Nel 2022 EDF ha acquistato 153 tonnellate di uranio arricchito dalla Russia
La Francia giustifica i suoi legami nucleari con la Russia
Ma la Francia approva una legge per accelerare il nucleare, con la scusa della lotta al cambiamento climatico
[17 Maggio 2023]
La ministra della transizione energetica francese Agnes Pannier-Runacher ha detto in un intervista a BFM Business che «La Francia non recederà da un contratto con la compagnia nucleare russa statale Rosatom per il ritrattamento dell’uranio, poiché ciò sarebbe vantaggioso per Mosca».
In base a un accordo del 2018, l’uranio rigenerato dalla Francia viene consegnato alla Russia, dove viene arricchito e poi rispedito indietro (anche se gli ambientalisti francesi denunciano da sempre che nel viaggio di andata e ritorno “sparisciono” molte scorie)r. L’uranio riciclato viene utilizzato per far funzionare le centrali nucleari francesi. La Pannier-Runacher ha detto che «La risoluzione del contratto genererebbe un compenso più elevato per il governo russo rispetto al semplice proseguimento delle importazioni a un livello minimo».
Il 20 marzo, Greenpeace France aveva denunciato che nel 2022 la Francia aveva triplicato le importazioni di uranio arricchito russo e che a Dunkerque il cargo russo Baltiyskiy, provenuiente da San Pietroburgo aveva scaricato 25 container cilindrici contenenti uranio arricchito russo per il gruppo francese Orano che poi sono stati caricati su camion con destinazione Pierrelatte dans la Drôme..
Nonostante tutto questo – e nonostante il nucleare russo non sia ancora finito sotto embargo Ue proprio per la contrarietà della Francia e di Ungheria e altri Paesi est europei – la Pannier-Runacher ha negato che il funzionamento delle centrali nucleari francesi dipenda dalla Russia, facendo notare che «La Francia ha fatto ricorso solo in misura molto modesta ai servizi di arricchimento dell’uranio naturale in Russia, nonché ai servizi di conversione e riarricchimento dell’uranio ritrattato per migliorare efficienza del ciclo».
Quando a marzo Greenpeace denunciò il nuovo arrivo di uranio arricchito russo la Pannier-Runacher disse a Montel News che «La Francia potrebbe farne totalmente a meno in quanto quest’ultima attività può essere interamente sostituita dall’uranio naturale». Ma i dati dimostrano che nel 2022 la compagnia energetica/nucleare Électricité de France (EDF – ritornata completamente statale) ha acquistato 153 tonnellate di uranio arricchito in Russia, lo stesso livello del 2021. E Russian Television RT affonda il coltello nella piaga nucleare: «La Russia rappresenta il 15% delle attività di arricchimento per EDF. La Francia genera circa il 70% della sua elettricità da fonti nucleari. Il Paese è stato a lungo il principale produttore di elettricità in Europa grazie alla sua enorme flotta di reattori atomici, la seconda più grande al mondo dopo gli Stati Uniti. Tuttavia, l’anno scorso più della metà dei reattori è stata chiusa a causa di problemi di corrosione, manutenzione e problemi tecnici, che si sono aggiunti alle preoccupazioni per la crisi energetica nell’Ue».
Il 26 aprile era stato lo stesso ministero francese per la transizione energetica ad auorizzare la partecipazione di Framatome, una sussidiaria EDF per l’energia nucleare, alla costruzione di due nuovi reattori nella nucleare ungherese Paks-2 insieme al colosso nucleare russo Rosatom.
Secondo un’inc dagine pubblicata da Le Monde, la questione della partecipazione di Framatome alla costruzione del progetto nucleare ungherese/russo era stata ampiamente discussa a marzo durante un incontro tra il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro ungherese Viktor Orban e, di fronte alle critiche la Pannier-Runacher aveva ricordato che «Ad oggi, le sanzioni europee non prendono di mira l’industria nucleare [russa]. Se gli attori francesi desiderano impegnarsi in partenariati con altri attori europei, non glielo impediremo. Gli attori francesi dell’industria nucleare sostengono i nostri partner europei, e in particolare l’Ungheria, in tutti i loro approcci e in tutti i progetti che realizzano sul loro territorio, purché rispettino rigorosamente il quadro europeo delle sanzioni internazionali».
Le Monde aveva fatto notare che, nonostante i disaccordi su altre importanti questioni, Parigi e Budapest «Condividono una forte convinzione per l’energia nucleare». A marzo, il ministro degli esteri ungherese Peter Szijjarto ha affermato che, dopo aver avuto problemi con un altro fornitore, la tedesca Siemens Energy, l’Ungheria potrebbe aumentare il ruolo di Framatome nel progetto Paks-2. Siemens Energy e Framatome erano state incaricate di fornire sistemi di controllo per i nuovi reattori a Paks-2 come parte di un consorzio franco-tedesco, ma la partecipazione di Siemens al progetto è stata bloccata dal governo tedesco nell’ambito delle sanzioni riguardanti la guerra in Ucraina e dopo la chiusura delle ultime centrali nucleari tedesche. Siemens Energy ha però confermato che la sua domanda di licenza di esportazione per fornire tecnologia e attrezzature a Paks-2 è ancora pendente.
