«Le accuse del G7 contro la politica nucleare della Cina non sono che narrazioni false»
Nucleare civile e militare: è scontro tra Cina e G7
Pechino: il piano giapponese di sversamento delle acque radioattive è destinato a fallire
[24 Maggio 2023]
Il 22 maggio, durante l’usuale conferenza stampa, un giornalista ha chiesto alla portavoce del ministero cinese degli Esteri, Mao Ning, «il Gruppo dei Sette (G7) ha accusato la Cina di essere opaca e riluttante a parlare della rapida espansione del suo arsenale nucleare, che incide sulla stabilità globale e regionale. Qual è il commento della Cina?»
La Mao ha risposto seccamente che «Il G7 non è qualificato per impartire ordini ad altri paesi sulla questione del controllo delle armi nucleari. La Cina ne respinge quindi le irragionevoli accuse. Le dichiarazioni del G7 riguardo alla politica nucleare della Cina sono narrazioni completamente false. La Cina ha sempre perseguito con fermezza una strategia nucleare di autodifesa ed è l’unico Stato dotato di armi nucleari che si è impegnato a non essere il primo a usare armi nucleari, a non usare armi nucleari contro Stati non dotati di armi nucleari o zone prive di armi nucleari e ha sempre mantenuto le sue forze nucleari al livello più basso necessario per la sua sicurezza nazionale».
Il giorno dopo il Quotidiano del Popolo, giornale ufficiale del Comitato centrale del Partito Comunista Cinese (PCC), ha nuovamente rilanciato le accuse contro il Paese che ha ospitato il G7 – il Giappone – per lo sversamento nell’Oceano Pacifico dell’acqua radioattiva stoccata dopo il disastro nucleare di Fukushima Daiichi del 2011. Il Quotidiano del Popolo ha evidenziato che «Durante il recente vertice del G7, a causa dei forti contrasti, la dichiarazione congiunta non includeva espressioni come “accoglie” il piano del Giappone di sversamento al mare delle acque radioattive, ma ha dichiarato solo di “sostenere l’International atomic energy agency (IAEA) A nel condurre un’indagine indipendente”. Questo risultato non è sorprendente. Nello scorso febbraio i media giapponesi hanno affermato che, sebbene il governo volesse aggiungere il piano di sversamento al mare delle acque radioattive nel documento finale della riunione ministeriale del G7 sul clima, l’energia e l’ambiente di aprile, le prospettive non erano ottimistiche perché la Germania e altri Paesi si sono opposti. Il piano del Giappone ha causato grandi controversie nel G7, organizzazione dimostra a pieno la “solidarietà”, per non parlare della comunità internazionale. Per più di due anni, il popolo giapponese, la Cina, la Corea del Sud, i Paesi confinanti e quelli insulari hanno espresso forti contrarietà al suddetto piano e hanno chiesto al Giappone di utilizzare un corretto metodo di gestione».
E il giornale del PCC spiega le ragioni sul perché il piano del Giappone di sversare in mare le acque radioattive di Fukushima Daiichi sia tanto criticato: «Sempre più studi hanno dimostrato che sono incalcolabili i danni causati da tale comportamento all’ecologia marina e alla salute umana. Il Giappone ha affermato che l’acqua contaminata purificata dal sistema di trattamento multi-nuclide (ALPS) è sicura e innocua. Ma in realtà, l’acqua contaminata di Fukushima contiene almeno 60 tipi di radionuclidi e la concentrazione è così alta che attualmente è impossibile filtrare e decomporsi completamente tramite i mezzi tecnologici. Al momento, l’IAEA non ha ancora rilasciato una valutazione finale del piano giapponese, ma il governo nipponico ha proclamato che darà l’avvio del piano entro la fine di luglio. Tali azioni non possono “abbellire” il comportamento estremamente egoista ed irresponsabile del Giappone che provocherà danni al mondo».
Da arte sua l’agenzia ufficiale cinese Xinhua pubblica con grande rilievo l’articolo “I pericoli dello sversamento delle acque radioattive” (rilanciato anche dal Quotidiano del Popolo) scritto da Fabio Massimo Parenti professore associato in Geografia, laureato in Geografia all’Università la “Sapienza”, Dottore di ricerca in Geopolitica e Geoeconomia all’Università di Trieste e di Affiliate Lecturer al Marist College di New York che attualmente insegna The Global Political Economy, Globalization, Global Financial Markets, China’s Development e War and Media presso l’Italian International Institute “Lorenzo de ‘Medici” ed è professore associato alla China Foreign Affairs University di Pechino.
