Quale fase 2 per l’energia dopo il Covid-19? Conseguenze anche per il mondo della ricerca

Strada tracciata ma con molte incognite. Il prezzo del petrolio a livelli così bassi aiuta o frena le rinnovabili?

[9 Giugno 2020]

Il lockdown per il Covid-19 e la crisi economica in atto hanno avuto un impatto anche sui consumi elettrici e sulla rete, che ha retto attingendo alle sue risorse di flessibilità e aumentando la quota di fonti rinnovabili. Secondo RES Magazine, promosso dalla Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali (CSEA), «E’ stato un “balzo nel futuro”: abbiamo visto come potrebbe essere la rete tra qualche anno, se il percorso di decarbonizzazione della produzione elettrica seguirà le tappe previste dagli impegni europei e dal Pniec» e chiede a diversi esperti: «Ora che la normalità è quasi del tutto ristabilita, quali sono le prospettive per il sistema energetico e per la ricerca in questo campo?

Enrico Giovannini, portavoce dell’Alleanza per lo sviluppo sostenibile (Asvis) e membro della task force per la ripartenza è moderatamente ottimista e considera fondamentale il ruolo dell’Europa: «L’Unione europea sta tenendo dritta la barra del Green Deal e della digitalizzazione. La Bei, la Banca europea degli investimenti, aveva già annunciato il taglio dei finanziamenti a investimenti basati sui combustibili fossili». Per Giovannini, sull’energia la partita è aperta: «Ma secondo le analisi di molti esperti il colpo che hanno subito i combustibili fossili avrà effetti permanenti».

Ma Emilio Campana, direttore del Dipartimento di ingegneria, ICT e tecnologie per l’energia e i trasporti del Cnr (Diitet) mette l’accento su un aspetto diverso: «Sviluppare tecnologie per l’energia pulita sarà più complesso perché il capitale a disposizione è stato intaccato e i rischi per questo tipo di business sono aumentati». Inoltre c’è  la concorrenza del greggio: «Il prezzo del petrolio a livelli così bassi mette fuori mercato molti tipi di energia. Tutto ciò crea difficoltà anche al sistema della ricerca che su quelle fonti energetiche sta lavorando».  Per Campana questo comporterà «prevedibili ricadute occupazionali negative».

Il direttore del Diitet è comunque convinto che «La ricerca può e deve lavorare con il mondo produttivo per contribuire a formulare un cambio di paradigma. Un cambio di paradigma per ripensare, attraverso nuove politiche ambientali, economiche, sociali e industriali, il modo di progettare e produrre beni e servizi. La ricerca deve capire i bisogni dell’industria ma al tempo stesso deve proporre formulazioni nuove. Sicuramente la ricerca sui combustibili tradizionali è finita – aggiunge – C’è ancora molto interesse per i biocombustibili quando rispondono però ai principi dell’economia circolare. Quindi se prodotti, ad esempio, da scarti alimentari. C’è molto da indagare ancora sui materiali per le rinnovabili e per l’accumulo. E ancora applicazioni come l’eolico offshore. Senza dimenticare le grandi potenzialità della fusione».

La crisi del Covid-19 ha evidenziato l’importanza dello storage e Gian Piero Celata, direttore del Dipartimento tecnologie energetiche di Enea, sottolinea che «Tra gli effetti poco visibili di questo balzo delle Fer emergono rischi per la stabilità, l’affidabilità e la sicurezza delle reti. Vanno previsti mezzi alternativi, in grado di bilanciare le variazioni delle Fer, che non possono essere basati sulle fonti fossili. E su questo già oggi sono allo studio molte innovazioni su cui puntare. Innanzitutto i sistemi di accumulo elettrochimico, potenzialmente già in grado di supportare l’integrazione nelle reti elettriche di maggiori quantità di energia da fonti rinnovabili».

Celata non si nasconde le criticità: «I costi ancora elevati, i volumi occupati e lo smaltimento. Ma si tratta comunque di una delle soluzioni migliori per bilanciare la rete elettrica, tanto che lo storage lab di Terna, dopo una caratterizzazione delle possibili batterie da utilizzare fatta da Enea, Cnr, Cesi e Rse, sta testando batterie al litio».