Idrocarburi e Russia: la beffa algerina e nordafricana

Per non comprare il gas dalla Russia che ha invaso l’Ucraina, lo compriamo dall’Algeria che coopera militarmente con la Russia e da Paesi che comprano e ci rivendono il diesel di Mosca

[28 Febbraio 2023]

La recente visita della nostra primo ministro Giorgia Meloni in Algeria – dove ha firmato lucrosi accordi gasieri già stipulati da Eni e dal governo Draghi – è stata giustificata e pubblicizzata con la necessità di affrancarsi definitivamente dalla schiavitù dal gas e dal diesel russo di Vladimir Putin che ha invaso l’Ucraina e per isolarlo strategicamente dai suoi alleati.

La manovra sembra riuscita per l’acquisto ma non certo per le alleanze geopolitiche e militari. Se i mercenari russi della Wagner sono ancora ben presenti in Libia e sempre più ferocemente attivi nel Sahel, il 26 febbraio la televisione di Stato algerina ha annunciato che «Il tenente generale Said Chengriha, Capo di Stato maggiore dell’Esercito dell’Algeria ha discusso della cooperazione militare e dei modi per rafforzarla con il segretario del Consiglio di Sicurezza della Federazione della Russia, Nikolai Patrushev. Chengriha ha ricevuto l’esponente russo in visita in Algeria a capo di un’importante delegazione» e che algerini e russi «Si sono scambiati analisi e punti di vista su temi di comune interesse».

Come se non bastasse, il capo dell’esercito algerino ha sottolineato che «Questa visita testimonia la ferma ed esplicita volontà dei nostri due Paesi di rafforzare il partenariato strategico e storico che caratterizza le nostre relazioni bilaterali, in particolare nel campo della cooperazione militare. Credo che lo sforzo per contribuire all’instaurazione della pace e dello sviluppo sostenibile, a cui l’Algeria e la Federazione Russa sono associate, nel rispetto della sovranità degli Stati, sia pienamente compatibile con i principi consolidati e storici sulla base dei quali si sono sviluppati stretti rapporti di cooperazione bilaterale, a loro volta basati sulla fiducia reciproca e sui comuni interessi dei due Paesi»,

Da parte sua, Patrushev ha sottolineato «La profondità delle relazioni storiche che uniscono Algeria e Russia», elogiando «Il ruolo centrale dell’Algeria e i suoi grandi sforzi per portare pace e stabilità nella regione». Sorvolando evidentemente sul fatto che l’Algeria ha rotto le relazioni diplomatiche con il confinante Marocco, che il governo in carica è stato eletto dal 10% degli elettori mentre il 90% è rimasto a casa pur di non votare in elezioni truccate e per eleggere esponenti di un governo che ritiene corrotto e che, per esempio, oggi in Algeria i sindacati indipendenti scioperano per la libertà di stampa che verrebbe ulteriormente diminuita da una nuova legge del governo. Ma se su queste cose sorvolano le democrazie occidentali  («Siamo in luna di miele con l’Italia», ha detto il governo algerino) possono farlo ancora con minore imbarazzo i russi.

Il giornale algerino El Watan  fa notare che «La visita dell’esponente russo arriva pochi giorni dopo che la presidenza algerina aveva annunciato un’attesa visita del presidente Abdelmadjid Tebboune in Russia il prossimo maggio. L’Algeria, secondo gli osservatori, è uno dei più importanti alleati militari di Mosca nel continente africano, nonché uno dei maggiori clienti di armi russe nella regione».

Ecco, l’Italia ed ENI hanno stretto ancora di più un’alleanza fossile con un Paese non solo notoriamente amico, ma anche alleato militare della Russia, spacciandola per un’alleanza per isolare la Russia. D’altronde da chi dice che il petrolio e il gas Algerini servono alla nostra sovranità energetica – e invece abbiamo cambiato (parzialmente) solo spacciatore di idrocarburi – ci si possono solo aspettare questo ed altri artifici propagandistici che prendono a ceffoni il buonsenso e la realtà e la geopolitica.

E che qualcosa non funzioni nella narrazione fossile sulle importazioni energetiche dall’Africa lo fa capire anche l’insospettabile Wall Street Journal (WSJ) che, citando analisti commerciali, ha rivelato che «Mentre le esportazioni petrolchimiche dalla regione hanno registrato un aumento significativo, le nazioni nordafricane hanno aumentato drasticamente le importazioni di diesel russo e altri prodotti petroliferi raffinati».

