Irena al G7: «I Paesi che vogliono nuove centrali a carbone devono rifare la loro strategia energetica»
Gli investimenti nel carbone o nei combustibili fossili entro 5 - 10 anni diventeranno non recuperabili
[3 Maggio 2016]
Intervenendo al meeting del G7 dei ministri dell’Energia, conclusosi ieri a Kita-Kyushu, nel sud-ovest del Giappone, il direttore generale dell’International renewable energy agency (Irena), Adnan Z. Amin, ha detto che «i paesi che hanno intenzione di costruire centrali elettriche a carbone devono rivalutare la loro strategia energetica, perché tali strutture non possono essere un investimento vitale».
Per molti esperti energetici le fonti rinnovabili e il gas sono destinati a crescere diventando la fetta maggiore di produzione di elettricità ma molti Paesi asiatici, compreso il Giappone, stanno ancora investendo di più sul carbone che sul gas o le rinnovabili e gli esperti e gli ambientalisti dicono che la decisione del ministero dell’Ambiente del Giappone di abbandonare la sua opposizione alla costruzione di centrali a carbone mette in dubbio la capacità dell’industria di ridurre le emissioni di gas serra.
A Kita-Kyushu Amin ha messo in guardia i ministri dell’Energia di Canada, Francia, Giappone, Germania, Italia, Regno Unito e Usa e il commissario Ue: «Penso che i Paesi dovranno rivedere seriamente la loro strategia energetica. C’è il rischio reale che gli investimenti nel carbone o nei combustibili fossili per produrre energia entro 5 – 10 anni diventeranno non recuperabili, il che significa che non sono più un investimento vitale, e si sta assistendo in numero sempre maggiore di Paesi in tutto il mondo determinati a uscire dal carbone».
Il crollo dei prezzi del carbone ha già spinto verso la chiusura e il fallimento diversi produttori di carbone statunitensi, compresa la gigantesca Peabody Energy.
«Anche Paesi che ne sono utilizzatori intensivi, come la Cina, stanno iniziando ad eliminare il carbone dal loro mix energetico – ha detto Amin – Quindi penso che, guardando una prospettiva a lungo termine, ci deve essere una vera e propria valutazione dell’utilizzo del carbone, che credo sia vicino alla sua fine».
Secondo il direttore generale di Irena, «il regime tariffario feed-in del Giappone, messo in atto dopo il disastro nucleare di Fukushima nel 2011, è stato il benvenuto ma ora è giunto il momento di una riforma della politica per ridurre il costo per i consumatori». Con il programma di tariffa feed-in giapponese le compagnie elettriche regionali sono tenute ad acquistare energia da fornitori di energia rinnovabili a premi predefiniti per un massimo di 20 anni, un’iniziativa che punta a far uscire la terza economia mondiale dalla sua dipendenza dall’energia nucleare e che ha portato ad investire miliardi di yen e dollari nell’energia pulita.
Rainer Baake, sottosegretario agli Affari economici ed energia del governo tedesco è convinto che «per il Giappone la Germania può servire da modello, dato come ha avuto regimi tariffari feed-in per più di un decennio. In Germania, le rinnovabili devono imparare ad essere competitive ed è per questo che stiamo uscendo dalle tariffe feed-in per un sistema più competitivo, cioè le aste. Gli impianti rinnovabili riceveranno un pagamento per kilowattora ancora per 20 anni, ma il livello del pagamento è ora determinato attraverso le gare».