Un piccolo shock alla domanda di petrolio potrebbe tagliare le emissioni più del previsto

«I barili non estratti avrebbero un’intensità di carbonio dal 24 al 54% superiore alla media»

[11 Novembre 2021]

Secondo uno studio appena pubblicato su Nature da ricercatori dell’Università Ca’ Foscari Venezia, Stanford, Pittsburgh, Ford, Aramco e German Aerospace Center, una moderata riduzione della domanda mondiale di petrolio potrebbe portare a un calo delle emissioni di CO2 superiore a quanto finora previsto.

Lo studio connette le emissioni di CO2 dovute all’estrazione di petrolio di 1933 campi petroliferi – che costituiscono circa il 90% della produzione mondiale di greggio – con la loro profittabilità, stabilendo che le compagnie petrolifere potrebbero ridurre la produzione con intensità di carbonio (quantità di emissioni per ogni barile estratto) superiore alla media.

«I nostri risultati mostrano come uno shock negativo alla domanda mondiale di petrolio induca un taglio della produzione non lineare – spiega il ricercatore della Ca’ Foscari Valerio Dotti, co-autore dello studio – I barili non estratti avrebbero un’intensità di carbonio dal 24 al 54% superiore alla media a seconda delle specifiche del modello e dell’entità del calo della domanda. Questo implica che anche una modesta riduzione della domanda mondiale di petrolio (ad esempio -2,5%, -5% e -10% nella nostra analisi) ha un effetto considerevole sulla riduzione delle emissioni di CO2 dovute al settore petrolifero».

La spiegazione sta nella redditività della produzione: è razionale aspettarsi, infatti, che i produttori, sia i grandi cartelli che le compagnie minori, tendano a privarsi prima dei barili meno profittevoli, che sono appunto quelli a più alta intensità di carbonio.

«Questo risultato ha notevoli implicazioni per il design di politiche pubbliche volte a mitigare il riscaldamento globale – conclude Dotti – Ad esempio, implica che l’introduzione di tecnologie volte a ridurre il consumo di combustibili fossili ha un effetto sulla riduzione delle emissioni di CO2 superiore a quanto precedentemente creduto sulla base dei valori delle emissioni medie per barile estratto».

Una notizia positiva dunque, anche se i tagli alla produzione di petrolio dovrebbero essere ben più elevati rispetto al 2,5-10% preso in esame dallo studio. Come sappiamo dalle più aggiornate ricerche sul tema, infatti, per non spingere il riscaldamento globale oltre i +1,5°C circa il 60% delle riserve note di petrolio e metano fossile, oltre al 90% di quelle di carbone, devono rimanere nel sottosuolo.