«Mentre il governo nazionale e la regione Emilia-Romagna definiscono obiettivi importanti per uscire dal fossile, esponenti della stessa maggioranza propongono in parlamento emendamenti che vanno da tutt'altra parte»
Il senatore Collina (Pd) propone regali all’industria del fossile per l’estrazione di idrocarburi
Legambiente: «Disarmanti e pericolose le proposte del senatore»
[7 Settembre 2020]
Per ora, l’emendamento presentato dal senatore del Pd, Stefano Collina, a favore di una graduale ripresa dell’attività estrattiva del gas, non è stato discusso. I senatore non l’ha presa bene e nei giorni scorsi aveva detto che «Nel DL Semplificazioni abbiamo messo un tetto ai canoni per le aziende che estraggono idrocarburi, per evitare il paradosso che chi ancora investe possa andare in perdita a causa dello Stato. E’ un buon segnale al mondo delle estrazioni perché dimostra che c’è la volontà che il settore torni a produrre dopo l’approvazione del PITESAI e completa il lavoro fatto con il mio emendamento alla legge di bilancio per proteggere i piccoli giacimenti, lasciando a questi l’esenzione dal pagamento delle royalties».
Collina aveva polemizzato con chi, come il Movimento 5 stelle aveva polemizzato con lui in Emilia Romagna: «Non ho risposto in questi giorni perché troppo impegnato a difendere in Parlamento gli interessi del territorio, cui si sono saldati gli interessi analoghi di tanti altri pezzi del Paese che vivono di idrocarburi e di cui Ravenna ha assunto la leadership. Il PD sta dalla parte dello sviluppo e della transizione. Che entro il 2050 prevede l’uscita dalle fonti fossili. Da qui al 2050 bisogna diminuire le importazioni, scommettendo sulle risorse domestiche che man mano saranno sempre più sufficienti a soddisfare il fabbisogno nazionale. Per questo non sono affatto soddisfatto del no alla proposta di anticipare il ritorno al lavoro del settore, attraverso una corsia preferenziale per alcuni progetti strategici nazionali. Sebbene sia stato confermato che verrà mantenuto l’impegno a chiudere il PITESAI nei tempi previsti, questo non può bastare. Per questo riproporrò immediatamente la questione nell’ambito del DL Agosto. Non mi rassegno al fatto che ogni giorno in cui le nostre aziende non lavorano e le nostre risorse naturali non vengono usate c’è, dall’altro capo del mondo, in paesi con standard ambientali e democratici più bassi dei nostri, qualcuno che si arricchisce. E’ un paradosso contro il quale continuerò a battermi insieme ai rappresentanti dei lavoratori e delle imprese».
Ma ora il fuoco di sbarramento contro le proposte di Collina arriva dal livello nazionale, da Legambiente che «stigmatizza la proposta di emendamento elaborata dal Senatore faentino Stefano Collina (PD) incentrata sulla riduzione dei canoni a carico delle società estrattive di idrocarburi per lo sfruttamento delle concessioni. Emendamento per ora fermo e ancora non discusso».
Gli ambientalisti spiegano che «Secondo la proposta, non solo tali canoni arriverebbero ad un massimo del 3% del valore annuo scaturito dalla concessione, ma comporterebbe un’esenzione totale dalle royalties per i piccoli giacimenti. Oltretutto, il Senatore non si è risparmiato dal proporre semplificazioni all’iter procedurale per lo stoccaggio della CO2, un progetto funzionale a mantenere in vita l’industria del fossile».
Secondo il Cigno Verde, «Se l’emendamento dovesse essere accolto, si tratterebbe di un grande regalo all’industria del fossile con conseguenti ritardi per la transizione energetica».
Legambiente fa notare che «Se si aggiornassero piuttosto i canoni con cifre più adeguate, ad esempio in linea con quelli di altri Paesi europei – in Danimarca il permesso di ricerca ha un costo di 3.300 euro/km2 e in Norvegia invece il costo è di 8.150 euro/km2 l’anno per la ricerca e di 13.620 euro/km2 per la coltivazione – le compagnie petrolifere, che fino al 2017 hanno versato per prospezione, ricerca e coltivazione circa 1 milione di euro e con la nuova norma verseranno dal 2018 circa 25,6 milioni, potrebbero versare invece alle casse dello Stato oltre 300 milioni di euro. In questo senso si tratterebbe quindi di 275 milioni di euro di mancate entrate».
Stefano Ciafani e Lorenzo Frattini, rispettivamente presidente nazionale e regionale di Legambiente, concludono: «Il senatore PD di Faenza Stefano Collina fornisce un esempio di quali scelte si possono intraprendere se NON si vuole la transizione energetica e NON si prendono sul serio gli effetti del cambiamento climatico, facendo così un bel regalo all’industria estrattiva. Piuttosto bisognerebbe tassare di più le fonti climalteranti e destinare questi fondi a progetti locali di riconversione: questa è l’unica strada da intraprendere per la transizione locale verso le rinnovabili. Purtroppo buona parte della politica fa a gara a blandire gli interessi di ENI, prolungando solo l’agonia di un settore in crisi».