Solo tagliare le emissioni può contenere i costi dei consumi energetici

A causa delle ondate di caldo, la domanda globale di elettricità aumenterà del 7% entro il 2050 e del 18% entro il 2100

[25 Agosto 2022]

Secondo il nuovo studio “Increased energy use for adaptation significantly impacts mitigation pathways”, pubblicato oggi su Nature Communications da ricercatrici e ricercatori dell’università Ca’ Foscari Venezia, della Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, di RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment e di LSHTM – London School of Hygiene & Tropical Medicine, «L’energia necessaria per l’adattamento ai cambiamenti climatici comporterà investimenti e costi energetici più elevati di quanto si stimasse precedentemente. Ridurre drasticamente e rapidamente le emissioni climalteranti avrebbe quindi il vantaggio – finora trascurato dal dibattito pubblico e dalle negoziazioni sul clima – di evitare una gran parte dei consumi e dei costi energetici dovuti all’adattamento».

Università Ca’ Foscari e Fondazione CMCC evidenziano che «Il nuovo studio fa luce su un aspetto ancora poco esplorato dell’analisi delle politiche climatiche necessarie per la transizione energetica. Le esigenze di adattamento ai cambiamenti climatici riducono l’efficacia delle misure di mitigazione delle emissioni, rendendo necessaria una loro revisione che tenga conto dei già evidenti cambiamenti del clima. L’articolo esamina come l’adattamento ai cambiamenti climatici in atto abbia un impatto rilevante sui sistemi energetici e quindi sul raggiungimento degli obiettivi di mitigazione e sui loro costi economici. La stima del fabbisogno energetico per l’adattamento ai cambiamenti climatici ha delle importanti implicazioni per la transizione verso la sostenibilità e la decarbonizzazione delle economie».

Il principale autore dello studio, Francesco Pietro Colelli, del dipartimento economia della Ca’ Foscari e della Fondazione CMCC, sottolinea che «Adattarsi ai cambiamenti climatici modificando i nostri consumi energetici, come abbiamo fatto in passato, aumenterà la domanda globale di elettricità del 7% entro il 2050 e del 18% al 2100. Considerando che la nostra produzione di elettricità deriva ancora essenzialmente da gas, carbone, e petrolio, c’è il rischio che molti degli investimenti energetici delle prossime decadi siano quindi indirizzati ai combustibili fossili, a scapito delle rinnovabili. Secondo le nostre stime, questo significherebbe ricorrere a circa 30-35 nuovi grandi impianti a gas e 10-15 nuovi grandi impianti a carbone e petrolio ogni anno da qui al 2050. In Europa, l’aumento della domanda di elettricità per il raffrescamento degli ambienti sarà più che compensato dalla diminuzione della domanda di combustibili per il riscaldamento, portando in sostanza ad un risparmio energetico da qui a fine secolo. Ciononostante, da qui al 2050, e considerando le attuali politiche per il clima, saranno comunque necessari ulteriori 235 miliardi di euro di investimenti e spese operative per la generazione e la trasmissione di elettricità per il raffrescamento degli ambienti».

Una delle autrici dello studio, Enrica De Cian, anche lei economista della Ca’ Foscari e della Fondazione CMCC  e leader del progetto europeo ERC ENERGYA dedicato a questo tema, spiega che «Adattarsi alle ondate di calore attraverso l’uso di aria condizionata richiederà anche investimenti aggiuntivi nelle reti e nella produzione di energia. I costi globali per la fornitura di elettricità da qui a fine secolo, comprensivi dei costi di generazione, reti, e combustibili, calcolati in termini di valore attuale, aumenteranno del 21%. I costi aggiuntivi saranno trasferiti ai consumatori attraverso l’aumento del prezzo dell’elettricità, che potrà crescere dal 2 al 6% a seconda della regione considerata. Politiche di mitigazione ambiziose possono tuttavia dimezzare l’aumento dei costi del sistema energetico indotti dall’adattamento, a seconda dell’ambizione degli obiettivi climatici. La riduzione delle spese energetiche per l’adattamento compensa i maggiori costi necessari per la decarbonizzazione, tanto da comportare un beneficio economico netto in termini di costi del sistema energetico in scenari ben al di sotto dei 2 gradi di riscaldamento».

Colelli conclude evidenziando un aspetto che può avere importanti implicazioni per i negoziati internazionali sui cambiamenti climatici: «L’adattamento ai cambiamenti climatici induce variazioni nei mercati energetici che si traducono in una variazione delle emissioni di gas serra cumulative intorno al 7% da oggi al 2100. Come conseguenza della variazione delle emissioni, politiche di mitigazione ambiziose comporteranno un aumento del prezzo globale del carbonio tra il 5% e il 30%».