Petrolio, risarcimento miliardario della BP. Wwf: «In Italia strumenti di intervento spuntati»

Mancano strumenti per prevenire un danno ecologico e sociale come quello del Golfo del Messico

[5 Aprile 2016]

Secondo il Wwf, «La sentenza di risarcimento per 20 miliardi di dollari a carico della Bp per la fuoriuscita di petrolio e la morte di 11 operai provocati nel 2010 da un incidente (il più grave nella storia americana) alla piattaforma Deepwater Horizon  per dimostra due cose fondamentali : nessuna trivellazione petrolifera, soprattutto in mare aperto, è a rischio zero. Inoltre, è indispensabile che prima di concedere qualsiasi autorizzazione agli impianti di trivellazione  siano perfezionate le valutazioni ambientali su piani e progetti, siano compiute serie valutazioni del rischio  e si verifichi la capacità tecnico-finanziaria di chi richiede le concessioni, in modo da valutare se queste  diano sufficienti garanzie in caso di incidenti che provochino gravi danni agli ecosistemi, come richiesto esplicitamente dalla Direttiva Comunitaria 2013/30/UE “Offshore”».

Ma il Panda dice che «In Italia,  abbiamo appena reso più deboli i nostri strumenti di intervento» e dice di averlo denunciato nelle osservazioni presentate dal Wwf alle modifiche normative proposte dal Governo e in un reclamo alla Commissione Europea sul lacunoso recepimento della Direttiva “Offshore” di cui scriviamo oggi su greenreport.it.

Il Wwf sottolinea che «Innanzitutto a causa delle  modifiche introdotte dalla Legge di Stabilità il Governo ha fatto saltare il Piano delle  aree  per le attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi, che doveva essere sottoposto a Valutazione Ambientale Strategica. Inoltre, grazie al  recepimento “all’italiana” della Direttiva Offshore (decreto legislativo 145/2016), il Governo, invece di costituire un’Autorità indipendente da chi si occupa della regolamentazione in materia di sviluppo economico per evitare i conflitti di interesse (come richiesto esplicitamente dalla normativa comunitaria) ha costituito l’ennesimo Comitato interministeriale,  in cui siede il direttore generale dell’UNMIG (la direzione del Ministero dello Sviluppo Economico, che si occupa di  miniere e idrocarburi) e ha creato una rete territoriale sotto il controllo degli uffici dell’UNMIG. E’  questo il miglior modo, per non far venire alla luce, l’Autorithy che ha tra i suoi compiti proprio quelli relativi alle attività di controllo e vigilanza sui grandi rischi e quindi sulle condizioni di sicurezza e di risposta all’emergenza, anche e soprattutto dal punto di vista ambientale».

Gli ambientalisti fanno notare che «Date queste condizioni di partenza è difficile che in Italia ci siano strumenti efficaci per prevenire un danno ecologico, sociale, ambientale quale quello provocato nel Golfo del Messico».

Il Wwf ricorda che «Il Mediterraneo è un  mare fragile e sensibile per la biodiversità, che fornisce un insostituibile sostentamento a decine di migliaia di persone che vivono di pesca e turismo (sono 60mila gli addetti della terza flotta peschereccia d’Europa e di turismo costiero vivono 47mila esercizi). In Italia dovremmo sapere bene che nel momento in cui  si verifica una fuoriuscita di greggio non c’è più nulla da fare ed è per questo che bisogna chiedere ed ottenere garanzie tecniche ed economico-finanziarie più che solide. La memoria va al più grave incidente avvenuto nelle acque italiane alla superpetroliera Haven che nell’aprile 1991, con un carico di 144 mila tonnellate di Iranian Heavy Oil, riversò nel Mar Ligure oltre 40-50 mila tonnellate di greggio che hanno provocato per decenni effetti teratogeni, mutageni e cancerogeni negli organismi marini. Si trattava in quel caso per l’Italia di  fare riferimento a un  Fondo (IOPCF) per il risarcimento ambientale per un inquinamento provocato da una petroliera, con un massimale  che consentì un risarcimento di soli 117 miliardi e 600 milioni di lire (58,5 milioni di euro), mentre il solo danno ambientale era stato valutato da un comitato tecnico IRI/ENI in 1200 miliardi di Lire (600 mln di euro). Mentre per l’analogo incidente  della Exxon Valdez, avvenuta nel 1988 davanti alle coste dell’Alaska, la magistratura degli Stati Uniti (che non aderiscono al sistema IOPCF) impose ad  ESSO un risarcimento  a soggetti pubblici e privati di una cifra equivalente a 5mila miliardi di lire (2,5 miliardi di euro),. comprensivo del risarcimento del danno ambientale».

Il Wwf conclude: «La sentenza di oggi per il Golfo del Messico ci ricorda come il petrolio sia una minaccia per le economie del mare ed il prossimo referendum sulle trivelle ci offre l’occasione votando SI per lanciare un segnale chiaro al Governo e chiedere un’inversione di tendenza per un futuro energetico che investa in rinnovabili e abbandoni progressivamente le fonti fossili come petrolio e carbone. Per “un pugno di royalty” versate dai petrolieri regaliamo le nostre risorse ambientali: il sistema di esenzioni fiscali, agevolazioni e incentivi che fanno dell’Italia un paradiso per i petrolieri, nonostante il calo vertiginoso del costo del petrolio».