Il Parlamento europeo contro l’oleodotto dell’Africa orientale: le banche abbandonino il progetto (VIDEO)

Uganda: è colonialismo e imperialismo contro di noi

[20 Settembre 2022]

Il 15 settembre il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che condanna la costruzione dell’East African Crude Oil Pipeline (EACOP), un progetto di un grande oleodotto sostenuto dal gigante petrolifero francese Total e dalla China National Offshore Oil Corporation  (CNOOC) che trasporterebbe per 1.443  Km (la distanza tra Parigi e Roma) il petrolio greggio, riscaldato a 50° C, da Kabaale, nel distretto ugandese di Hoima, fino alla penisola di Chongoleani, vicino al porto di Tanga, in Tanzania, da dove il greggio estratto dal fondale del Lago Alberto e da 132 pozzi nel  Murchison Falls National Park verrebbe spedito all’estero per essere raffinato.

La risoluzione rappresenta un colpo durissimo per un progetto già duramente criticato dagli ambientalisti africani e dalle comunità locali e che numerose banche e assicuratori si sono rifiutati di finanziare.

Il Parlamento europeo ha chiesto che  «Le autorità ugandesi e tanzaniane, così come i promotori del progetto e gli stakeholders, proteggano l’ambiente e pongano fine alle attività estrattive negli ecosistemi protetti e sensibili, comprese le rive del Lago Alberto».

Inoltre, la risoluzione chiede a TotalEnergies di far passare un anno prima di avviare il progetto «Per studiare la fattibilità di un percorso alternativo».

Ma il vicepresidente del Parlamento dell’Uganda, Thomas Tayebwa, ha duramente criticato il Parlamento europeo per «Aver ficcato il naso nello sviluppo del settore petrolifero e del gas in Uganda e Tanzania» e ha bollato di «Razzismo economico» la richiesta di bloccare la costruzione dell’EACOP: «L’idea alla base della risoluzione è un atto di neocolonialismo da parte degli europei che pensano di poter controllare gli affari economici dei Paesi africani indipendenti».

Ma l’oleodotto e le infrastrutture che lo alimentano siano realizzati, sfruttati e gestiti da una multinazionale francese e da una cinese non sembrano però appartenere a quel neocolonialismo che tanto disprezza Tayebwa: «La risoluzione si basa sulla disinformazione e sulla deliberata rappresentazione ingannevole di fatti chiave sulla protezione dell’ambiente e dei diritti umani. Rappresenta il più alto livello di neocolonialismo e imperialismo contro la sovranità dell’Uganda e della Tanzania. Come molti paesi africani, l’Uganda è un Paese in via di sviluppo e uno Stato sovrano che ha le sue esigenze e priorità di sviluppo uniche. Invito pertanto il Parlamento dell’Unione europea a ritirare la proposta di risoluzione che va contro la Carta dell’Onu che prevede il diritto dell’Uganda all’autodeterminazione e alla sovranità sulle sue risorse naturali».

Gli ambientalisti di Tanzania e Uganda dicono che «Il previsto oleodotto dell’Africa orientale (EACOP) e la raffineria di Kabaale, insieme allo sviluppo associato di giacimenti petroliferi sulle rive del lago Albert, avranno un impatto su oltre 120.000 persone in Uganda e Tanzania, distruggeranno la biodiversità essenziale e le zone umide e contribuiranno in modo significativo alla crisi climatica globale». Il petrolio pompato attraverso l’oleodotto produrrebbe anche 34 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno, più delle emissioni totali di Uganda e Tanzania messe insieme.  Total Energies EP sta sviluppando giacimenti petroliferi nei distretti ugandesi di Nwoya e Bulisa, mentre Total Holdings International BV detiene il 62% delle azioni della holding EACOP.

20 banche e 13 compagnie assicurative, tra cui Allianz Group, Swiss Re, HSBC e BNP Paribas, hanno dichiarato che non sosterranno il l’oleodotto. Ma molti altre – tra cui Santander, BBVA, Bank of America e Goldman Sachs – non si sono ancora espresse e sembrano possibiliste. Sebastian Bock, team lead di 350.org Deutschland, conferma: «Deutsche Bank sostiene ancora con milioni il colosso petrolifero francese Total. Questa risoluzione del Parlamento europeo dimostra ancora una volta perché la banca deve ritirarsi completamente dal finanziamento Total: deve inviare un segnale contro questo progetto distruttivo e dimostrare che la banca prende finalmente sul serio la protezione del clima, soprattutto dopo lo scandalo del greenwashing che circonda la sua controllata di investimento DWS».

