L’80% degli italiani vuole che le bombe nucleari Usa siano ritirate. Solo il 5% vuole acquistare gli F35
Sondaggio Ipsos – Greenpeace: investire i soldi degli F-35 in sanità, lavoro e scuola
[1 Dicembre 2020]
Secondo il report “Italiani e nucleare” commissionato da Greenpeace a Ipsos, circa l’80% degli intervistati chiede che «Gli arsenali nucleari mondiali siano “smantellati”, che le testate statunitensi siano “completamente ritirate dall’Italia”, che i cacciabombardieri tricolore non siano impiegati per sganciare bombe nucleari e che il nostro Paese aderisca al Trattato per la proibizione delle armi nucleari (Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons – TPNW)».
Il verdetto degli italiani sulle armi atomiche è inequivocabile e va oltre le divisioni tra destra e sinistra e Greenpeace aggiunge che, inoltre, «Di fronte alla scelta su come impiegare i circa 10 miliardi che servirebbero per acquistare e utilizzare per i prossimi 30 anni venti F-35, solamente il 5% del campione ha indicato la necessità di “avere dei cacciabombardieri di ultima generazione da destinare ad eventuali missioni nucleari”. Il 95% degli intervistati ha invece optato per altri impieghi: il 35% destinerebbe quei soldi al sistema sanitario, il 34% al sistema economico e del lavoro, il 16% al sistema scolastico, il 10% a settori diversi da quelli citati. Una maggioranza schiacciante».
L’Associazione ambientalista ricorda che «Anche se l’Italia non lo ha mai ammesso pubblicamente, il nostro Paese ospita circa 40 bombe nucleari americane nelle basi militari di Ghedi (Brescia) e Aviano (Pordenone), e i militari italiani si addestrano regolarmente al loro impiego. Secondo uno studio riservato del ministero della Difesa, illustrato a Greenpeace da una fonte confidenziale, un attacco terroristico contro i bunker nucleari di Ghedi e Aviano provocherebbe tra i due e i dieci milioni di vittime, a seconda della propagazione del vento e dei tempi di intervento. Una vera strage».
E quanto si legge nel rapporto “Il prezzo dell’atomica sotto casa” dell’Unità investigativa di Greenpeace che riprende le stime dell’Osservatorio Milex sulle spese direttamente riconducibili alla presenza di testate nucleari sul suolo nazionale: «Tra i 20 e i 100 milioni di euro l’anno. A questa cifra vanno aggiunti i 10 miliardi in 30 anni per rimpiazzare i Tornado di stanza a Ghedi con venti F-35».
Per evitare le catastrofiche conseguenze dell’uso di armi nucleari, nel luglio 2017 l’Onu ha adottato il TPNW, che il 24 ottobre di quest’anno ha raggiunto il traguardo delle 50 ratifiche necessarie per entrare in vigore il 22 di gennaio 2021. Greenpeace evidenzia che «In linea con gli Stati nucleari e gli altri Paesi NATO, l’Italia ha boicottato il Trattato sin dai lavori preparatori e continua ancora oggi a criticarlo, malgrado centinaia di parlamentari oggi in maggioranza – compresi gli attuali ministro degli esteri e presidente della Camera – si siano impegnati per l’adesione del nostro Paese. Ogni tanto qualche parlamentare tenta un cambio di marcia, ma le mozioni contro le atomiche sono implacabilmente respinte, spesso dalle stesse forze politiche che, quando sedevano all’opposizione, si erano battute per il disarmo nucleare».
Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia. Conclude: «Un pianeta sempre più instabile è più sicuro senza armi nucleari. E’ tempo che l’Italia prenda una posizione chiara e definitiva sulle armi atomiche, chiedendo il completo ritiro delle bombe americane dal proprio territorio e ratificando il TPNW, un accordo storico che ci lascia sperare in un futuro di pace, finalmente libero dall’incubo dell’olocausto nucleare».