Il progetto Paks-2 è stato lanciato nel 2014 nell’ambito di un accordo tra Ungheria e Russia. Prevedeva la costruzione di due reattori nucleari da parte di Rosatom e un prestito statale russo per finanziare la maggior parte del progetto. Gli attuali 4 reattori sovietici della centrale nucleare di Paks sono stati entrati in funzione tra il 1982 e il 1987, in piena epoca comunista, e producono circa la metà dell’elettricità dell’Ungheria.
Ma mentre traffica con russi e ungheresi per fare in modo che il nucleare russo non venga sanzionato dall’Unione europea, la Francia cerca di approvare a tappe forzate il disegno di legge d’accélération du nucléaire che è approdato all’Assemblée nationale per il voto finale dei deputati e Réseau “Sortir du nucléaire” e Greenpeace France denunciano «Il passaggio forzato del governo su un progetto di rilancio del nucleare di superficie di agli imperativi climatici ai quali pretende di rispondere».
A gennaio, intervenendo al Senato, la solita Pannier-Runacher aveva spiegato che «Questo testo non è un testo di programmazione energetica». Ma per gli ambientalisti è proprio questo che si è votato: «Nella sua versione definitiva, la legge elimina tutte le tutele che attualmente consentono di limitare la produzione di energia elettrica nucleare. Rimuove il tetto alla produzione di elettricità nucleare a 63,2 GW e l’obiettivo di ridurre al 50% la quota nucleare del mix elettrico totale. Prevede inoltre di ritirare l’obiettivo di chiudere 14 reattori nucleari dalla futura Programmation Pluriannuelle de l’Énergie (PPE) e di fissare un obiettivo per la costruzione di EPR2 durante la Loi de Programmation Énergie Climat (LPEC), sabotando di passaggio qualsiasi dibattito democratico e cortocircuitando l’agenda legislativa inizialmente prevista. Il governo sta dunque mettendo il carro davanti ai buoi e sta attuando una marcia forzata di ripresa senza avere uno scenario chiaro su cui basare la programmazione energetica del Paese, né obiettivi precisi in termini di sobrietà ed efficienza energetica. Un grave fallimento deplorato dalla CNDP (Commission nationale du débat public, ndr) nelle sue conclusioni al dibattito pubblico sulla costruzione di nuovi reattori nucleari».
“Sortir du nucléaire” e Greenpeace rivelano il trucco climatico che sta dietro la legge: «Brandita in nome dell’emergenza climatica, questa legge è invece una questione di procrastinazione climatica. Secondo l’IPCC, è essenziale dimezzare le nostre emissioni globali di gas serra entro il 2030. Un’emergenza alla quale nessun nuovo reattore può rispondere visti i tempi di realizzazione (tra i 15 ei 20 anni). La scadenza per la messa in servizio di un primo reattore nucleare nel 2036, ripetuta come un mantra dal governo, è già irrilevante in termini di questioni climatiche, non ha fondamento ed è costantemente contraddetta. Un rapporto interno datato ottobre 2021 prevede piuttosto il 2040. La decisione dell’ASN (Autorité de sûreté nucléaire, ndr) del 27 aprile scorso di prorogare di un ulteriore anno il periodo per l’esame del fascicolo di domanda di messa in servizio dell’EPR di Flamanville è solo un’altra dimostrazione di questo fiasco industriale. L’industria nucleare sta già lottando per mantenere a galla la sua attuale flotta e non riesce ad arginare il fenomeno della tensocorrosione e nemmeno a comprenderne la complessità. Nel frattempo, sono tanti i soldi che non vengono investiti nello sviluppo delle energie rinnovabili e del risparmio energetico e tanti sono i ritardi sull’agenda climatica e sulla concreta e rapida riduzione delle emissioni di gas serra».
Per Pauline Boyer, campainer per la transizione energetica di Greenpeace France, «Questo governo non nasconde più la volontà di eliminare qualsiasi pietra che possa andare contro la sua decisione unilaterale di rilanciare il nucleare. Il testo finale della legge lascia aperta la porta a una successiva fusione di IRSN e ASN e mette in pericolo la sicurezza nucleare. Questa legge è un’operazione diversiva per imporre obbligatoriamente il nucleare, mentre la lenta costruzione di reattori nucleari è il primo elemento di un lungo elenco che squalifica completamente questa energia come soluzione all’emergenza climatica Guardare dall’altra parte mentre la casa brucia è proprio quello questo governo sta facendo»
Mathilde Damecour, responsabile campagne di Reseau “Sortir du nucleare”, conclude: «Mentre la Francia è già esposta a una siccità peggiore rispetto allo scorso anno, il rilancio dell’energia nucleare solleva chiaramente la questione dei conflitti attuali e futuri nell’uso dell’acqua. Il settore richiede 15,3 miliardi di m3 di acqua dolce all’anno per raffreddare i suoi reattori. Molti di questi evaporano. Una grande maggioranza viene scaricata nei corsi d’acqua ma viene riscaldata e inquinata, con un impatto sulla biodiversità. L’energia nucleare non è ecologica e non può quindi essere considerata come un’energia del futuro».