Per Clémence Dubois, team lead di 350.org France, «Questo è un importante passo avanti nella lotta contro EACOP. La pressione cresce ogni giorno contro Total e questo progetto a tutti i livelli della società e in tutto il mondo. Non ci fermeremo finché il progetto non sarà interrotto. Nessuna banca o finanziatore che attualmente finanzia Total può ignorare la propria responsabilità e dovrebbero anche essere preparate a far fronte a pressioni crescenti, fino a quando non smetteranno di finanziare bombe climatiche come questa in tutto il mondo».

Secondo Juliette Renaud, di Friends of the Earth/Les Amis de la Terre France, «Questa risoluzione del parlamento Ue lancia un forte segnale politico contro i progetti Tilenga ed EACOP, i cui costi umani, ambientali e climatici sono innegabili e semplicemente inaccettabili. La risoluzione, tra l’altro, condanna in modo inequivocabile le minacce e le persecuzioni di chi si oppone al progetto: occorre ora adottare misure efficaci per proteggerli. Total non può continuare a sviluppare i suoi progetti a tutti i costi, nascondendosi dietro dichiarazioni di greenwashing sul suo impegno per la libertà di espressione o per la biodiversità. I progetti devono essere prontamente abbandonati e un risarcimento efficace deve essere fornito alle comunità colpite».

Tayebwa  si è scagliato contro «Gli attivisti ambientali bianchi. Chiedano prima ai loro Paesi occidentali di interrompere i propri progetti di produzione di petrolio prima di dare indicazioni su ciò che sta accadendo in Uganda». Il vicepresidente del Parlamento dell’Uganda non sa evidentemente che lo stanno facendo da anni…

Non contento, Tayebwa ha affermato che «La mozione del Parlamento europeo intende limitare lo sviluppo delll’industria petrolifera e del gas in Uganda, negando così agli ugandesi e all’intera regione dell’Africa orientale i benefici e le opportunità derivanti dall’estrazione del petrolio. Diversi Stati membri dell’Ue continuano a esplorare, sviluppare e hanno aumentato la produzione e l’uso di combustibili fossili negli ultimi mesi. Ci sono oltre 9.000 licenze di produzione di petrolio e gas negli Stati Uniti, compresi i piani per perforare in Alaska e nel mare Artico. 53 licenze sono state recentemente rilasciate nel Mare del Nord e la Germania ha rilanciato le sue centrali a carbone. MI chiedo se la sicurezza energetica sia solo una prerogativa dei Paesi occidentali in modo che il Parlamento dell’Ue possa prevalere sulla ricerca dell’Uganda di sfruttare il suo petrolio e il suo gas».

Ma Tayebwa ha anche respinto l’accusa che le comunità locali non siano state risarcite: «Oltree il 70% di coloro la cui terra è stata acquistata ha ricevuto il pagamento o è stato reinsediato». L’Uganda vanta circa 6,5 ​​miliardi di barili di riserve di petrolio che sono state scoperte nell’area albertina con ulteriori potenziali riserve che dovrebbero essere scoperte con successive esplorazioni. Si stima che almeno 1,4 miliardi di barili siano recuperabili dalle rocce sotterranee.  Tayebwa, che è stato eletto nel Ruhinda North, ha ricordato agli europei «Il valore associato alla scoperta di petrolio e gas che include occupazione, fornitura di servizi e beni, competenze tecniche e entrate significative per il Paese».

Omar Elmawi, coordinatore della Stop EACOP Campaign, non solo respinge decisamente le argomentazioni e la ricostruzione politica di Tayebwa, ma è solo parzialmente soddisfatto per il voto dell’Europarlamento: «Denunciando la persecuzione e l’intimidazione dei difensori dei diritti umani che osano criticare il progetto – molti dei quali sono stati arbitrariamente arrestati in passato – la risoluzione del Parlamento europeo lancia un chiaro messaggio che i diritti delle persone in Uganda e Tanzania dovrebbe venire prima degli interessi delle corporazioni e dei governi che vogliono arricchirsi. La risoluzione, tuttavia, esorta Total a studiare la fattibilità di un percorso alternativo, ma se vogliamo salvaguardare l’ambiente e le risorse idriche, c’è solo un percorso: porre fine a questo progetto che viola i diritti umani e il nostro ambiente. Le comunità e gli attivisti per il clima hanno già espresso le loro preoccupazioni e la continua resistenza all’EACOP. La responsabilità ora spetta ai finanziatori di prendere posizione contro questo progetto».

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  • Resisting Corporate Colonialism, Why we must #StopEACOP Now