Sovranità nucleare: la Francia va in Mongolia

Scacciata dal Niger, la Francia fa un accordo con la Mongolia per una miniera di uranio inquinante fatta passare per contributo all’azione climatica

[27 Ottobre 2023]

Mentre in Italia il governo Meloni annuncia un confuso rinascimento (mini)nucleare che dovrebbe garantirci un’improbabile sovranità energetica, a metà ottobre 2023 Orano, il gigante nucleare francese che ha sostituito la fallita Areva, ha annunciato di aver firmato un accordo con la Mongolia – non propri sovranamente dietro l’uscio di casa – per lo sfruttamento di un giacimento di uranio.

Infatti, nel nucleare c’è poco di sovrano e molto di dipendenza da un combustibile che viene da Paesi in via di sviluppo o autoritari – spesso problematici – e la Francia è stata costretta a rivolgersi alla lontanissima Mongolia (in ottimi e obbligati rapporti con Russia e Cina con le quali condivide gli unici confini) dopo essere stata cacciata dal Niger dal governo militare golpista e sovranista ed essere così rimasta senza uno dei suoi principali fornitori di uranio.

Ma la volontà del contestato governo di Emmanuel Macron di rilanciare di fatto il nucleare richiede nuove risorse di uranio da tempo prosciugate sul suolo francese e l’annuncio di questo accordo con la Mongoli, firmato alla presenza dello stesso Macron, è stato ampiamente riportato dai media francesi. Ma secondo Réseau Sortir di Nucléaire – come succede in Italia – non c’è stata alcuna analisi critica di questo accordo nucleare franco-mongolot.

Gli attivisti no-nuke fanno due semplici domande «Cosa sta realmente accadendo con il deposito Zuuvch-Ovoo? Una vera miniera d’oro per l’industria nucleare o una vera trovata pubblicitaria?»

La risposta è desolante anche per i sovranisti nucleari italici: «Senza uranio non è possibile produrre elettricità dalle centrali nucleari di EDF. La famosa “indipendenza energetica” resa possibile dal settore atomico è dovuta solo agli accordi commerciali e alle importazioni, dal momento che le miniere francesi sono a secco da più di 20 anni. Viene da chiedersi quale indipendenza sia possibile quando si è totalmente soggetti alle importazioni di un minerale estratto in altri Paesi».

La Francia acquista l’uranio per le sue centrali nucleari da Canada, Australia, ma anche da Pesi autoritari come Niger, Kazakistan e Uzbekistan con i quali i rapporti non sono tra i più stabili. Il recente colpo di stato in Niger, uno dei principali fornitori di uranio naturale dell’intera Unione Europea, ha costretto Orano a sospendere le sue gigantesche e inquinanti attività minerarie in quel Paese e la chiusura di questo rubinetto dell’uranio ha rapidamente aumentato la pressione sull’industria nucleare europea.

Visto quel che era già successo in mali, guinea e burkina faso, meno di un mese prima del golpe in Niger, a fine giugno, Macron era andato in Mongolia per promuovere una partnership incentrata sull’energia e per mettere i piedi in un Paese semi-deserto ma ricco di risorse rare.  Macron ha assicurato che «La partnership con Orano è un elemento strutturante, permetterà di estrarre metalli critici estremamente importanti» e questo garantirebbe la sovranità energetica della Francia.

Da buon piazzista dell’industria nucleare, Macron si è impegnato a «Facilitare il finanziamento della transizione ecologica della Mongolia con la cooperazione sulle energie rinnovabili e sul nucleare».

Sortir di Nucléaire fa notare che «Questo accordo per lo sfruttamento del giacimento Zuuvch-Ovoo firmato qualche mese dopo all’Eliseo, illustrato da una foto sotto copyright Orano che mostra i dirigenti delle società con la penna in mano e dietro ciascuno di loro, il presidente del Paese, quindi non è così sorprendente».

La Tribune e altri giornali francesi hanno presentato Zuuvch-Ovoo  come «Una delle miniere di uranio più importanti del mondo» e Orano si autodefinisce un «attore minerario responsabile, ha avviato con successo un progetto pilota industriale tra il 2021 e il 2022 per confermare la fattibilità economica, ambientale e sociale della gestione del sito Zuuvch-Ovoo, un progetto sviluppato da Badrakh Energy, la co-società tra Orano e il Azienda pubblica mongola MonAtom». E assicura che, grazie a questa attività, la Mongolia sarà «un attore strategico e un importante contributore allo sforzo globale sul clima».

