Politecnico di Milano: l’efficienza energetica nell’industria è la Cenerentola del Pnrr
Digital Energy Efficiency Report 2022: il PNRR ha privilegiato l’incentivazione delle rinnovabili e la riqualificazione dell’edilizia civile
[9 Giugno 2022]
Secondo il Digital Energy Efficiency Report 2022, redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano. «Nel 2021 in Italia gli investimenti per l’efficienza energetica in ambito industriale hanno raggiunto i 2,2 miliardi di euro, quasi totalmente (90%) per tecnologie hardware e solo in minima parte per soluzioni digitali e software. Si tratta di un 8% in più rispetto all’anno precedente, ma è difficile parlare di ripresa, visto che il 2020 aveva fatto registrare risultati particolarmente negativi (-19,6%) e che l’inversione di tendenza non è stata sufficiente a riportare i valori ai livelli pre-pandemici (peraltro già in frenata dopo il boom del biennio 2015-17) a causa di diversi fattori normativi e di mercato. Infine, l’ultimo trimestre del 2021 è stato investito dalla forte crescita dei prezzi delle commodities, a cui non è però corrisposto un aumento degli investimenti in efficienza energetica».
Il rapporto, presentato oggi in un convegno a cui hanno preso parte, in tre diverse tavole rotonde, anche le numerose imprese partner della ricerca, evidenzia che «L’aumento più sensibile all’interno delle tecnologie hardware (+8,4% di investimenti in totale) riguarda la cogenerazione (+21%), seguita dall’illuminazione efficiente (+8%) che però è ancora ben lontana dal colmare il -21% registrato nel 2020 rispetto al 2019. Le soluzioni digitali, invece, sono cresciute appena del 4% e quasi la metà degli investimenti (74 milioni di euro, pari al 47%) ha riguardato i sistemi di raccolta e monitoraggio dei dati energetici di processo».
La domanda emersa dal convegno è stata: «Gli stanziamenti del PNRR potrebbero contribuire a invertire la rotta?» Federico Frattini, vicedirettore dell’Energy&Strategy e responsabile dell’Osservatorio DEER , ha risposto: «Purtroppo l’efficienza energetica nel comparto industriale è la Cenerentola del Piano nazionale di ripresa e resilienza e i fondi che le sono stati destinati sono decisamente esigui rispetto a quelli indirizzati ad altri settori. Le motivazioni possono essere diverse: fattori di carattere strategico, come la scelta di incentivare maggiormente l’installazione di impianti da fonti di energia rinnovabile per andare incontro agli obiettivi di decarbonizzazione imposti dalle direttive europee; oppure fattori legati alle caratteristiche intrinseche del parco edilizio ad uso civile, che essendo più arretrato rispetto a quello industriale è oggetto della maggior parte dei fondi per la riqualificazione degli edifici. Tuttavia, il processo di digitalizzazione delle imprese gioca un ruolo fondamentale per raggiungere qualunque obiettivo nell’ambito della transizione ecologica e dunque abbiamo ragione di ritenere che, superata l’attuale fase emergenziale, gli investimenti in chiave industriale saranno trainati dai fondi per il Piano Transizione 4.0».
Ecco i punti essenziali del rapporto:
I paradigmi di data valorization e data monetization: lo stato attuale. Con data valorization si definisce la rielaborazione dei dati energetici raccolti dalle tecnologie digitali presenti in azienda, in modo che il management possa prendere decisioni informate, mentre con data monetization si intende la vendita di tali dati, un’opzione che ben il 95% delle imprese interpellate con un’apposita survey non ha nemmeno preso in considerazione o approfondito ad oggi. Stando alla ricerca, le aziende sono spesso dotate di svariati sistemi di misurazione dei consumi energetici, ma ancora non hanno la consapevolezza del valore che si potrebbe estrarre dalla loro analisi e quindi non utilizzano questi approcci, annullando il vantaggio potenzialmente conseguibile. Sono i software provider o le ESCo che, oltre a offrire soluzioni software in grado di esaminare in maniera strutturata i dati energetici raccolti sul campo, supportano il cliente nella loro interpretazione: nel settore industriale, vengono sfruttati principalmente per efficientare i processi (96% dei casi) e ottimizzare gli impianti (78%), ma sempre più aziende stanno cercando di individuare opportunità di riduzione delle emissioni di CO2 attraverso l’impiego dei dati raccolti.
