Olio di palma nei biocarburanti: il 58% degli italiani chiede lo stop prima del 2030 (VIDEO)

Legambiente scrive a senatori e deputati: anticipare lo stop ai sussidi all’olio di palma al più tardi al 2023

[24 Settembre 2020]

Secondo i risultati del sondaggio europeo condotto da YouGov per conto di Transport & Environment e pubblicato oggi, la maggioranza degli italiani – in linea con il resto dei cittadini europei – non vuole bruciare olio di palma e di soia nei motori delle loro vetture e degli aerei e chiede di fermare l’utilizzo dell’olio di palma nella produzione di biocarburanti in anticipo rispetto al 2030, data di interruzione concordata dall’Ue.

In Italia, il 58% degli intervistati ritiene giusto che l’Unione europea smetta di promuovere l’utilizzo dell’olio di palma nel gasolio in anticipo rispetto alla data concordata del 2030, a causa del suo impatto ambientale durante la coltivazione: tra questi, il 34% vorrebbe che ciò avvenisse al più presto, già a partire dal 2021, mentre il 24% ritiene che lo stop debba arrivare prima del 2030. Appena il 7% si dice contrario alla decisione di interromperne l’uso. Il 54% degli italiani intervistati vuole interrompere anche l’utilizzo della soia, la cui produzione è un altro fattore importante nella deforestazione globale. Ma c’è un altro dato che emerge con forza dal sondaggio condotto nel nostro Paese: ben il 90% degli intervistati non era a conoscenza del fatto che il diesel venduto in Italia contenesse olio di palma e di soia. Inoltre, tra il 10% degli informati (il 10%) cresce la percentuale di quanti desiderano l’interruzione dell’utilizzo dell’olio di palma (il 62%) e dell’olio di soia (il 66%) nei biocarburanti.

Legambiente commenta che si tratta di «Un dato di cui, a ben vedere, Parlamento e Governo nazionale ed europeo dovrebbero tenere conto durante questa particolare fase in cui stanno riscrivendo le leggi sulle fonti di energia rinnovabili e che presenta, dunque, l’opportunità di porre al più presto un freno alla produzione di olio di palma, principale causa (diretta e indiretta) della deforestazione globale, nonché minaccia concreta per le specie animali e vegetali in via d’estinzione e per il futuro dell’umanità».

Per questo, di fronte a quello che ritiene «Un vero e proprio delitto ambientale», dati e sondaggio alla mano, oggi Legambiente ha deciso di scrivere ai senatori e ai deputati italiani  per invitarli ad accelerare lo stop ai sussidi a favore del diesel da olio di palma, forte anche del dossier sui biocarburanti pubblicato a  luglio e della  petizione #unpienodipalle che tanto successo ha riscosso nell’ambito della campagna Save Pongo.

Gli ambientalisti denunciano che «Bruciare olio di palma è dannoso per uomo e ambiente, più del petrolio. Questo perché la crescita delle piantagioni, specie in Indonesia, ma anche in Africa e Sud America, avviene a discapito delle grandi foreste tropicali e delle torbiere, patrimonio unico di biodiversità – basti pensare agli animali che le popolano, dall’orango alla tigre al rinoceronte –, ma anche sulla pelle delle popolazioni indigene, cacciate e sfruttate insieme ai contadini poveri e alle loro famiglie, spesso pagati meno di un dollaro al giorno. Ma a farne le spese è il mondo intero, come dimostra il rapporto “Globion” pubblicato della Commissione europea, secondo cui le emissioni di CO2 dirette e indirette (incendi e prosciugamento delle torbiere) prodotte dalla combustione di un litro di olio di palma sono mediamente triple rispetto a quelle prodotte da un litro di gasolio fossile«.

Secondo gli ultimi dati disponibili dl GSE del 2018, l’Italia utilizza almeno 1,23 milioni di tonnellate di olio di palma o derivati (complessivamente il 70% del quantitativo importato a livello nazionale) per produrre biodiesel (584 mila tonnellate) o elettricità. La rimanente quota, è destinata ai cibi preparati (soprattutto dolci), detersivi e cosmetici. Si teme che, in linea con le tendenze già osservate nel resto d’Europa, il consumo di olio di soia per utilizzi energetici possa crescere rapidamente anche in Italia.

«Tornando all’olio di palma – spiega il Cigno Verde – a oggi l’Italia ne risulta il terzo Paese importatore nell’Unione europea. A rimetterci, però, sono le tasche dei cittadini: nel 2018, infatti, per aggiungere olio di palma a diesel ed elettricità, gli italiani hanno pagato 900 milioni di euro in più tra pieni di carburante e bollette. E quel che è forse più grave, senza risultarne adeguatamente informati, come emerge dal sondaggio appena pubblicato. Ritrovandosi a pagare di più, paradossalmente, per inquinare.

La “Legge di delegazione europea 2019”, Appena approvata nel suo testo provvisorio alla Commissione affari europei del Senato,  che andrà prima al voto della plenaria del Senato e poi alle Commissioni della Camera, prevede che l’utilizzo dell’olio di palma venga progressivamente abbandonato tra il 2024 e il 2030. Mentre Legambiente , con una petizione firmata da oltre 60 mila cittadini, ne chiede la fine a partire dal 1° gennaio 2021, e persino la stessa Eni – incalzata dall’associazione ambientalista all’Assemblea azionisti tenutasi lo scorso maggio – ha promesso di rinunciare all’olio di palma entro il 2023.

«Chi vuole bruciare, allora, olio di palma anche dopo il 2023?» si chiede Legambiente. E risponde: «A conti fatti, continuare a bruciare tonnellate di olio di palma converrebbe unicamente ai commercianti di prodotti petroliferi e a “piccole” bioraffinerie come la Musim Mas di Livorno (30-40 dipendenti), che lucrano su un commercio di centinaia di milioni di euro, pagati inconsapevolmente dalle famiglie italiane».

Per questo il presidente di Legambiente  Stefano Ciafani ha deciso di scrivere alle senatrici e ai senatori e alle Commissioni affari europei, trasporti e ambiente della Camera dei Deputati per chiedere che cambino la legge in fase di approvazione e di arrivare il prima possibile allo stop dei sussidi all’olio di palma nei biocarburanti e biocombustibili. Legambiente allega  alle lettere due possibili emendamenti alternativi per l’approvazione della Legge di delegazione europea 2019: il primo per l’abolizione dell’olio di palma nella produzione di biocarburante già dal 1° gennaio 2021, il secondo per una riduzione graduale entro il 2023.

Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente, conclude: «La data del 31 dicembre 2030 indicata nel testo licenziato dalla Commissione al Senato rappresenta il termine massimo consentito dalla nuova direttiva europea per escludere l’olio di palma dal novero delle fonti rinnovabili. In altri Paesi membri, come la Francia, è invece già possibile anticiparne l’eliminazione nei biocarburanti a partire dal 2021. La stessa Eni, principale importatrice nazionale di olio di palma, che più volte come Legambiente abbiamo incalzato anche attraverso la nostra campagna #unpienodipalle, ha promesso di abbandonarne l’utilizzo entro il 2023. Perché, dunque, l’Italia dovrebbe proseguire a importarlo e bruciarlo per i prossimi dieci anni? Lo chiediamo alle nostre senatrici e ai senatori, ma anche alle Commissioni Affari Europei, Trasporti e Ambiente della Camera dove la legge approderà, ricordando loro che il continuo incremento del consumo di olio di palma ai fini energetici è oggi la principale causa di deforestazione nel mondo e di veri e propri crimini contro l’umanità, compresa la violazione di diritti civili e del lavoro».

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