Secondo i dati ufficiali, il giacimento Zuuvch-Ovoo è stato scoperto nel 2010. Nel 2013 le sue risorse erano stimate in 54.640 tonnellate, risorse in gran parte riviste al rialzo dopo la messa in servizio degli impianti pilota (nel 2019) e che ora vengono stimate a 93.291 tonnellate di uranio.

Ma scavando un po’ più a fondo e attingendo a fonti più indipendenti, come una rete di esperti internazionali, i dati dicono qualcosa di completamente diverso. Wise Uranium stima che la probabile riserva di questo deposito sia di 34.461 tonnellate di uranio, con una risorsa dedotta pari a 39.280 tonnellate (stima basata su prove geologiche e campionamento limitato). Ovvero meno della metà di quanto annunciato dall’operatore minerario. Per quanto riguarda il contenuto medio di uranio del minerale (la sua concentrazione), è dello 0,02%. Il che è bassa, anche molto bassa.

«Talmente bassa – fa notare Sortir di Nucléaire  – che in Francia i depositi con questo contenuto di uranio venivano definiti “sterili” e considerati troppo poco redditizi. I giacimenti sfruttati da Orano in Kazakistan hanno un contenuto di uranio da 2 a 6 volte più concentrato. La qualità media delle miniere francesi era di 1,54 per mille, ovvero 1,54 kg per tonnellata di minerale. Con 0,2 kg per tonnellata, il contenuto di uranio del sito mongolo è 8 volte inferiore. In Niger, ad Arlit, il contenuto medio è da 3 a 4 kg per tonnellata (da 0,3 a 0,4%), ovvero 20 volte superiore a quello della Mongolia. Quindi no, il sito di Zuuvch-Ovoo non sarà certamente in grado di compensare la perdita delle importazioni nigerine. Né di provvedere alle esigenze aggiuntive legate all’aumento delle centrali nucleari».

Senza contare che questo contenuto particolarmente basso richiede un processo di estrazione molto specifico. «Questa non è l’estrazione mineraria come comunemente intesa, con minatori e gallerie – spiegano ancora a Sortir di Nucléaire –  No, il processo, chiamato ISR (recupero in situ o lisciviazione in situ), funziona con la dissoluzione chimica. Si tratta di scavare una buca nel minerale, quindi iniettare acido (come l’acido solforico) per dissolvere l’uranio (e tutto il resto). Bisogna poi attendere diversi mesi, poi recuperare il tutto praticando un altro foro. Trattare poi chimicamente la soluzione pompata in un altro impianto. Questi trasporti implicano necessariamente anche la loro quota di emissioni inquinanti».

Si tratta di un metodo, precedentemente utilizzato soprattutto in Kazakistan, Uzbekistan e Stati Uniti, estremamente inquinante. rilascia notevoli quantità di gas radioattivo (radon) e produce grandi quantità di fanghi ed effluenti contaminati durante il recupero dell’uranio in fase liquida. Attraverso la sua infiltrazione acida nel suolo, la lisciviazione in situ lascia anche alte concentrazioni di metalli pesanti tossici nelle acque sotterranee. Se in superficie il territorio  visivamente poco marcato da un campo di trivellazione, questa tecnica di estrazione del minerale è irreversibile e rende impossibile il ripristino delle condizioni naturali delle falde acquifere dopo il completamento delle operazioni di lisciviazione. Senza contare l’impatto ambientale dovuto all’uso di quantità colossali di sostanze chimiche e di acqua necessarie per questa tecnica.

I no-nuke francesi denunciano che «Questo aspetto ovviamente non viene evidenziato da Orano. E nemmeno i media che hanno ripreso questo annuncio commerciale, fatto con la complicità del governo francese».

E in Mongolia già nel 2011 è nato un movimento di protesta  contro  la miniera di uranio.

Réseau Sortir di Nucléaire concclude. «Di fronte all’immagine di un “attore minerario responsabile” e di un Paese che sta diventando un “importante contributore allo sforzo climatico”, questo annuncio interamente pubblicitario sembra destinato principalmente a rassicurare alcuni investitori e a calmare gli animi che mettono in discussione il futuro dell’industria nucleare. Il tutto con un forte sentore di atteggiamento coloniale. «Verrò a inquinare a casa vostra», annunciava Orano il 12 ottobre, con la benedizione del presidente francese. In nome dell’indipendenza energetica che non esiste più e sotto la copertura di un’azione per il clima che lascerà danni ambientali irreversibili. Fino a che punto si spingerà l’industria nucleare francese?»