La survey 2022: le opinioni degli energy manager e lo stato di salute delle ESCo. Secondo la survey annuale condotta tra le imprese, è costante rispetto al 2020 (64%) la percentuale di aziende che nel 2021 ha investito in soluzioni hardware, leggermente più alta (67%) se ci si riferisce solo alle Grandi Imprese, che tuttavia sono diminuite del 13% rispetto al 2020: un calo evidenziato già nell’ultimo triennio. Nelle PMI, al contrario, la percentuale si ferma al 61%, ma rappresenta ben il 16% in più rispetto all’anno precedente.
Sono cresciuti del doppio gli investimenti in illuminazione efficiente, che ammontano all’81% del totale, mentre sono rimasti pressoché stabili (63%) rispetto al biennio 2019-2020 quelli sul processo produttivo. Più che raddoppiata sul 2020 anche la quota relativa a motori elettrici e inverter (52%). Al contrario, solo il 29% del campione dichiara di aver realizzato investimenti in soluzioni digitali per l’efficienza energetica nel corso del 2021 (-9% rispetto al 2020), senza particolari differenze tra Pmi e Grandi Imprese. In cima alla classifica i software dedicati all’energia, in netto aumento rispetto al 2020, e la sensoristica di base.
In continuità con il triennio 2018-2020, le maggiori diffidenze sono legate agli eccessivi tempi di ritorno degli investimenti e all’incertezza del quadro normativo, ma nelle PMI si registra anche una mancanza di consapevolezza da parte del top management. Quasi il 90% delle imprese afferma che il rincaro dei prezzi dell’energia porterà a un incremento, nell’immediato o nel prossimo futuro, degli investimenti in efficienza energetica, soprattutto su tecnologie – illuminazione, inverter, motori elettrici, aria compressa – relative al processo produttivo. Quanto alle ESCo, si registra un rallentamento nella crescita, soprattutto rispetto al biennio 2017-2018: nel 2021 quelle certificate sono aumentate di appena 2 unità. Il 36% afferma di avere lo stesso numero di dipendenti del 2020, e una identica quota di averlo aumentato del 10% o più. Tuttavia, la maggioranza del campione (52%) dichiara un fatturato a fine 2021 accresciuto di oltre il 10% (anche l’Ebitda, nel 54% dei casi), a fronte di un 19% che ha subìto una diminuzione nei ricavi (il 14% di oltre il 20%). Emerge quindi un quadro sostanzialmente positivo che conferma il percorso di ripartenza intrapreso dal settore dell’efficienza energetica industriale nel corso del 2021, atteso in ulteriore crescita nel 2022.
Il quadro normativo regolatorio, gli sviluppi del mercato dei Certificati Bianchi. Risale al 31 maggio 2021 la nuova riforma dei Certificati Bianchi (CB), che doveva arrestarne il declino e rilanciarli: obiettivo al momento non raggiunto, visto che nel 2021 il GSE ha riconosciuto complessivamente 1.120.672 CB, pari a un quinto di quelli emessi nel 2015 e molti meno anche rispetto al 2020 (-35%), che già erano diminuiti del 41% sul 2019. Nonostante siano considerati lo strumento potenzialmente più efficace a supporto dell’efficienza energetica (l’unico in grado di contabilizzare effettivamente i risparmi conseguiti e quello che permette di raggiungere obiettivi di efficienza a costi più bassi), non sono diminuite le difficoltà che ne impediscono un utilizzo diffuso da parte degli operatori, soprattutto a causa del ridotto numero di titoli generati che crea uno squilibrio fra domanda e offerta. Servirebbe un processo di semplificazione e standardizzazione dell’iter burocratico, in modo da incentivare le imprese a farne richiesta e conseguentemente incrementare l’offerta di mercato.
Intanto, però, occorre che il mercato ritorni almeno ai livelli precedenti la pandemia: ci sono i presupposti per una ripresa al 2024? «Non se la situazione resta così com’è – conclude Frattini – ma solo nel caso in cui le policy governative e le dinamiche di mercato, insieme, porteranno a una maggiore esigenza di intervenire sull’efficienza in ambito industriale a seguito dell’incremento dei prezzi dell’energia. È lo scenario più positivo, che abbiamo definito “policy and market driven” e che potrebbe generare un mercato da 3,7 miliardi di euro”. Anche dal punto di vista delle emissioni di gas serra, lo scenario ‘policy and market driven’ è l’unico che avvicinerebbe il settore industriale italiano, al 2030, all’obiettivo di riduzione del 40% contenuto nel PNIEC (non però a quello di -55% del pacchetto Fit for 55), ma la strada da percorrere per una decarbonizzazione consistente del comparto è ancora lunga».