Parenti che è anche membro del Laboratorio Brics di Eurispes e ricercatore al Central China Economic Region Research Institute (CCERRI), scrive: «Il 17 marzo scorso, a 12 anni dal drammatico incidente all’impianto nucleare di Daiichi, il governo giapponese ha attivato le apparecchiature specializzate per lo sversamento nell’Oceano Pacifico delle acque reflue radioattive accumulate, malgrado le forti proteste sia in patria che all’estero. In tutto, entro quest’anno, è previsto il rilascio in mare di 1,3 milioni di tonnellate di acque contaminate.
Sin dal primo annuncio delle intenzioni di Tokyo, nell’aprile 2021, Pechino è stata tra i primi ad opporsi, facendo sentire la sua voce a livello internazionale, seguita da molti altri governi della regione Asia-Pacifico, che stanno cercando di sensibilizzare l’intera comunità internazionale anche a fronte dei tentennamenti e delle ritrosie del G7 a sostenere il piano giapponese».
Secondo Shaun Burnie, specialista nucleare senior di Greenpeace East Asia, «Il governo giapponese è alla disperata ricerca di un sostegno internazionale per i suoi piani di sversamento delle acque radioattive nell’Oceano Pacifico, ha fallito l’obiettivo di proteggere i propri cittadini, comprese le vulnerabili comunità di pescatori di Fukushima, così come le nazioni della vasta regione Asia-Pacifico (…) non è riuscito a studiare a fondo gli effetti del rilascio di numerosi radionuclidi sulla vita marina (…) i suoi piani rappresentano una violazione della Convenzione Onu sul Diritto del Mare».
Secondo Luo Qingping, dell’Istituto nazionale cinese per la strategia industriale nucleare, «Le acque reflue contaminate dell’impianto di Fukushima-Dai-ichi sono state direttamente esposte al nocciolo del reattore, e contengono dunque ingenti quantitativi di oltre 60 elementi radioattivi, tra cui il trizio».
Poche settimane fa, durante una conferenza stampa a Seoul. La capitale della Corea del sud, Timothy Mousseau, docente di scienze biologiche all’ University of South Carolina, ha spiegato che «Quando il trizio entra nell’organismo, è pericoloso almeno tanto quanto qualsiasi altro radionuclide. In alcuni casi è pericoloso più del doppio in termini di effetti delle radiazioni sul materiale genetico, sulle proteine».
Per Parenti «Tokyo, insomma, starebbe gravemente peccando in superficialità». Cosa confermata da Luo a affermato a marzo ai microfoni della CGTN: «Il Giappone non ha condotto test accurati e complessivi per tali elementi che, se l’acqua contaminata sarà scaricata nell’Oceano Pacifico, si accumuleranno nell’organismo degli animali marini che vivono nelle acque costiere del Giappone, producendo un impatto sul resto del mondo attraverso le correnti oceaniche, le catene alimentari e il commercio di prodotti ittici».
Parenti fa notare che «Certamente l’esposizione esterna al trizio, che emette particelle beta a bassa energia, è incapace di penetrare il corpo umano perché queste vengono fermate semplicemente dal vestiario indossato, come indicano il governo giapponese e l’affidatario dello smantellamento di Fukushima, cioè la Tokyo Electric Power Company (TEPCO). Tuttavia, come ha sostenuto Mousseau, nel momento in cui il trizio viene ingerito in quantità consistenti, ad esempio attraverso il consumo di prodotti ittici contaminati, la radiazione ionizzante «Danneggerebbe direttamente il DNA oppure colpirebbe indirettamente altre attività metaboliche tramite stress ossidativo o uno squilibrio organico che può portare al danneggiamento di cellule e tessuti».
Parenti sottolinea che già il 26 aprile la portavoce del ministero degli esteri cinese Mao Ning aveva reiterato con urgenza l’appello al vicino di trattare in modo appropriato le questioni relative alla dismissione dell’impianto di Fukushima: A giudicare dalla situazione attuale, ci sono preoccupanti fattori di incertezza e rischi di sicurezza a proposito dello smantellamento delle strutture nucleari e della gestione dei rifiuti radioattivi. E’ stato provato che la base del recipiente a pressione del reattore dell’Unità 1 è gravemente danneggiato, con il rischio che tale recipiente possa collassare. Se mal gestito o non trattato in tempo, il problema potrebbe aggravare l’impatto ambientale ed aggiungersi al volume di radionuclidi presenti nelle acque contaminate».