre che sviluppo anche posti di lavoro. Il numero elevato delle proposte per impianti di eolico offshore racconta un fermento delle imprese, che se ben guidate, potrebbero facilmente traghettare il nostro Paese verso obiettivi molto più ambiziosi di quelli raccontati nella bozza del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima che gira da giorni».

Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente, ha concluso: «Il caso emblematico dell’eolico offshore di Taranto deve essere un punto di svolta per lo sviluppo delle rinnovabili in Italia, sperando che i progetti oggi in attesa di valutazione non debbano attendere 14 anni per essere approvati –  Per arrivare a spegnere, entro il 2035, le centrali termoelettriche di Brindisi, Candela, Modugno e Taranto che contribuiscono a produrre quasi il 70% di elettricità da fonti fossili in Puglia. Sono almeno 19 sono i progetti di impianti eolici offshore in attesa di approvazione, che potrebbero generare una potenza complessiva di 14,7 GW, di questi 5 sono galleggianti, la tecnologia oggi più promettente che permette installazioni a maggiore profondità. A livello ministeriale occorre avere una cabina di regia per guidare le imprese nell’individuazione delle aree idonee alla progettazione di parchi eolici offshore, a livello territoriale bisogna accompagnare le istituzioni, le imprese e la cittadinanza in un percorso partecipato che possa aiutarli ad acquisire maggiore consapevolezza e conoscenza delle potenzialità di questa tecnologia in questo territorio».