Quando la guerra è una manna: 134 miliardi di dollari in più per i 5 giganti fossili

Le multinazionali fanno greenwashing e non reinvestono nelle energie rinnovabili come dicono di fare

[13 Febbraio 2023]

Secondo la recente analisi “Crisis year 2022 brought $134 billion in excess profit to the West’s five largest oil and gas companies” pubblicata da Global Witness, per le 5 maggiori multinazionali fossili del mondo – – BP, Chevron, Exxon, Shell e Total – i profitti record realizzati nel 2022 ammontano a 134 miliardi di dollari in più rispetto a normale esercizio finanziario.

Utilizzando la formula dell’Ue per valutare gli extra-profitti (definiti come qualsiasi superiori al 20% d«el rendimento medio dei 4anni precedenti), Global Witness ha scoperto che: 18,7 miliardi  di dollari dei 27,7 miliardi di profitti di BP sono stati extra-profitti; il rendimento di Chevron di 35,5 miliardi di dollari è stato di 27,1 miliardi di dollari superiore alla media quadriennale; dei sorprendenti profitti di 55,7 miliardi di dollari di  Exxon, 45 miliardi sono stati extra-profitti;  21,3 miliardi di dollari dei 39,9 miliardi di Shell (il più grande profitto mai realizzato da un’impresa britannica) sono stati una manna caduta dal cielo della crisi energetica; dei profitti di Total per 36,2 miliardi di dollari, 18,7 miliardi erano extra-profitti.

Secondo l’ONG, «In tutta Europa, questo denaro extra per i giganti dell’energia potrebbe pagare quasi il 20% del denaro che tutti i governi europei hanno stanziato per proteggere le famiglie e le imprese più vulnerabili dagli alti prezzi dell’energia. Nel frattempo questi 134 miliardi di dollari coprirebbero quasi il 40%  di quanto la Banca Mondiale ha detto che sarà necessario per ricostruire e recuperare l’Ucraina dalla brutale guerra della Russia, che ha avvantaggiato il margine di profitto delle grandi compagnie petrolifere e del gas. Allo stesso modo, potrebbe coprire l’80% dei 168 miliardi di dollari di danni causati in tutto il mondo dai 10 peggiori eventi meteorologici estremi alimentati dal clima dell’anno scorso».

Alice Harrison, fossil fuels campaign leader  leader di Global Witness, ha evidenziato che «Non si tratta di 134 miliardi di dollari in più che queste companies possono dire essere il risultato di un lavoro un po’ più duro: si tratta di approfittare di una crisi energetica e di una guerra. BP, Shell ed Exxon possono anche vantarsi dei loro profitti, ma è un peccato che mentre accumulano ricchezze il resto di noi soffre. Forse le companies potrebbero ridurre un po’ la loro pessima fama se offrissero questi profitti per aiutare a proteggere i più vulnerabili, o incanalandoli nell’aumento delle energie rinnovabili, ma semplicemente non lo fanno. Questo è denaro che sta rendendo più ricchi azionisti ed executives ma  sta intaccando in modo significativo la transizione energetica tanto necessaria e aumentando la disuguaglianza. Queste somme scandalose dovrebbero essere un campanello d’allarme per i politici che cercano disperatamente soldi per finanziare servizi pubblici, aiuti e cure. I soldi ci sono, serve solo la volontà politica di sfidare il potere di queste compagnie. Il mondo sarebbe un posto più pulito, più sicuro e più giusto senza cose del tipo di BP, Shell, Exxon, Total e Chevron».

Nonostante il crescente allarme dell’opinione pubblica pubblico per questi profitti e le successive richieste di una tassazione più efficace sugli extra-profitti, le 5 multinazionali fossili hanno pagato 102 miliardi di dollaria beneficio dei loro azionisti: 47,6 miliardi di dividendi e  54,3 miliardi per riacquistare azioni. E Global Witness fa notare che «Ci sono poche prove che queste aziende stiano reinvestendo i loro guadagni inaspettati nelle energie rinnovabili. L’International energy agency prevede che nel 2022 gli investimenti in progetti di energia pulita costituiranno solo il 5% degli investimenti di capitale del settore petrolifero e del gas nella produzione di energia a monte».

Intanto. Global Witness ha presentato una denuncia per greenwashing alla Securities and Exchange Commission degli Stati Uniti, osservando che «Shell sta spendendo solo l’1,5% della sua spesa complessiva per la produzione di energia eolica e solare, nonostante affermi che il 12% della sua spesa annuale va alle energie rinnovabili».