Le pompe di calore abbatterebbero il consumo energetico delle famiglie del 36% e le emissioni di CO2 del 28%

Entro il 2030 nell’Ue ci vorranno 500.000 lavoratori qualificati in più. Previsti 750.000 nuovi posti di lavoro

[22 Giugno 2023]

Nell’Unione europea, il riscaldamento degli edifici rappresenta quasi il 40% del consumo finale di energia e il 36% delle emissioni di gas serra legate all’energia nell’UE. Gli edifici residenziali rappresentano circa i due terzi di questo consumo energetico finale e circa il 70% delle emissioni di gas serra. Per questo il risparmio energetico e la riduzione delle emissioni delle abitazioni in cima all’agenda climatica Ue.

Le pompe di calore emettono meno gas serra e forniscono un’efficienza maggiore rispetto alle caldaie tradizionali che funzionano a gas o gasolio, riducendo di solito le bollette del riscaldamento. Il policy report “The Heat Pump Wave: Opportunities and Challenges”  del Joint Research Centre della Commissione europea  esamina il potenziale impatto della produzione e dell’installazione di pompe di calore su larga scala e conclude che, «Sebbene esistano ostacoli, nel complesso, il passaggio dalle caldaie a combustibili fossili alle pompe di calore, alimentate dall’elettricità, non solo sarà più salutare per il pianeta, ma rafforzerà la sicurezza energetica dell’Ue e di solito ridurrà le bollette del riscaldamento. La necessità di una rapida diffusione delle pompe di calore per il riscaldamento residenziale richiederà un pool di installatori e tecnici qualificati, presentando l’opportunità per la creazione di nuovi posti di lavoro e allo stesso tempo la sfida di garantire un numero sufficiente di professionisti qualificati».

L’European Heat Pump Association stima che entro il 2030 ci vorranno 500.000 lavoratori qualificati in più, mentre l’European Heating Industry prevede 750.000 nuovi posti di lavoro.

In linea con il REPowerEU action plan, l’Ue punta a ridurre l’uso di combustibili fossili e la sua dipendenza dall’approvvigionamento di petrolio russo prima del 2030 e il JRC spiega che «Al centro delle politiche climatiche dell’UE progettate per raggiungere questo obiettivo è la necessità di migliorare le prestazioni energetiche del riscaldamento negli edifici, data la loro quota elevata nel consumo di energia e nelle emissioni di gas serra. Gli edifici europei sono in molti casi vecchi e inefficienti: il 40% del parco immobiliare dell’Ue è stato costruito prima del 1960 e il 90% prima del 1990, quindi prima dell’attuazione della legislazione dell’Ue sull’efficienza energetica».

Nel 2021, le pompe di calore hanno raggiunto una quota di mercato del 21,5% di tutti i sistemi di riscaldamento domestici singoli, anche se distribuite in modo disomogeneo tra i paesi Ue: la frdedda Finlandia ha una quota di mercato del 97%, mentre la Germania e i Paesi Bassi rispettivamente solo il 16% e il 13%.

A differenza di quanto dicono in molti – di solito molto vicini all’industria fossile – il rapporto JRC indica che «La pressione aggiuntiva sulle reti elettriche dovuta all’aumento della domanda di elettricità in termini di mix di produzione di elettricità e prezzi dell’energia elettrica sarà relativamente moderata e potrà essere ulteriormente mitigata con l’integrazione di controlli intelligenti».

Dato che ngli edifici residenziali dell’Ue ci sono circa 68 milioni di caldaie a gas e 18 milioni di caldaie a gasolio, è necessario un rapido aumento delle pompe di calore, ma il JRC non si nasconde che questo presenta alcuni problemi, anche se «La sostituzione di 30 milioni di caldaie residenziali a combustibili fossili su un totale di 86 milioni con pompe di calore potrebbe ridurre del 36% il consumo finale di energia di queste famiglie e del 28% le loro emissioni di CO2».

Un obiettivo ambizioso che rappresenta anche un’opportunità per l’industria europea delle pompe di calore: «Il settore è consolidato e innovativo, leader mondiale in diversi segmenti delle pompe di calore – ricorda il HRC – Tuttavia, resta da vedere se l’industria europea può espandersi abbastanza rapidamente per soddisfare la domanda. L’Ue detiene attualmente una posizione di forza nell’innovazione, ma sono necessari sforzi per mantenere questo vantaggio, soprattutto perché la creazione di valore si sposta sempre più verso la digitalizzazione e l’integrazione dei sistemi. Inoltre, la concorrenza, in particolare dalla Cina, sta crescendo».

Un altro problema è che la catena di approvvigionamento delle pompe di calore dell’Ue è ancora vulnerabile in alcune aree, tra le quali la grande dipendenza da compressori e semiconduttori importati. Inoltre, mancano inoltre installatori qualificati e tecnici dell’assistenza, necessari per valutare il tipo di installazione e la sua fattibilità, e i sostanziosi costi iniziali potrebbero essere insostenibili per le famiglie a basso reddito. Anche l’eliminazione graduale dei gas fluorurati, potenti gas serra utilizzati come agenti di raffreddamento, deve essere completata a breve termine per evitare ulteriori emissioni dirette dalle nuove pompe di calore installate.

Comunque, «Le pompe di calore stanno emergendo come una soluzione cruciale per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione dell’Ue e l’indipendenza dai combustibili fossili della Russia entro il 2030, così come la sua ambizione di affrontare la povertà energetica a causa di bollette energetiche più basse», conclude il JRC.

Per facilitare e accelerare la diffusione di questa tecnologia, la Commissione europea sta lavorando al piano d’azione per le pompe di calore, che prevede di: rafforzare il partenariato tra la Commissione, i paesi Ue e l’industria del settore; migliorare la comunicazione con tutti i gruppi di interesse e facilitare il partenariato di competenze per l’introduzione delle pompe di calore; garantire un quadro normativo e politico favorevole e finanziamenti accessibili.