Irena e Cpi: nel 2022 investimenti record nelle energie rinnovabili

Ma sono necessari un massiccio aumento e una distribuzione più equa. Troppi finanziamenti alle fonti fossili

[22 Febbraio 2023]

Il nuovo rapporto rileva evidenti disparità tra gli investimenti nei paesi sviluppati e in via di sviluppo e chiede un aumento sostanziale dei flussi finanziari dal nord al sud del mondo.

Secondo il nuovo rapporto “Global Landscape of Renewable Energy Finance 2023” aèpena pubblicato da International Renewable Energy Agency (Irena) e Climate Policy Initiative (CPI) , nel 2022 «Gli investimenti globali nelle tecnologie per la transizione energetica, inclusa l’efficienza energetica, hanno raggiunto 1,3 trilioni di dollari. Hanno stabilito un nuovo record, con un aumento del 19% rispetto ai livelli di investimento del 2021 e del 50% rispetto a prima della pandemia nel 2019».

Il rapporto congiunto Irena – CPI, presentato in occasione della Conferencia Internacional de Energías Renovables (SPIREC) in corso a Madrid , avverte però che e «Sebbene gli investimenti globali nelle energie rinnovabili abbiano raggiunto un record massimo di 0,5 trilioni di dollari nel 2022, questo rappresenta ancora meno del 40% dell’investimento medio necessario ogni anno tra il 2021 e il 2030, secondo lo scenario 1,5° C Irena.  Anche gli investimenti non sono sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Dato che le soluzioni decentralizzate sono fondamentali per colmare il divario di accesso per raggiungere l’accesso universale all’energia per migliorare i mezzi di sussistenza e il benessere nell’ambito dell’Agenda 2030, è necessario compiere sforzi per aumentare gli investimenti nel settore delle energie rinnovabili off-grid. Nonostante il raggiungimento di investimenti annuali record superiori a 0,5 miliardi di dollari nel 2021, gli investimenti in soluzioni rinnovabili off-grid sono ben al di sotto dei 2,3 miliardi di dollari necessari ogni anno nel settore tra il 2021 e il 2030».

Inoltre, il rapporto fa notare che «Gli investimenti si sono concentrati su tecnologie e usi specifici. Nel 2020, il solo solare fotovoltaico ha attirato il 43% dell’investimento totale nelle rinnovabili, seguito dall’eolico onshore e offshore rispettivamente al 35% e al 12%. Sulla base dei dati preliminari, questa concentrazione sembra essere continuata fino al 2022».

Ireana e CPI evidenziano che «Per supportare al meglio la transizione energetica, è necessario che più fondi affluiscano a tecnologie meno mature e ad altri settori oltre all’elettricità, come il riscaldamento, il raffreddamento e l’integrazione di sistemi».

Il rapporto confronta il finanziamento delle energie rinnovabili tra Paesi e regioni e ne emerge che «Negli ultimi 6 anni le evidenti disparità sono aumentate in modo significativo. Nel 2020, circa il 70% della popolazione mondiale, residente principalmente nei Paesi in via di sviluppo ed emergenti, ha ricevuto solo il 15% degli investimenti globali».

Ad esempio, tra il 2000 e il 2020, l’Africa sub-sahariana ha ricevuto meno dell’1,5% dell’importo investito a livello globale. Nel 2021, l’investimento pro capite in Europa è stato 127 volte superiore a quello dell’Africa subsahariana e in Nord America 179 volte superiore.

Il rapporto sottolinea che i prestiti ai Paesi in via di sviluppo che cercano di implementare le energie rinnovabili devono essere riformati e ritiene necessario che «Il finanziamento pubblico svolga un ruolo molto più forte, oltre a mitigare i rischi di investimento». Per questo, riconoscendo i limitati fondi pubblici disponibili nei Paesi in via di sviluppo, il rapporto chiede «Una più forte collaborazione internazionale, compreso un sostanziale aumento dei flussi finanziari dal Nord del mondo al Sud del mondo».

Per il direttore generale di Irena, Francesco La Camera, «Affinché la transizione energetica migliori la vita e i mezzi di sussistenza, i governi e i partner per lo sviluppo devono garantire un flusso di finanziamenti più equo, riconoscendo i diversi contesti e le diverse esigenze. Questo rapporto congiunto sottolinea la necessità di indirizzare i fondi pubblici verso regioni e paesi con un grande potenziale di energie rinnovabili non sfruttato, ma che hanno difficoltà ad attrarre investimenti. La cooperazione internazionale deve mirare a indirizzare questi fondi verso quadri politici abilitanti, lo sviluppo di infrastrutture per la transizione energetica e per affrontare i persistenti gap socio-economici».

Il raggiungimento di una transizione energetica in linea con lo scenario di 1,5° C richiede anche lo spostamento di 0,7 trilioni di dollari all’anno dai combustibili fossili alle tecnologie legate alla transizione energetica. Ma  il rapporto denuncia che «Dopo un breve calo nel 2020 dovuto al Covid-19, gli investimenti in combustibili fossili sono ora in aumento. all’anno dall’Accordo di Parigi in poi, alcune grandi banche multinazionali hanno persino aumentato i loro investimenti in combustibili fossili a una media di circa 0,75 trilioni di dollari. Inoltre, l’industria dei combustibili fossili continua a beneficiare dei sussidi, che sono raddoppiati nel 2021 in 51 Paesi. La graduale eliminazione degli investimenti in risorse di combustibili fossili dovrebbe essere accompagnata dall’eliminazione dei sussidi per creare condizioni di parità con le energie rinnovabili. Tuttavia, l’eliminazione graduale delle sovvenzioni deve essere accompagnata da un’adeguata rete di sicurezza per garantire standard di vita adeguati alle popolazioni vulnerabili».

Barbara Buchner, AD globale di CPI, conclude: «Il percorso verso il net zero può avvenire solo con una transizione energetica giusta ed equa. Mentre i nostri numeri mostrano che lo scorso anno ci sono stati livelli record di investimenti per le energie rinnovabili, è assolutamente necessaria una maggiore scalabilità per evitare pericolosi cambiamenti climatici, in particolare nei Paesi in via di sviluppo».