Insomma, secondo il WSJ, gli esperti del settore sono preoccupati perché il diesel e gli altri prodotti petrolchimici russi sanzionati in Occidente vengono importati a basso costo dai Paesi arabi nordafricani e poi, mescolati con altri prodotti, ci vengono rivenduti a prezzi più alti. Come scrive irridente la televisione putiniana RT, «La procedura nasconde efficacemente l’origine ultima dei prodotti, minando gli sforzi degli  stati occidentali per estromettere i combustibili fossili russi dalle loro economie».

E tra gli insospettabili amkici dei russi spunta il Paese che in questi giorni è – insieme al Qatar – al disonore delle cronache per la corruzione degli europarlamentari:  secondo gli analisti della società di dati sul mercato delle materie prime Kpler, «Le importazioni di diesel russo dal Marocco sono salite a 2 milioni di barili a gennaio rispetto ai circa 600.000 barili registrati durante l’intero 2021 e altri 1,2 milioni di barili saranno spediti nel Paese questo mese».

Ma non basta  «La Tunisia ha incrementato gli acquisti di gasolio russo, gasolio, benzina e nafta, tradizionalmente utilizzati per produrre prodotti chimici e plastica, a 2,8 milioni di barili a gennaio e si prevede che importerà altri 3,1 milioni di barili a febbraio». E Kpler ha anche registrato «Un aumento delle importazioni da Algeria, Egitto e Libia».

Viktor Katona, analista petrolifero senior di Kpler, fa notare in un’intervista al Wall Street Journal che «I volumi assorbiti dai Paesi nordafricani sono troppo perche li possano gestire loro. Alcuni dei prodotti russi raggiungeranno l’Europa. Fidatevi di me, non stiamo assistendo a un rinascimento nella raffinazione del Maghreb».

I porti nordafricani sono considerati convenienti per le navi russa cariche di prodotti petrolchimici che salpano dal Mar Baltico perché le rotte non sono molto più lunghi dei viaggi pre-sanzioni verso i porti europei. Questo consente alla Russia di mantenere bassi i costi di spedizione e impedisce alla sua flotta limitata di petroliere di rimanere bloccata in lunghi viaggi verso l’Asia o altrove.

Il WSJ cita Andreas Economou, capo della ricerca petrolifera all’Oxford Institute for Energy Studies: « Se volessimo reagolamentarlo, come potremmo farlo? Se un carico proviene per il 51% dal Marocco e per il 49% dalla Russia, come fai a scoprirlo?»

Jorge Leon, vicepresidente senior di Rystad Energy, conferma che le importazioni in crescita di gasolio russo in nord Africa hanno sostituito in parte  quelle dei tradizionali fornitori della regione:  Medio Oriente e Nord America, «Suggerendo che parte dell’attività sia solo una caccia al business».

Ma è chiaro che la Russia sta utilizzando il ventre molle nordafricano per beffare governi come il nostro che vogliono farci credere di comprare gas, petrolio e derivati da Paesi che sono nostri fedeli alleati e che invece vanno più che volentieri a letto con “il nemico”

Non a caso, la scorsa settimana David O’Sullivan, incaricato Ue per le sanzioni alla Russia, aveva detto al Financial Times che l’Ue e i suoi alleati avevano iniziato a indagare su un aumento delle esportazioni verso i Paesi confinanti con la Russia perché sospèettavano che i prodotti sanzionati entrassero in Russia dalla porta di servizio.

L’Ue è ormai alla decima tornata di sanzioni anti-russe dall’inizio della guerra in Ucraina, ma il Cremlino continua a ripetere che le sanzioni sono illegittime e inefficaci e che le restrizioni causano maggiori danni a chi le ha varate, facendo notare che finora nessun Paese ha mai cambiato politica a causa della pressione delle sanzioni.

E a cambiare la politiche del doppio forno e dell’alleanza con la Russia non saranno certo l’Algeria e gli altri governi dittatoriali e autoritari dei Paesi arabi, che si trovano nella “felice” situazione di essere considerati alleati indispensabili per “l’indipendenza” energetica europea e che ricevono patenti di affidabilità dagli stessi Paesi che fanno finta di non vedere i loro traffici, i loro trucchi e la loro rinnovata alleanza di business e militare con la Russia di Vladimir Putin.