I “pannelli di metano” di Salvini e la distanza siderale dal Green new deal
Dopo le dichiarazioni negazioniste sulla crisi climatica la destra populista non manca occasione per dimostrare la propria lontananza da una prospettiva di sviluppo sostenibile
[23 Giugno 2020]
Direttamente dal cantiere del nuovo ponte di Genova, armato di gilet giallo ed elmetto in testa – niente felpe per l’occasione –, il leader della Lega Matteo Salvini è pronto a decantare le lodi della nuova infrastruttura esempio di «orgoglio italiano» per finire però a parlare di inesistenti “pannelli di metano”.
Il «Modello Genova, burocrazia zero ed ecco il nuovo ponte. Velocità, trasparenza e anche sostenibilità ambientale», sciorina l’ex ministro: secondo lui il ponte «si autoalimenterà grazie a pannelli di metano». Tralasciando l’impatto ambientale inevitabilmente ampio di un’infrastruttura autostradale, per realizzare la quale sono stati impiegati 67mila metri cubi di calcestruzzo e 26mila tonnellate d’acciaio, Salvini si riferiva con tutta probabilità ai pannelli fotovoltaici che «produrranno l’energia necessaria per il funzionamento suoi sistemi (illuminazione, sensoristica, impianti) sia di notte che durante il giorno», come documenta il sito del progetto. Da qui la commistione che a portato ai “pannelli di metano” citati nel video auto-postato dal leader della Lega sulla propria pagina Facebook.
Il tutto potrebbe essere bollato come un’innocua gaffe, non fosse per la pervicacia con cui Salvini – alla guida di quello che secondo i sondaggi, nonostante il rovinoso calo di gradimento degli ultimi mesi, resta il primo partito in Italia – in ogni occasione dimostra la propria distanza dalla riconversione ecologica necessaria al Paese.
Di questi tempi, appena un anno fa, Salvini inanellava una dichiarazione negazionista dopo l’altra sulla crisi climatica; appena due mesi fa, invece, la sua proposta per far ripartire l’Italia dopo la pandemia Covid-19 aveva un pilastro nel condono edilizio.
Adesso lo scivolone sugli inesistenti “pannelli di metano” che allontana per l’ennesima volta la destra populista italiana da quello sviluppo sostenibile di cui non “solo” l’ambiente avrebbe bisogno, ma l’intero Paese: con il Green new deal proposto dalla Commissione Ue a guida Ursula von der Leyen – un’esponente della democristiana Cdu, non quel che si dice una comunista – in gioco c’è un piano di investimenti europeo da 1000 miliardi di euro in 10 anni, lo stesso che anche il partito di Giorgia Meloni ha chiesto ufficialmente alla Commissione europea di «rinviare fino al termine della crisi». Peccato che, senza sviluppo sostenibile, la crisi non finirà mai.