Sì al Net-zero industry act: rafforzare la produzione delle tecnologie europee per la decarbonizzazione
L’Unione europea uscirà dall’Energy Charter Treaty. Friends of the Earth: vittoria per l’ambiente e il clima
[26 Aprile 2024]
Nell’ultima seduta di questa legislatura, con 361 voti favorevoli, 121 contrari e 45 astensioni, il Parlamento europeo ha approvato il Net-Zero Industry Act, già concordata informalmente con il Consiglio europeo che fissa per l’Europa l’obiettivo di produrre il 40% del suo fabbisogno annuo di tecnologie a emissioni net zero entro il 2030, sulla base di piani nazionali per l’energia e il clima (PNEC), e di raggiungere il 15% del valore del mercato globale per tali tecnologie.
In una nota l’Europarlamento evidenzia che «Le tecnologie che saranno sostenute comprendono tutte le tecnologie rinnovabili, il nucleare, la decarbonizzazione industriale, la rete, le tecnologie di stoccaggio dell’energia e le biotecnologie. La legge semplificherà la procedura di autorizzazione, fissando scadenze massime per l’autorizzazione dei progetti in funzione della loro portata e dei loro risultati. L’accordo prevede la creazione di “Zone di accelerazione a zero emissioni nette”, che beneficeranno di un processo di autorizzazione veloce, delegando agli Stati membri parte della raccolta di informazioni per le valutazioni ambientali. I piani nazionali di sostegno volti a far sì che le famiglie e i consumatori passino più rapidamente a tecnologie come i pannelli solari e le pompe di calore dovranno tenere conto dei criteri di sostenibilità e resilienza. Anche le procedure di appalto pubblico e le aste per la diffusione di fonti di energia rinnovabili dovranno soddisfare tali criteri, anche se a condizioni che saranno definite più tardi dalla Commissione. Queste tecnologie, per beneficiare delle nuove procedure, dovranno garantire un minimo del 30% del volume messo all’asta ogni anno nello Stato membro o, in alternativa, un massimo di sei gigawatt messi all’asta ogni anno e per Paese. La legislazione è considerata come un passo verso un fondo di sovranità europea e dovrebbe aumentare i finanziamenti provenienti dalle entrate del sistema nazionale di scambio delle quote di emissione (ETS) e quelli necessari per la maggior parte dei progetti strategici inclusi nella piattaforma per le tecnologie strategiche per l’Europa (STEP)».
Per diventare legge il Net-Zero Industry Act dovrà ora essere formalmente adottato dal Consiglio europeo.
Secondo il relatore. il democristiano tedesco Christian Ehler, «questo voto è una buona notizia per l’industria europea e definisce il tono della prossima legislatura. Per realizzare tutte le nostre ambizioni economiche, climatiche ed energetiche, abbiamo bisogno dell’industria in Europa. Questa legge è il primo passo per rendere il nostro mercato adatto a questo scopo».
Il Parlamento europeo ha anche adottato a stragrande maggioranza – 560 voti favorevoli e 43 contrari – la proposta di abbandonare il controverso Energy Charter Treaty (Trattato sulla Carta dell’Energia . ECT), un accordo commerciale internazionale che protegge gli investimenti nei combustibili fossili. E, dopo anni di iniziative, Friends of the Earth Europe e gli attivisti per la giustizia climatica di tutta Europa celebrano questa vittoria per l’ambiente e il clima.
L’Unione europea si aggiunge a una lunga lista di Stati membri – tra cui Francia, Germania, Spagna, Paesi Bassi, Irlanda, Lussemburgo, Slovenia, Polonia – che hanno già preso la decisione di recedere dal trattato negli ultimi due anni.
L’ECT risale agli anni ’90 e garantisce ampi diritti e protezioni ai grandi investitori nel settore energetico, principalmente le compagnie dei combustibili fossili. L’industria dei combustibili fossili lo sta usando per citare in giudizio i governi sulle loro politiche climatiche e reclamare miliardi di soldi dei contribuenti come risarcimento per la perdita di profitti. I casi vengono esaminati in tribunali privati paralleli o nei meccanismi ISDS (risoluzione delle controversie tra investitori e stato), con accordi presi da arbitri commerciali che hanno un incentivo a favorire le imprese. Solo in Europa, questo trattato protegge progetti petroliferi, di gas e carbone per un valore di 350 miliardi di euro.
Friends of the Earth Europe fa alcuni esempi: Nel 2021, le compagnie tedesche del carbone RWE e Uniper hanno chiesto al governo olandese un risarcimento di 2,4 miliardi di euro per la scadenza del 2030 per l’eliminazione graduale del carbone. Entrambi i casi sono stati ora archiviati. Nel 2022, la compagnia petrolifera britannica Rockhopper ha ricevuto 190 milioni di euro più interessi ai sensi dell’Energy Charter Treaty che l’Italia ha vietato le trivellazioni offshore, a seguito di un decennio di lotta da parte delle comunità costiere italiane che hanno combattuto contro la produzione di petrolio sulle loro coste. Lo scorso novembre, la compagnia petrolifera Klesch Group Holdings Limited ha citato in giudizio l’Ue, la Germania e la Danimarca per almeno 95 milioni di euro per imposte sulle entrate straordinarie ai sensi dell’Energy Charter Treaty. La causa intentata dalla compagnia petrolifera mirava agli sforzi dell’Europa per attutire l’impatto economico degli alti prezzi dell’energia.
Paul de Clerck, esperto commerciale di Friends of the Earth Europe, conclude: «Il voto dimostra che il potere popolare può avere la meglio anche sulle grandi multinazionali. Dopo anni di campagne, siamo riusciti a levare con successo la spada di Damocle dell’ECT che minacciava gli obiettivi di azione climatica dei governi dell’Ue. I politici ora hanno il dovere di liberare ulteriormente l’Europa dai combustibili fossili, eliminare il sistema giudiziario parallelo ISDS che consente all’industria di citare in giudizio gli Stati sulle politiche di interesse pubblico in molti altri accordi commerciali e di investimento, e accelerare la transizione verso l’energia pulita».