Rischi per la sicurezza nazionale Usa dagli attacchi alla rete elettrica: la soluzione è il solare
Microreti ed energia distribuita contro disastri naturali e attentati
[9 Maggio 2017]
Le vulnerabilità della rete elettrica sono una delle minacce più diffuse per la sicurezza nazionale Usa e l’esercito statunitense ha chiesto a tecnici e scienziati di costruire una rete resiliente utilizzando microreti e l’energia distribuita per stabilizzare i rifornimenti di energia.
Nello studio “U.S. strategic solar photovoltaic-powered microgrid deployment for enhanced national security” pubblicato su Renewable and Sustainable Energy Reviews, un team interdisciplinare di ingegneri ed esperti di politica energetica della Michigan technological university (Mtu) sottolinea che la produzione di energia da molteplici fonti riduce le possibilità di black-out a cascata in seguito ad un attacco militare o a calamità naturali, le microreti sono in grado di fornire localmente la sicurezza energetica. Secondo gli esperti della Mtu «Il primo passo è quello di allestire infrastrutture militari rifornii da sistemi di micro-reti a solare fotovoltaico (PV)». Per dare energia alle sue basi nazionali, l’esercito Usa ha bisogno di 17 gigawatt di fotovoltaico, cosa tecnicamente fattibile ed economicamente vantaggiosa.
La principale autrice dello studio, Emily Prehoda, che viene da una famiglia di militari e sta finendo il suo dottorato di ricerca in politica energetica presso alla Michigan Tech, è convinta che questo tipo di indipendenza energetica potrebbe essere estesa alle comunità locali: «Questo è un problema enorme, non solo per i militari, ma per altre organizzazioni, e riguarda tutte le diverse parti, sotto il profilo tecnico, economico e sociale, e riconduce all’idea di sicurezza».
Sarebbe strano che Donald Trump, che vuole tagliare i fondi alle rinnovabili e aumentare quelli per l’esercito, alla fine si trovasse a dare milioni di dollari per il fotovoltaico. Ma l’esercito statunitense sta già attuando un piano per l’energia rinnovabile che prevede che entro il 2025 le strutture militari Usa dovranno produrre almeno il 25% di energia da fonti rinnovabili, ma solo il 27 degli oltre 400 siti militari nazionali sono dotati di microreti fotovoltaiche funzionanti o hanno intenzione di realizzarle. «il che – sottolineano alla Mtu – ne rende la maggior parte vulnerabili a lungo termine ai blackout di energia».
Un altro autore dello studio, Joshua Pearce, un ingegnere elettrico e informatico che si occupa anche di scienza dei materiali, dice che «Questo è un ottimo inizio, ma è necessario fare di più, in quanto la maggior parte dei sistemi di backup militari si basano su generatori, anche loro vulnerabili alle interruzioni dei rifornimenti di combustibile. Attualmente, l’esercito americano è estremamente dipendente dall’elettricità, non è gente che combatte con le baionette. Se investissimo del denaro nelle microreti alimentate a fotovoltaico, saremmo oggettivamente più sicuri e otterremmo un ritorno sull’investimento, così come dopo l’investimento iniziale nel fotovoltaico i militari godrebbero dell’energia elettrica solare gratuita per i prossimi 25 anni».
Le principali minacce alla rete elettrica Usa vengono da disastri naturali come tornado, uragani e tempeste invernali, che costano tra i 18 e 33 miliardi l’anno in blackout e danni alle infrastrutture: le minacce per le reti energetiche militari sono attacchi deliberati, che possono essere sia attacchi fisici, come l’attacco del 2013 di a una sottostazione della Silicon Valley, che è costato 100 milioni ed è durato 27 giorni, o la pirateria informatica che causa interruzioni di elettricità a cascata come nei blackout in Ucraina nel 2016. Nel 2012, il Dipartimento della difesa Usa ha descritto circa 200 incidenti informatici nei sistemi di infrastrutture critiche e quasi la metà hanno preso di mira la rete elettrica.
A differenza dei sistemi tradizionali rigidi e centralizzati, le microreti sono flessibili e consentono di avere energia anche se la distribuzione generale salta, mantenendo le prestazioni di infrastrutture essenziali e riducendo la possibilità di errori a catena. Il solare, grazie alla continua diminuzione dei costi e alla possibilità di essere realizzato praticamente ovunque, è il “combustibile” più indiato per alimentare le microreti militari.
Per quantificare gli impatti tecnici dei sistemi energetici distribuiti, il team della Michigan Tech ha studiato le basi militari nazionali e i loro attuali consumi elettrici. Poi ha censito le microreti alimentate con fotovoltaico, esistenti e previste, i blackout che in passato hanno colpito impianti militari e il potenziale solare di ogni Stato Usa. I ricercatori hanno così scoperto che ci vorrebbero 2.140 gigawatt per rifornire tutte le infrastrutture militari più importanti negli Usa con il 100% di energia solare e che un sistema ibrido con microreti e stoccaggio di energia fornirebbe protezione contro i blackout. Da solo, l’esercito Usa avrebbe bisogno di 17 gigawatt. Per capire di cosa si sta parlando: fino ad oggi in tutti gli Usa sono stati installati in totale di 22,7 gigawatt di solare.
Il team ha quindi esaminato la fattibilità tecnica ed economica di utilizzare le prime 20 compagnie che già lavorano con il Dipartimento della difesa Usa per installare le microreti e ha realizzato un caso di studio dettagliato di tre multinazionali: Lockheed Martin, Bechtel e General Electric, per valutarne competenze tecniche e risorse disponibili. Il risultato è che è possibile vincere la sfida e realizzare una rete di distribuzione resiliente utilizzando le microreti e che «E’ fattibile perché le risorse per installare questi sistemi esistono già sul mercato interno».
Prehoda ha lavorato anche con Chelsea Schelly, che insegna sociologia alla Michigan Tech, per valutare le problematiche politiche entrambe sottolineano che «Nonostante il notevole rischio per la sicurezza nazionale, la politica per affrontare i blackout della rete elettrica e stata minima».
La Schelly aggiunge che «Il sostegno al fotovoltaico ha un senso in termini di sicurezza nazionale. Esiste un qualche riconoscimento politico che l’energia possa essere una priorità della sicurezza. Mentre gli Stati Uniti non hanno una politica nazionale per l’energia rinnovabile, i militari ce l’hanno, e hanno la capacità di attuarla attraverso gli appaltatori esistenti. Se ci rendiamo conto che questa capacità esiste già, allora possiamo cominciare a pensare al PV come misura di sicurezza, integrando le microreti. E quindi creando resilienza locale basata su tecnologie militari».
Lo studio esamina come la tecnologia progettata e implementata nelle basi militari potrebbe portare a microreti simili in altri servizi pubblici, per infrastrutture essenziali come gli ospedali, l’industria e sistemi commerciali, nonché case e quartieri.
Prehoda conclude: «Per me, a cominciare con i militari è importante per la vulnerabilità di sicurezza e della rete nazionale. Ma è anche un balzo in avanti per la tecnologia. Il primo passo è riconoscere quello che serve per rifornire le basi militari nazionali e, infine, i siti militari all’estero, per combattere i guati provocati alla rete elettrica dai disastri naturali e dagli attacchi terroristici».