50 esperti Onu: opposizione globale ai piani israeliani di annessione della Cisgiordania
Bantustan per i palestinesi, è l’apartheid del XXI secolo. L’annessione contraria al diritto internazionale
[18 Giugno 2020]
Mentre Israele sta preparando, con la benedizione di Donald Trump e il silenzio complice dell’Occidente, a invasioni, demolizioni, arresti per completare l’occupazione definitiva di parte della Cisgiordania, più di 50 esperti e relatori speciali dell’ United Nations Human Rights Council hanno detto in una dichiarazione congiunta che «L’accordo del nuovo governo di coalizione di Israele a annettere dopo il primo luglio parti importanti della Cisgiordania palestinese occupata, violerebbe un principio fondamentale del diritto internazionale. Deve essere rigettato in maniera significativa dalla comunità internazionale».
Relatori speciali ed esperti Onu ricordano chE «L’annessione di un territorio occupato costituisce una violazione grave della Carta delle Nazioni Unite e delle Convenzioni di Ginevra. Una tale annessione è contraria alla regole fondamentale affermata a più riprese dal Consiglio di sicurezza e dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, secondo la quale l’acquisizione di un territorio attraverso la guerra o la forza è inammissibile» e sottolineano che «La comunità internazionale ha vietato l’annessione precisamente perché incita alla guerra, alla devastazione economica, all’instabilità politica, alle violazioni sistematiche dei diritti umani e alla sofferenza umana generalizzata».
Nella dichiarazione congiunta si legge che «I piani di annessione annunciati da Israele estenderebbero la sovranità di Israele sulla maggior parte della valle del Giordano e sull’insieme delle oltre 235 colonie israeliane illegali in Cisgiordania. Questo rappresenterebbe circa il 30% della Cisgiordania. L’annessione di questo territorio è stata approvata dal piano americano “Peace to Prosperity”, pubblicato a fine gennaio 2020».
Gli esperti hanno rammentato che Israele ha già annesso la terra occupata a Gerusalemme est nel 1980 e le alture del Golan siriane un anno dopo e che numerose volte l’Onu ha dichiarato che l’occupazione israeliana, iniziata ben 53 anni fa, «è la fonte di profonde violazioni dei diritti umani contro il popolo palestinese». Queste violazioni comprendono in particolare la confisca delle terre e delle risorse naturali, la demolizione di abitazioni, il trasferimento forzato di popolazione, espulsioni e spostamenti forzati, detenzioni arbitrarie e anche insicurezza alimentare.
I firmatari della dichiarazione evidenziano che «L’occupazione israeliana da più di mezzo secolo ha significato prima di tutto la negazione del diritto all’autodeterminazione dei palestinesi» e con l’annessione «Quel che resterebbe della Cisgiordania sarebbe un bantustan palestinese, delle isole di terra disconnesse, completamente circondate da Israele e senza legami territoriali con il mondo esterno».
Il paragone dell’annessione con i bantustan per i neri – falsamente indipendenti – istituiti del regime l’apartheid sudafricano è duro ma calzante e il documento degli esperti Onu fa notare che «Così, l’indomani dell’annessione sarebbe la cristallizzazione di una realtà già ingiusta: due popoli che vivono nello stesso spazio, diretti dallo stesso Stato, ma con dei diritti profondamente ineguali. E’ la vision di un apartheid del XXI secolo».
Ma, anche se il Consiglio di sicurezza dell’Onu – quasi sempre con il veto Usa – ha condannato a più riprese le colonie israeliane, definendole una violazione flagrante del diritto internazionale, gli esperti lamentano «L’assenza di risposte della comunità internazionale di fronte al disprezzo di Israele per le risoluzioni del Consiglio e il suo continuo radicamento nelle colonie».
Per gli esperti, «La comunità internazionale ha stavolta la responsabilità giuridica e politica solenne di difendere un ordine internazionale fondata su delle regole, di opporsi alle violazioni dei diritti umani e dei principi fondamentali dei diritti umani e di rendere effettive le sue numerose risoluzioni che criticano la condotta di Israele nel quadro di questa occupazione prolungata.La responsabilità e la fine dell’impunità devono diventare una priorità immediata per la comunità internazionale».
Ma la storia di Israele dopo la sua fondazione e dopo le sue conquiste territoriali è stata una storia di impunità, di violazione continua delle – mai applicate – risoluzioni Onu, di sanzioni mai approvate e che per molto meno hanno colpito altri Paesi, di violazione impunita e continua del trattato di non proliferazione nucleare e di minacce e attacchi armati agli Stati confinanti, alla prigione a cielo aperto della Striscia di Gaza e ai campi profughi palestinesi.
Eppure, come sottolinea ancora il documento degli esperti Onu, la Comunità internazionale «Dispone di un largo ventaglio di misure di responsabilizzazione che sono state ampiamente e con successo applicate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in altre crisi internazionali nel corso degli ultimi 60 anni».
Queste misure per costringere Israele a rispettare le regole della Comunità globale «dovrebbero essere prese in piena conformità con il diritto internazionale, essere proporzionate, efficaci, sottoposte a un esame regolare, conformi ai diritti umani, al diritto umanitario e al diritto dei rifugiati e concepite per disfare le annessioni e mettere fine all’occupazione e al conflitto in maniera giusta e durevole. I palestinesi e gli israeliani non meritano di meno».
Al termine della loro dichiarazioni gli esperti hanno condannato con forza «Il ruolo svolto dagli Stati Uniti d’America nel sostegno e nell’incoraggiamento dei piani illegali di Israele miranti a proseguire l’annessione dei Territori Occupati. A numerose riprese nel corso degli ultimi 75 anni , gli Usa hanno svolto un ruolo importante nella promozione dei diritti umani nel mondo. In questa occasione, dovrebbero opporsi ardentemente alla violazione imminente di un principio fondamentale del diritto internazionale, piuttosto che rendersene complici».
Ma è proprio quello che sta facendo Trump, costringendo un suo alleato di ferro in Medio Oriente, il re della Giordania Abd Allāh II ibn al-Ḥusayn, a scendere in campo per mettere in guardia Israele dall’annettersi terra palestinese perché «Questo minaccerà la stabilità della regione». Durante una videoconferenza con i leader e le commissioni del Congresso degli Usa, re Abd Allāh ha avvertito che «Qualsiasi misura unilaterale israeliana per annettere terre in Cisgiordania è inaccettabile e mina le prospettive di raggiungere la pace e la stabilità nella regione».