Scienza vs lobbying: come Total ha seminato per decenni il dubbio sul cambiamento climatico

Il lento passaggio dal negazionismo climatico allo spostamento dell’attenzione dell’opinione pubblica

[21 Ottobre 2021]

Lo studio “Early warnings and emerging accountability: Total’s responses to global warming, 1971–2021”, pubblicato su Global Environmental Change da  Christophe Bonneuil del Centre de Recherches Historiques – CNRS & EHESS,  Pierre-Louis Choquet del Centre de Sociologie des Organisations –  SciencesPo, e Benjamin Franta della Stanford University e rilanciato in grande stile da Le Monde con l’articolo “Changement climatique : comment Total et Elf ont contribué à semer le doute depuis des décennies”, dimostra che «Total Energies, pur consapevole dei rischi già nel 1971, metteva in discussione i dati scientifici che minacciavano le sue attività».

Lo studio, basato su nuove ricerche d’archivio e interviste di prima mano, descrive come Total ed Elf (le due compagnie petrolifere francesi che si sono fuse nel 1999) hanno risposto ai cambiamenti nella scienza e nella politica climatiche negli ultimi 50 anni.
I ricercatori dimostrano che lo staff di Total aveva ricevuto già nel 1971 avvertimenti sul catastrofico potenziale di riscaldamento globale dei suoi prodotti. Total era stata poi informata ancora meglio sull’argomento nel 1980 e aveva iniziato a mettere in dubbio la base scientifica del riscaldamento globale alla fine degli anni 1980, per poi adottare una posizione di accettazione pubblica della scienza climatica alla fine degli anni ’90, ma promuovendo allo stesso tempo  il rinvio delle politiche di controllo dei combustibili fossili.

Al CNRS dicono che «Si tratta di uno dei primi studi longitudinali sulle risposte di una grande impresa di combustibili fossili al riscaldamento globale, che descrive le fasi storiche di consapevolezza, preparazione, negazione e ritardo».

Nel 1971, il magazine Total Information, con una tiratura di 6.000 copie, conteneva un articolo intitolato ” Pollution atmosphérique et climat”, firmato da François Durand-Dastès, geografo specializzato in cambiamenti climatici, professore emerito e membro del laboratoire Géographie-cités, che spiegava che “Dal XIX secolo, l’uomo ha bruciato quantità crescenti di combustibili fossili» e che «Questo porta al rilascio di enormi quantità di anidride carbonica» la cui quantità complessiva «presente nell’atmosfera è quindi aumentata significativamente […] circa il 15% negli ultimi 150 anni» e poi avvertiva: «Questo aumento della concentrazione è abbastanza preoccupante […] l’anidride carbonica svolge un ruolo importante nell’equilibrio termico dell’atmosfera […] l’aria più ricca di anidride carbonica assorbe più radiazioni e si riscalda». Quindi, «è da temere un aumento della temperatura media dell’atmosfera. Gli ordini di grandezza calcolati sono ovviamente piccoli (da 1 a 1,5◦ C) ma potrebbero avere impatti significativi. La circolazione atmosferica potrebbe essere alterata». Non è impossibile prevedere «lo scioglimento almeno parziale delle calotte polari, che porterebbe certamente ad un significativo innalzamento del livello del mare. Le conseguenze catastrofiche sono facili da immaginare».

Come ricorda Le Monde, è  solo a metà degli anni 2000 che Total ha riconosciuto «davvero la “serietà” dei rapporti dell’IPCC e ha organizzato una conferenza sul cambiamento climatico».

I tre ricercatori riassumono: «Abbiamo documentato mezzo secolo di risposte mutevoli di Total al riscaldamento globale. Nel 1971 l’impresa pubblicò un avvertimento scientifico sui cambiamenti climatici, ma rimase in sordina pubblicamente sulla questione per il resto del decennio. Verso la metà degli anni ’80, il cambiamento climatico ha prodotto una maggiore preoccupazione tra le major mondiali del petrolio e Exxon, attraverso l’associazione industriale IPIECA, ha guidato gli sforzi per organizzare le compagnie petrolifere a livello internazionale per contestare la scienza climatica e indebolire i controlli sui combustibili fossili. Come parte di questo sforzo, le compagnie francesi Total ed Elf hanno iniziato a promuovere l’incertezza riguardo alla scienza climatica, sia in modo indipendente che attraverso l’IPIECA, facendo pressioni con successo contro le politiche per ridurre le emissioni di gas serra. Allo stesso tempo,

Alla fine degli anni ’90, l’industria petrolifera francese si allontanò dal contestare apertamente la scienza del clima, ma continuò ad espandere i suoi investimenti nella produzione di petrolio e gas a monte e utilizzò strategie retoriche che enfatizzavano l’incertezza, minimizzavano l’urgenza e distoglievano l’attenzione dai combustibili fossili come causa primaria. del riscaldamento globale. A metà degli anni 2000, l’entità risultante dalla fusione Total ha intensificato i suoi sforzi per costruire credibilità scientifica, approvando il rapporto IPCC e ospitando una conferenza sui cambiamenti climatici. L’impresa ha iniziato a promuovere una divisione dei ruoli tra scienza e impresa, nella quale  la scienza descrive il cambiamento climatico e le imprese pretendono di risolverlo, rafforzando la sua pretesa di legittimità nel determinare politiche pubbliche e aziendali appropriate».

Bonneuil, Choquet e Franta concludono: «Il nostro studio si colloca all’intersezione tra la storia ambientale e quella aziendale e contribuisce al campo dell’agnotologia, lo studio dell’ignoranza o del dubbio indotti dalla cultura. Mentre molti commenti sulla politica del cambiamento climatico hanno inquadrato le relazioni con la scienza in termini di accettazione o negazione dicotomica, la storia di Total evidenzia il carattere multidimensionale e graduale delle posizioni riguardanti la scienza climatica, come abbracciare pubblicamente la scienza climatica mentre si distoglie l’attenzione dai fossili e dai prodotti combustibili. L’esame di queste posizioni multidimensionali può aiutare a comprendere le risposte storiche e in corso al riscaldamento globale».