Lo Sri Lanka in rivolta contro il governo di destra dei fratelli Rajapaksa

Pugno di ferro contro i manifestanti di un governo che ha provocato la peggiore crisi economica dall’indipendenza

[5 Aprile 2022]

Nello Sri Lanka, più di 40 parlamentari della coalizione di governo  Sri Lanka Podujana Peramuna (SLPP) del presidente Gotabaya Rajapaksa si sono dichiarati indipendenti. Una decisione che arriva mentre la nazione insulare dell’Asia meridionale sta subendo interruzioni di corrente e carenze di cibo a causa di una crisi economica e valutaria che ha  portato a proteste di massa per chiedere le dimissioni del nazionalista Rajapaksa, che fino a poche settimane fa sembrava intoccabile e che controllava il Paese con il pugno di ferro. Come spiega BBC Asia, «Attualmente, non è chiaro quali siano le implicazioni delle azioni dei parlamentari a questo punto. Hanno preso le distanze dal governo, ma non hanno aderito all’opposizione. Potrebbero, tuttavia, mettere in discussione l’autorità del primo ministro sul  Parlamento».

Il governo di Rajapaksa si era già dimesso, ma sia il presidente che suo fratello, il primo ministro Mahinda Rajapaksa, si sono finora rifiutati di farlo  e .<il presidente Gotabaya, ignorando le proteste popolari, ha invitato i partiti di opposizione ad aiutarlo a formare un governo di unità nazionale e ad accettare di assumere incarichi ministeriali. Tutti hanno rifiutato e hanno reiterato le richieste delle sue dimissioni. Anche perché il governo dei due Rajapaksa in passato aveva dimostrato un notevole disprezzo per le richieste dell’opposizione.

Sajith Premadasa, leader della Samagi Jana Balawegaya, la principale alleanza di opposizione dello Sri Lanka, ha detto alla BBC che «Quello che la gente vuole è che questo presidente e l’intero governo si dimettano». Tanto per capire quale sia il clima, oggi il nuovo ministro delle finanze Ali Sabry, uno stretto alleato del presidente Rajapaksa, ha annunciato le sue dimissioni meno di 24 ore dopo aver accettato l’incarico e si è detto disponibile a rinunciare anche al suo seggio in Parlamento per cederlo a «Qualcuno al di fuori della politica che potrebbe essere adatto a gestire la situazione».

Anche oggi  sono proseguite le proteste antigovernative nelle principali città dello Sri Lanka dove i più poveri non possono ormai permettersi il loro riso quotidiano, il loro dhal, i loro beni di prima necessità e in molti non possono salire sugli autobus per andare al lavoro, per andare a scuola. UJn manifestante ha detto alla BBC: «Quanto peggio può andare? Non c’è benzina, non c’è diesel, i bambini non possono sostenere gli esami perché non c’è carta».

Intanto le manifestazioni per chiedere le dimissioni del presidente diventano sempfre più grandi e la gente ha sfidato il coprifuoco imposto dal primo al 3 aprile per cercare di impedire una giornata di protesta indetta dopo che il 31 marzo una manifestazione fuori dalla residenza del presidente della Repubblica si era trasformata in scontri violenti tra polizia e manifestanti,

Le manifestazioni segnano una massiccia inversione di tendenza per Rajapaksa, che era stato eletto a grande maggioranza nel 2019 con un programma di destra con il quale prometteva stabilità e “mano forte” per governare il paese, in particolare contro la minoranza tamil.

Un programma nazionalista, sovranista e xenofobo che non aveva fatto i conti con il resto del mondo e il rincaro del costo del carburante e del cibo e con una carenza di valuta estera, che ha esacerbato la peggiore crisi economica dello Sri Lanka dopo l’indipendenza dall’Impero Britannico nel 1948.

Maithripala Sirisena, ex presidente dello Sri Lanka e leader dello Sri Lanka Freedom Party, che ha ritirato il suo appoggio alla coalizione di Rajapaksa, ha detto in Parlamento: «Ci sono infinite carenze di beni essenziali, inclusi carburante e gas da cucina. Gli ospedali stanno per chiudere perché non ci sono medicinali. In questo difficile momento, il nostro partito è dalla parte del popolo».

La situazione è ormai pre-rivoluzionaria e preoccupa anche l’Onu: la portavoce dell’United Nations High Commissioner for Human Rights, Liz Throssell, ha detto che «Stiamo seguendo da vicino gli sviluppi in Sri Lanka, dove nei giorni scorsi le autorità hanno annunciato lo stato di emergenza e altre restrizioni in risposta alle proteste di massa contro la peggiore crisi economica del Paese da decenni. La frustrazione pubblica è aumentata negli ultimi mesi con manifestazioni in gran parte pacifiche che si sono svolte in tutto il paese. La situazione è peggiorata nelle ultime due settimane a causa di improvvise carenze di carburante, gas da cucina e alcuni prodotti alimentari essenziali, nonché interruzioni di corrente. Ciò ha portato a ulteriori proteste da parte degli srilankesi lasciati nella disperazione per l’aumento del costo della vita e dalle difficoltà nell’ottenere beni di prima necessità».

La Throssell,  ha ricordato che «Dopo una manifestazione davanti alla residenza del presidente il 31 marzo, il governo ha dichiarato lo stato di emergenza il 1 aprile, ha annunciato un coprifuoco di 36 ore dalle 18:00 del 2 aprile e ha chiuso i social media per circa 15 ore il 3 aprile. Ci sono state anche segnalazioni di violenza eccessiva e ingiustificata della polizia contro i manifestanti. Siamo preoccupati che tali misure siano volte a prevenire o scoraggiare le persone dall’esprimere legittimamente le proprie lamentele attraverso proteste pacifiche e che vanifichino lo scambio di opinioni su questioni di interesse pubblico. Ricordiamo alle autorità dello Sri Lanka che le misure relative agli stati di emergenza devono essere conformi al diritto internazionale sui diritti umani, dovrebbero essere limitate nella misura strettamente richiesta dalla situazione ed essere proporzionate ad essa e non dovrebbero essere utilizzate per soffocare il dissenso o ostacolare proteste pacifiche».

Come ha osservato l’Alto Commissario Michelle Bachelet nel suo recente rapporto all’ Human Rights Council  di febbraio, «La deriva verso la militarizzazione e l’indebolimento dei controlli e degli equilibri istituzionali in Sri Lanka hanno influito sulla capacità dello Stato di affrontare efficacemente la crisi economica e garantire la gestione della crisi economica e i diritti sociali e culturali di tutte le persone in Sri Lanka». La Bachelet aveva già espresso in precedenza la sua preoccupazione per il fatto che «Il governo risponde alle critiche e al dissenso in modi che minano lo spazio civico» e la Throssell ha concluso: «Ribadiamo queste preoccupazioni oggi. Esortiamo il governo, i Partiti politici e la società civile a impegnarsi in un dialogo immediato, inclusivo e significativo per trovare una soluzione alle pressanti sfide economiche e politiche che lo Sri Lanka deve affrontare e per evitare un’ulteriore polarizzazione della situazione».